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Voto chiaro sul Parlamento e le Regioni andate alle urne, si lavori per dargli un seguito coerente

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Potrò bere un caffè all’anno gratis, pagato con il risparmio conseguito dallo Stato, a seguito della riduzione -56 milioni di euro annui- del numero dei parlamentari. Ma non è l’unico risparmio che conseguirà la nostra comunità nazionale. Meno parlamentari -ma saranno ancora i più numerosi in Europa e non solo- significa, dopo le dovute modifiche ai regolamenti parlamentari e delle commissioni, alla legge elettorale, un migliore e più rapido processo legislativo.

Potremo avere un maggiore controllo sulla capacità, onestà, competenza, dei parlamentari che verranno eletti. Anche sotto il profilo della necessaria tassativa lontananza da ambienti pericolosi: mafie di vario genere, massonerie irregolari, ambienti scarsamente trasparenti, operato di mogli, compagne, amici rampanti, a caccia di profitti utilizzando provvedimenti in itinere in parlamento o nelle commissioni.

È stato compiuto un primo passo voluto a furor di popolo, nonostante il Covid, le prese di posizione di eminenti giuristi, costituzionalisti, economisti, giornalisti, opinionisti, diventate sempre più fitte ed univoche – negative- man mano che si avvicinava il giorno del referendum. Si sono notati anche dubbi espressi da importanti esponenti di partito in contrasto con quanto a suo tempo votato per ben quattro volte.

Di fronte ad una situazione parlamentare esaurita con pieno rispetto delle disposizioni costituzionali, un gruppetto di parlamentari raccolti tra le varie forze politiche -in modo trasversale si direbbe- ha richiesto -in base alla Costituzione- il referendum confermativo. Sarebbe stato totalmente inutile, visto l’iter parlamentare conclusosi per la modifica. Hanno spiegato che volevano un surplus di democrazia, l’ultima parola al popolo sovrano. Ma forse qualcuno volava molto più basso, a livello di poltrone, di timore di non essere rieletti, di fare dispetto ai grillini, che della modifica avevano fatto punto determinante del loro programma.

Con l’avvicinarsi della verifica referendaria molti politici di tutte le tendenze -ovviamente esclusi i pentastellati- hanno esternato travagliati ripensamenti, crisi intervenute di consenso, timori sotto il profilo della rappresentatività popolare. Pian piano si sono allontanati dalle quattro votazioni parlamentari che avevano ottenuto ampie maggioranze, l'ultima addirittura vicina al 100%. Costituzionalisti, opinionisti, professori di diritto, esperti di vario colore, avevano esortato a disattendere l’esito parlamentare. Tra le motivazioni che mi sono parse meno azzeccate il fatto che non fossero ancora state effettuate le modifiche -non costituzionali- conseguenti proprio alla modifica costituzionale decisa dal Parlamento. Sicché, la riduzione del numero dei Parlamentari, risulterebbe del tutto inutile se non addirittura un attentato alla democrazia ed alla rappresentanza popolare. Senza chiamare in causa il buon senso, pare ovvio che le modifiche conseguenti potranno essere operate soltanto se -come è avvenuto- la riduzione sarà divenuta legge.

Seicento parlamentari anziché quasi un migliaio sono parsi -al popolo sovrano- sufficienti in una repubblica amministrata con l’apporto di regioni, province, città metropolitane, comuni, comitati di quartiere. Il Senato degli Stati Uniti è in grado di svolgere le sue importantissime funzioni con molti meno rappresentanti eletti. Da noi le Marche, con 212 mila abitanti, dopo la modifica costituzionale, avranno ancora la rappresentanza in capo a 3 senatori. Più dello Stato di New York, che ne ha appena due, mentre altri ne hanno uno solo. Perciò, la questione del vulnus alla rappresentatività popolare mi pare piuttosto irreale.

Si è cercato di fare macchina indietro, da parte di tanti giuristi, opinionisti e giornalisti, con tante motivazioni, mentre la ragione non scritta ma evidentissima in capo a molti era di non compiacere i pentastellati, che avrebbero gioito nel vedere accolta la proposta da loro stessi formulata. Invece pare che tante Cassandre qualificatissime nulla abbiano inciso sulla determinazione del popolo chiamato alla conferma di ciò che il Parlamento aveva deciso. Mi stupisco che tanti esperti di politica abbondantemente presenti sulle varie reti televisive, social, giornali, non abbiano capito che la gente, tanto i frequentatori del bar sport, come le casalinghe di Voghera, come l’establishment, volevano la riduzione della pletora dei loro rappresentanti in Parlamento.

Da tempo i politici godono di scarsissima considerazione per le troppe vicende non chiare, talune addirittura penalmente censurate, addebitate a qualcuno di loro. Inoltre, la produzione legislativa, ancorché scadente sotto il profilo letterale, è di fatto insignificante: pochissime leggi, per lo scavalcamento costante dei partiti ed anche del governo. In Parlamento si sono verificati comportamenti censurabili a livello di linguaggio scurrile e addirittura botte in aula, esecuzione passiva e pedestre della volontà dei leader, contrasto immotivato a provvedimenti opportuni e condivisibili.

Vengono a volte anteposti gli interessi di partito, di corrente, per la propria rielezione, a quelli generali, per la cui tutela sono stati effettivamente eletti. Attendiamo con urgenza i successivi passaggi parlamentari -non più a livello costituzionale- per dare attuazione alla volontà popolare di maggiore efficacia del Parlamento, come effettivo rappresentante del popolo sovrano. Pare che nel complesso tra referendum costituzionale approvato e voto regionale non come sperato, la destra ed in particolare la Lega salviniana, sia stata bloccata e siano stati disattesi i risultati tennistici anticipati.

Ha vinto Zingaretti, che ha saputo - e qui viene in gioco la tanto usata e spesso abusata resilienza - bloccare la discesa del partito e dargli un avvenire immediato, come determinante per il governo del Paese. I grillini, pur soddisfatti per l’esito del referendum, hanno patito una nuova sonorosissima sconfitta nelle elezioni regionali. Così è stato anche per il partito di Renzi ridotto a quelle percentuali da mesi indicate nei sondaggi, a fronte delle quali paiono non sussistere grandi speranze per il futuro.

Piercarlo Barale 

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