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Tra la scrittura e la vita: la storia di Elisa Schininà nel libro "Noi voci invisibili"

SAVIGLIANO

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CUNEO CRONACA - "È strano come una frase, o meglio una domanda, possa portare alla luce un susseguirsi di eventi, rimbalzando come una pallina da flipper che, in questo caso, ad ogni colpo, invece di aggiungere un punteggio, mette in evidenza una sequenza di fatti proiettati, come quando osservi per la prima volta all’interno di un caleidoscopio questa esplosione di colori che muta, muta, trasformandosi in emozioni che rivivi come i cronometraggi di un vecchio film.

Alla stupenda domanda di Giannina Filip, ai microfoni di Radio Stereo 5: «Scrivere è qualcosa che non sai mai dove ti porterà, nel senso che inizi a scrivere, pensi di seguire una linea, un pensiero… in realtà la tua scrittura ti può portare in un luogo del tutto inaspettato».

Ecco che avrei voluto poter usufruire di più tempo, quel bene prezioso che sfugge inesorabilmente sul nostro cammino lasciandoci spesso orfani di troppe emozioni, perché per tutte le domande poste nel modo giusto, soprattutto mirato, viene di conseguenza il fluire della risposta tutt’altro che sintetica, perché quando “scavi” nel tuo profondo è quasi come se una parte di te dettasse tutto l’agglomerato racchiuso e poi pronto per essere narrato.

Nella stesura del mio primo libro, che mai pensavo sarebbe diventato tale, avevo anche inserito la lettera di addio scritta per mia figlia, nel caso non avessimo tempo “poi” di dirci tutto.

Nel mio trascorso con mio padre, invece, ho avuto a disposizione oltre quattro anni di malattia, prima che il triste epilogo prendesse “forma” e, nonostante LUI mi abbia donato perle di saggezza, ancora adesso, dopo tutto questo tempo, non mi sento ancora pronta a “lasciarlo andare…”
Ed è per questo che ritenni opportuno scrivere una lettera di addio a mia figlia, in modo che “poi” avesse un’àncora che persistentemente le ricordasse la mia presenza, che, nonostante tutto, si sarebbe trasformata in quel filo — che non si spezza — quel legame che va oltre ogni confine.

Da qui la stesura del mio primo manoscritto e l’inaspettata proposta di pubblicazione, che ha effettivamente conferito una svolta alla mia vita, aprendo un varco e facendomi conoscere una moltitudine di persone che hanno arricchito il mio bagaglio di emozioni all’inverosimile: nuove storie, altri amici, con racconti e “vissuti” che ho plasmato a pelle come un abito confezionato dalle sapienti mani di un sarto prestigioso.

Tra le moltitudini di persone conosciute grazie al personaggio di Lucia, in questa nuova veste d’autrice, spiccano Anna Bongiovanni, Romilda, che mi ha presentato Fabrizio Biolè, un fautore della cultura e un instancabile mediatore di emergenti autori/scrittori locali, tra cui Elisa.

Ed ecco che arriva un “pezzettino” di questo immane puzzle della mia nuova vita: Elisa Schininà, che ha lasciato in dono una devastante parentesi della sua esistenza a tutti i lettori che vorranno addentrarsi nelle pagine del libro: "Noi voci invisibili".

Ovviamente io ho avuto l’onore di conoscere Antonia, sua madre, che ha scelto di “rinnovare” costantemente il suo dolore per mitigare quello di altre persone che, come lei, incombono in un problema veramente difficile da gestire e dissipare: una figlia con un disturbo mentale — e qui lascerei parlare Elisa.

Tratto da: "Noi voci invisibili" di Elisa Schininà – edito da LeChateau

Mi chiamo Elisa e vorrei star bene ma non riesco.

Soffrire di un disturbo mentale non è come avere un braccio rotto. L’osso rotto lo vedi, vai in ortopedia e te lo fai ingessare. Il disturbo mentale è infimo, si nasconde dentro di te fino al momento in cui decide di uscire fuori. E allora è arrivato il momento di combattere. Questo racconto raccoglie flash che potrebbero essere miei, o i tuoi, o quelli del tuo migliore amico, del tuo vicino di casa, dei tuoi genitori.

Ma soprattutto raccoglie un quadro estremamente personale, di come si convive con un disturbo invisibile.

Ma ricorda, non siamo soli.
– ELISA

Perché un libro non è mai da considerare un oggetto ed io, se potessi cambiare il corso delle cose, lo definirei un essere vivente, perché si rivela un agglomerato di emozioni in grado di diffondere risposte in merito a domande che non sapresti a chi porre.

