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La seconda vita dopo il cancro: come uscirne a testa alta nel fisico e nel morale

CUNEO

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MARIO FRUSI - Credo che nel mio campo lavorativo i professionisti (pubblici o privati) siano, per così dire, tutti parenti all’interno della grande famiglia sanitaria. Quindi saluto l’articolo della "cugina" Serena Agostinetti (CLICCA QUI) come importante contributo alla qualità di vita di chi alla vita rinasce una volta superato il tremendo rischio di morte prodotto da un cancro. E cerco di aggiungere qualche altra riflessione.

A volte poter parlare della propria esperienza (campo di lavoro degli psicologi) offre, a chi è reduce da paure profondissime, una soluzione di fine incubo: il cervello umano, nell’elaborare linguisticamente la propria storia, può venirne a capo grazie al riordino delle esperienze e alla loro sistemazione negli adeguati "cassetti mentali".

Nel contempo le emozioni (come dice l’etimologia stessa della parola) sono motorie, cioè legate ai muscoli quindi al corpo; e lavorare su quest’ultimo può offrire altre possibilità per la conclusione del disagio. La "somatopsichica" non è in contrapposizione alla storicamente più nota psicosomatica, al contrario ne è il completamento: semplicemente i termini s’invertono perché questa volta parliamo dell’influenza che il corpo può esercitare sulla mente.

Con molta appropriatezza nell’articolo è citato un richiamo al carattere personale, ma questo è a sua volta frutto delle esperienze precedenti: per esempio, un soggetto cresciuto nella fiducia, amorevolezza, sicurezza, avrà automaticamente un comportamento più aperto e disponibile a trovare soluzioni; affronterà cioè le difficoltà potendo stare “a testa alta”.

Al contrario, chi nella propria infanzia ha sperimentato solitudine, punizione, freddezza, tenderà al pessimismo e alla resa; l’approccio verso la vita sarà “a testa bassa”. Di qui l’importanza di un lavoro posturale, perché quando il corpo è in buona armonia trasmette al "centro elaboratore dati" (il cervello) segnali di equilibrio che si traducono in un pensiero a sua volta più equilibrato.

Questo dato, forse ancora sorprendente per molte persone, è ampiamente dimostrato da oltre un secolo: già Alexander, il primo operatore occidentale a suggerire un approccio posturale integrato, aveva notato che i depressi uscivano dalla loro condizione invalidante proprio imparando a tenere il capo sollevato. E la mia esperienza clinica conferma ampiamente questa prima osservazione storica.

Anche le tecniche manipolative possono venire in soccorso di chi soffre nella mente: infatti la percezione che abbiamo di noi stessi esige sempre un richiamo corporeo (pensate a frasi come "quella telefonata proprio non la digerisco", "il voltafaccia del mio amico è stata una pugnalata alle spalle", "sono rimasta senza fiato dalla sorpresa", "mi si è aperto il cuore"), a conferma che le emozioni sono fisiche.

Ebbene, a volte lavorare proprio sull’area corporea - coinvolta nello stato d’animo - sblocca disagi che si trascinano da anni; è accaduto a quella mia paziente che, scampata all’incubo del cancro, non riusciva a liberarsi da un panicato senso di morte nella regione pettorale: ha finalmente risolto la sua tortura dopo alcuni trattamenti proprio nella zona del petto.

Psicologia e medicina dunque, discipline sorelle, alleate nella ricerca del benessere. Ma questa non è una novità!.

Mario Frusi, cofondatore del movimento Noosoma insieme a Eliana Brizio

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