Meteo Radio Stereo 5 Euroregion Facebook Twitter Youtube Linkedin

Tenda: cosa si deve fare per davvero (senza inutili allarmismi) per garantire la sicurezza

CUNEO

  • Foto
  • Foto
Condividi FB

GUIDO CHIESA - Il senatore Stefano Esposito del Pd non è tipo da perdersi in fronzoli: al convegno organizzato dall’Uncem sulle infrastrutture da completare in provincia di Cuneo ha dichiarato che l’unica soluzione per venire fuori dall’impasse del tunnel di Tenda sarebbe quella di chiudere il contratto in essere e riappaltare le opere. Non so come l’abbia presa l’Anas, ma temo non sia d’accordo.

Le stazioni appaltanti infatti – come l’Anas, nel caso in oggetto -  vedono solitamente quel tipo di soluzione come una medicina talmente amara da fare di tutto per non doverla ingoiare. Sulla base di ragionamenti molto semplici. Innanzitutto perché occorre rivedere tutta la documentazione di gara dopo aver fatto un rilievo assai preciso di tutto quello che è stato fatto. Poi perché nasce un problema di responsabilità: se dal rilievo risulta che qualche cosa non è stato fatto a regola d’arte, sorge il contenzioso sulle modifiche da effettuare e su chi deve pagare le modifiche concordate. In terzo luogo perché occorre rispettare i tempi di una gara europea. Infine perché occorre attendere i 6 mesi necessari all’impresa subentrante affinché il cantiere possa ripartire a pieno ritmo.

In poche parole, la stazione appaltante sa di dover attendere un periodo valutabile in almeno un paio d’anni per assistere al riavvio del cantiere, con tutti i risvolti di perdita d’immagine che questi ritardi comportano.
Forse una soluzione meno drastica potrebbe rispondere meglio alle pressanti richieste del territorio di riaprire il cantiere a tempi brevi. Una cosa è però certa: che non sarebbe possibile farlo senza le garanzie che i lavori possano proseguire senza inghippi. E queste garanzie non può essere che l’Anas a darle.

L’importo complessivo dei lavori è stato stimato in 176 milioni ed è stato aggiudicato per 117,5 milioni. Ora, occorrono controlli costanti e quotidiani dei lavori. L’Anas non deve quindi nominare solo un project manager che visita il cantiere di tanto in tanto, ma deve inviare sul posto 4 o 5 cantieristi a tempo pieno, esperti in opere in sotterraneo, che vigilano sulla qualità dei materiali, sui mezzi d’opera a disposizione, sui tempi di realizzazione, sulle quantità, sulle misure antinfortunistiche, ecc.. Esattamente come ha sempre fatto l’Enel per seguire i cantieri dei suoi impianti.

In secondo luogo deve essere verificata tra i documenti di gara la presenza di una procedura rigorosa per definire la qualità del terreno attraversato dagli scavi, mediante la rilevazione dei parametri necessari per caratterizzare l’ammasso roccioso, eseguita in contenzioso tra stazione appaltante e impresa. Solo in questa maniera è possibile dare le necessarie garanzie che la decisione sul tipo di supporti da adottare nel tratto di galleria in costruzione sia basata su dati di fatto sperimentali e non sulla mera esperienza del capo cantiere dell’impresa.

In terzo luogo occorre rivedere il programma lavori alla luce dell’esperienza sin qui maturata. E’ infatti assai singolare che l’Anas abbia appaltato l’opera con un programma lavori che prevedeva la realizzazione dei cunicoli di collegamento tra le due gallerie mediante lavoro notturno dalla galleria esistente. Metodologia che comportava una perdita di tempo continua per il montaggio e lo smontaggio delle attrezzature nella galleria esistente in modo da consentire il passaggio dei veicoli durante il giorno. Procedura che l’Anas ha poi dovuto chiedere di modificare per la sua palese insostenibilità e che è stata oggetto di discussioni continue.

In merito al tipo di supporti, c’è infine da rilevare che si è perso del tempo utile lungo il tratto francese per la previsione di utilizzare il martellone per lo scavo in roccia sana in un tratto in prossimità della galleria esistente. E’ infatti ben noto che il martellone è uno strumento che causa vibrazioni importanti e che la stabilità di una galleria con oltre 100 anni nelle vicinanze poteva essere messa in pericolo dall’utilizzo di quel mezzo. E’ quindi sorprendente che in appalto non fosse stata prevista una sezione di scavo con procedure di smooth-blasting o pre-splitting che riducono sensibilmente il disturbo alla galleria esistente. E’ sperabile, nonché credibile, che queste siano state implementate dopo questa esperienza.

Un ultima osservazione: è stata da più parti paventata l’idea che sia necessario demolire alcuni tratti di rivestimento della galleria che potrebbero non risultare sicuri. Con le conseguenti, gravissime perdite di tempo. A parte il fatto che è praticamente impossibile giungere ad una tale conclusione in assenza della procedura di rilevazione dei parametri dell’ammasso roccioso cui si faceva rifermento poco sopra e che è estremamente difficile dimostrare di essere in una situazione di reale pericolo, credo che vi sia una soluzione pratica assai più semplice, alla quale non ho dubbi che i tecnici dell’Anas abbiano già pensato.

Consiste in una campagna straordinaria di iniezioni cementizie o, meglio ancora, chimiche a tergo dei rivestimenti già realizzati in grado di migliorare la qualità dell’ammasso roccioso retrostante in modo da aumentare la capacità di auto-sostentamento. E’ pratica corrente. Credo già prevista in appalto. Si tratta solo di valutare l’opportunità di un suo potenziamento.

A queste condizioni potremmo forse sperare in una ripresa dei lavori ed nella loro conclusione in tempi ragionevoli. Con pacatezza e senza inutili allarmismi.

Guido Chiesa

VIDEO