Io penso che, a priori, leggendo questo libro ci si senta immuni: che un fatto del genere possa capitare a qualcuno della nostra cerchia affettiva, e di come i segnali siano difficili da comprendere e la metamorfosi difficile da gestire.E se risulta impossibile credere che una malattia mentale si possa insinuare come una polvere sottile in una giovane dove alberga questa freschezza, questo approccio alla vita pieno di speranze verso il futuro — e nel caso di Elisa, le sue idee le aveva ben chiare, cimentandosi con costanza ed impegno, conseguendo eccellenti risultati — “spezzati” dapprima dalla difficile e silente malattia che si impregna dentro la mente, senza lasciarti alcuna via di scampo.

Dalla sua biografia:

Elisa Schininà (1991–2021), è nata a Ragusa, cresciuta a Savigliano (Cuneo), è vissuta in giro per il mondo: da Cuneo all’Honduras, da Milano a Londra, dalle Canarie a Firenze.

Amava il colore blu, scrivere, dipingere, fare fotografie, bere caffè, leggere, lavorare. Laureata in Design della Moda, ha completato la sua preparazione con un master ottenuto presso il Polimoda di Firenze. Ha vissuto alcuni anni nel capoluogo toscano, dove lavorava come assistente digitale e fotoritoccatrice.

"Il mio lavoro rende il mondo più bello" diceva.
È stata anche tra i pochi professionisti a conseguire la certificazione Phase One di Digital Assistant.

Il presente volume è una versione rivista, aggiornata e integrata con una parte inedita, del suo autoprodotto nel 2021, con lo stesso titolo.

Elisa ha combattuto con tutte le sue forze contro un “nemico imbattibile”, mettendo poi fine ad una situazione così opprimente, dolorosa e straziante, decidendo di “lasciare questa vita”, unico modo per annientare quel malessere vorticoso e frastornante.
Ma prima che tutto questo accadesse, Elisa ha voluto lasciare una traccia, raccontando il suo dolore in una sorta di diario di bordo. Ha deciso di mettere in evidenza le sue fragilità, la sua metamorfosi, descrive il senso di avvilimento così profondamente e con una tale maestria da rendere difficile “dimenticarla” una volta terminato il suo libro.
Ha messo a disposizione di tutti noi ogni minimo dettaglio, rendendo trasparente la sua anima, donando a tutti un approccio più dettagliato sui primi segnali di questa malattia, che non credo siano così semplici da diagnosticare.

APPROFONDIMENTO (pag. 42)

I protocolli attualmente disponibili sul trattamento del Disturbo Borderline di Personalità (in particolare le apposite American Psychiatric Association – APA) individuano specifici algoritmi per l’impiego degli agenti farmacoterapici, partendo da tre dimensioni sintomatologiche prevalenti:

  1. Disregolazione affettiva: labilità affettiva, disforia, rabbia immotivata, depressione.

  2. Impulsività – aggressività: ripetuti tentativi di suicidio, autolesionismo o mutilazioni, abbuffate di cibo, sesso, abuso di sostanze, rabbia, accessi di ira, comportamenti esplosivi.

  3. Cognitivo-percettiva: derealizzazione, depersonalizzazione, illusioni, paranoia.
    (A.J. Frances e T. Widiger, Manuale Ospedaliero di Personalità del Disturbo Borderline, 1986)

Lasciando a ciascuno di noi che desideri addentrarsi nella “disperazione” di cui è intrisa la trama, nonostante la parentesi affettiva dedicata alla madre Antonia — che spicca come un raggio di sole costante all’interno di una tempesta devastante — il racconto di una madre che porta avanti il progetto della figlia affinché ELISA riviva in ogni presentazione, mettendo in evidenza l’essenza che traspare dalla sua narrazione.

AIUTARE PER AIUTARSI, confrontarsi per capire fino in fondo le difficoltà che una famiglia affronta nel cercare di gestire una situazione così complessa come il disturbo di una malattia mentale che improvvisamente “ruba” una figlia senza concederti nessuna possibilità di “vittoria”, solo una resa incondizionata di fronte a questo male oscuro.

Ed io credo che il “dopo”, per chi resta, l’unico aiuto che ti dona un’esperienza così devastante è la consapevolezza che la perdita viene in parte mitigata dalla concretezza che il dolore che le accumunava si è “frantumato”: non è più condiviso con la persona amata che stava soffrendo annientandola, ma solo più nostro, di chi resta, tenace e caparbio, a vivere questa difficile trama della vita nonostante tutte le avversità.

Grazie Antonia per proseguire con perseveranza nel progetto che Elisa aveva cominciato…".

Lorena Giubergia

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