CUNEO
LUCIO ALCIATI - Che sulle colline e il territorio adiacente ad esse, nel passato, si coltivasse il fragrante Vermentino, come citava Giuseppe dei Conti di Rovasenda nel suo ricco saggio di una “Ampelografia Universale” pubblicato nel 1877, oppure il corposo Morsano detto anche Nebbiolo di Caraglio o uva d’Antom, segnalato dal prof. G.Molon nella sua opera Ampelografia: descrizione delle migliori varietà di viti per uve da vino, da tavola, porta-innesti e produttori diretti (Hoepli) del 1906 e anche dallo stesso Rovasenda, ormai è appurato.
Ma che questa terra fosse ideale per la coltivazione del Pinot Nero è notizia riscontrata solo recentemente da una lettura casuale di testi storici.
Infatti, alla pagina 156 della pubblicazione: I vitigni stranieri da vino coltivati in Italia, di Salvatore Mondini – anno 1903 - si narra che: “nella stessa provincia (Cuneo) il Pinot in generale, è coltivato in piccole proporzioni, specialmente nei comuni di Caraglio... Riesce assai produttivo, le uve maturano precocemente ed il vino, che se ne produce è alquanto dolce e poco alcolico“.
“Invece si è dimostrato poco adatto alla pianura a causa della sua precocissima maturazione”.
Quanto affermato dal Mondini era già stato anticipato nel Bollettino mensile della Società degli agricoltori italiani (del 1899) - pagina 763 - in cui viene data notizia che “la prima importazione di Pinot nero dalla Borgogna si attribuisce alla famiglia Sambuy, fin dal secolo passato.."
E riconferma quanto sopra sulla ottima vocazione di questa terra e di altre zone adiacenti e di fondovalle.
Quindi a quando le prime spumeggianti “bollicine” caragliesi?
A dir la verità, nel frattempo, c’è già chi sta lavorando alacremente su questa tipologia di nettare, tuttavia da vitigni storici locali diversi dal Pinot nero. Una bella sfida e un’altra storia da raccontare.
Lucio Alcati