CUNEO
PIERCARLO BARALE - Dopo discussioni infinite, si decise di costruire un nuovo tribunale a Napoli, visto l’alto numero dei processi e la dispersione in trenta sedi diverse degli uffici giudiziari. Quando il progetto venne approvato e finanziato - nel 1971 - si faticò a trovare imprese disposte ad eseguirlo. La Camorra condizionava pesantemente i partecipanti all’appalto. Coraggiosi imprenditori vi parteciparono ed iniziarono i lavori, fra continue vessazioni, minacce, incendi di macchinari, distruzioni notturne di quanto eseguito durante il giorno, fecero disperare dal concretamento della volontà dello Stato. La Camorra utilizzò tutte le capacità dissuasive, ma la costante sorveglianza consentì di arrivare quasi al termine nel 1990. Fu allora che un incendio doloso distrusse quasi totalmente ciò che era stato realizzato in vent’anni. Non ricordo se l’evento coincise con una partita casalinga del Napoli, con la sorveglianza disattenta o non troppo presente. Fu uno degli incendi più grandi in zone non di guerra. Lo Stato reagì. Venne intensificata la sorveglianza e soprattutto fu sconfitta l’idea, balenata a qualche politico più sensibile alla Camorra che al bene comune, di alzare bandiera bianca, consentendo di issare, su quanto era rimasto del tribunale, quella della Camorra. Nel 1995 si inaugurò la struttura, non più condizionata dalla criminalità organizzata, che, evidentemente, della costruzione del tribunale se ne fece una ragione. Lo Stato vinse e la Camorra continuò a dedicarsi alle consuete azioni delittuose, evitando un pericoloso scontro con le istituzioni. Ciò fece, perché una lotta ad oltranza avrebbe portato a conseguenze imprevedibili. Avrebbe subito danni collaterali rilevanti per la propria attività. Attuò la politica della flessibilità: il giunco si piega alla bufera, pronto però a risollevarsi non appena vi sarà l’occasione. Continuò i traffici tradizionali, pizzo, droga, malaffare di ogni genere.
L’eterna costruzione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria fu, per la ‘Ndrangheta, una fonte quasi inesauribile di risorse estorte alle imprese esecutrici, appaltatori, subappaltatori, venditori e fornitori. Tutti dovettero piegarsi ad acquistare materiali ed impiegare manodopera indicati dai referenti locali. Questo finanziamento indiretto durò fino a quando lo Stato cessò di farsi sbeffeggiare, con risonanza negativa europea e fece sorvegliare adeguatamente i cantieri. Da quel momento in poi, anche la ‘Ndrangheta se ne fece una ragione: l’autostrada sarebbe stata terminata. Investì le rendite da delinquenza organizzata nell’acquisto di partite di droga, poi distribuita ed assunse, soprattutto per questo traffico, dimensione internazionale.
Nel frattempo le ‘Ndrine, ben coordinate, assunsero veste imprenditoriale, agendo in modo autonomo sotto il profilo decisionale e spesso anche progettuale. Si sparsero nell’intero territorio nazionale, con filiali operative ovunque. Soprattutto al Nord, dove l’economia prosperava prima della crisi del 2008 e poi del Covid. Divenne la più potente organizzazione criminale, surclassando Mafia e Camorra. Durante la crisi ed ancor oggi, finanziò attività commerciali ed anche industriali in difficoltà. In alcuni casi ne espropriò i proprietari, che avevano usurato e poi incravattato, subentrando nella titolarità con prestanomi spesso insospettabili.
In questi giorni, il cantiere Tav della Valle di Susa è stato attaccato da 150 persone in assetto di sommossa, mascherate - non per il Covid - e provviste di bombe carta, flessibili per tagliare i cancelli, pietre ed altri oggetti contundenti da asporto, ricavati anche in loco. Con una strategia studiata a tavolino hanno sferrato l’attacco da tre distinte posizioni, scagliando bombe sui sorveglianti e le forze dell’ordine che presidiano ormai da anni il cantiere. La Valle di Susa non gode di extra territorialità e deve osservare le leggi dello Stato a cui appartiene.
Le forze dell’ordine, inviate a tutela dell’opera di interesse europeo, hanno subito l’ennesimo attacco da parte dei soliti provocatori. Nei confronti dei quali è sempre stata usata troppa tolleranza. Per alcuni attacchi precedenti vi sono stati processi, qualche condanna, ma si nota una sostanziale inerzia nei confronti dei danni provocati, dei ritardi nell’esecuzione dei lavori, della permanenza di centinaia di poliziotti e militari. Ciò è avvenuto perché i Pentastellati avevano piantato una delle tante bandierine negative sul Tav. Si tratta della linea ad alta velocità, progetto europeo dal Portogallo a Venezia e all’Est Europa. La narrativa di qualche sostenitore grillino descriveva tale opera come una nuova linea Torino-Lione, enorme spreco di denaro, che avrebbe soltanto potuto interessare le casalinghe torinesi - non quelle di Voghera, troppo lontane - a raggiungere, risparmiando quasi un’ora, il mercato di Lione. Gli acquisti di polli, conigli, uova e verdura a tale mercato, notoriamente conveniente, sarebbe stata l’unica utilità della nuova linea. Inoltre veniva osteggiata per asserite presenze di amianto ed altri prospettati disastri di natura ecologica. Così veniva descritta, tra ironia e disinformazione, la linea transeuropea meridionale.
L’Europa ha più volte confermato la realizzazione e gli stanziamenti. Per quanto riguarda le tratte da realizzare nei due paesi Francia e Italia, i finanziamenti sono già disponibili ed approvati dai rispettivi governi. I Pentastellati, con l’allora ministro Toninelli, avevano bloccato il cantiere, richiedendo documenti inutili e già superati, nel tentativo di impedire la realizzazione. Così come il medesimo ministro aveva impedito, durante il suo mandato, l’apertura di cantieri già finanziati e addirittura imposto la sospensione di quelli in corso di attuazione. La diversa costituzione del governo decise e finanziò la realizzazione, nonostante le proteste, i cortei, la disinformazione, le minacce di ribaltoni.
Alla fine, tutti dovettero farsene una ragione. Non se la fecero però i Valsusini. Come l’ultimo giapponese, continuano ad illudersi nella non realizzazione, coprendo altresì le responsabilità di chi non si accontenta dei cortei pacifici ricorrenti ad ogni occasione. Ci si domanda perché, con un governo deciso ad onorare gli impegni europei ed il trattato internazionale con la Francia, non venga impedito, ai soliti violenti - certamente già noti - di fomentare guerriglie ad ogni occasione. Si preannunciano addirittura le azioni, cercando di camuffarle con marce pacifiche. Lo sono, in effetti, per moltissimi partecipanti, che in cuor loro hanno capito che l’opera si farà, ma visitano i luoghi con nostalgia. All’annuncio di una prossima azione, lo Stato dovrebbe far intervenire i reparti di élite, anche con elicotteri, arrestare e poi processare i soliti centocinquanta guerriglieri: sono quelli che non intendono assolutamente farsene una ragione.
Piercarlo Barale