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"Sulle liste occorreva tagliare ancora, le belle statuine non sono utili per il Paese"

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Nel linguaggio della Borsa il "parco buoi" indica gli investitori che non possono interferire nella gestione delle società: sono azionisti con modeste partecipazioni. Il "parco buoi" della politica è costituito dai “peones”, i parlamentari che non hanno alcuna rilevanza, notorietà, importanza, entratura: quelli che fanno solo numero per votare; quelli che, dopo la legislatura, se ne tornano a casa, senza velleità di reiterazione del mandato. Ritornando alla Borsa, il valore di momento in momento dei titoli non dipende dal comportamento del "parco buoi". Possono mantenere o cedere azioni, guadagnando o perdendo, secondo quello che viene indicato come l’andamento del mercato, del quale la Borsa è la rappresentazione giornaliera e il luogo dello scambio. Le società quotate, nella redazione dei bilanci annuali, perseguono scopi economico-finanziari, in base alla volontà degli azionisti, concretata dall’assemblea ed eseguita dal consiglio di amministrazione.

Il "parco buoi" non può che assistere impotente - come semplice indovino - a quanto succederà. Nulla si può presumere sulle dinamiche societarie, che hanno tante variabili: andamento del mercato dalle materie prime all’energia, appetibilità del prodotto, costo della manodopera ed in molti casi disponibilità della stessa, se altamente specializzata. Le società decidono se intendono distribuire dividendi, oppure accantonare riserve, ipotizzare fusioni o acquisizioni di altre aziende, prevedere di subire iniziative ostili, fino al punto di essere acquistate da altre realtà, magari del tutto estranee ai mercati, come fondi internazionali di investimento. In questi casi prevale la finanza sull’economia aziendale. Sono l’elevato rendimento dei titoli e la buona gestione societaria a rendere appetibili talune società quotate. Molte intendono, per evitare tali rischi, uscire dal mercato azionario, acquistando i loro titoli. Di tutto ciò il “parco buoi” nulla può ipotizzare.

Magari qualche singolo azionista - qualcuno “malato” di Borsa - si aggiorna quotidianamente sulle pubblicazioni specializzate e pensa di vendere titoli o acquistare, sulla base di ipotizzati eventi futuri, ma purtroppo incerti. Lo si chiama “giocare in borsa”. Gioco che raramente consente guadagni, per l’esiguità del valore dei titoli in possesso dei privati giocatori. Le statistiche riferiscono che, su un periodo annuale di rilevamento su tali giochi ci si trova - se tutto è andato bene - in pareggio. Più spesso si perde. In alcuni licei si sono svolti giochi azionari educativi, indicati come “Conoscere la Borsa” promossi a Cuneo dalla Fondazione Crc. Si è trattato di adesioni volontarie, con l’attribuzione ad ogni partecipante di una somma fittizia di denaro destinata ad acquisti azionari. La movimentazione di tali titoli, nel corso di un determinato periodo, ha generato utili o perdite - sempre fittizie - in base all’andamento del mercato ed alle decisioni assunte dai singoli studenti per il capitale a loro affidato. 

È finito il gioco delle candidature per governare lo Stato. Il balletto dei candidati è stato frenetico, si potrebbe dire anche feroce per l’attaccamento – con le unghie e con i denti – di molti in predicato di esclusione e per l’irruenza di altrettanti di occupare la cadrega. Conseguenza del ridotto numero dei parlamentari e delle oscillazioni delle previsioni in molti partiti. Alcuni di loro, che avevano ottenuto ottimi risultati nelle precedenti consultazioni, come i pentastellati, si sono ridotti, nelle proiezioni attuali, ad un quarto, nei migliori dei casi. Parimenti il partito della Meloni, dato per sicuro vincente, ha riciclato molte figure del passato, anche di dubbia capacità amministrativa, in quanto ministri dell’ultimo governo Berlusconi che ci ha portati sull’orlo del fallimento. Meloni è a capo di un partito con una vasta platea di sostenitori. Si trova invece priva di dirigenti, politici esperti e capaci. C’è la generalessa, con tanti soldati, senza colonnelli e tecnici idonei a far funzionare la delicata macchina dello Stato, sia in ambito proprio, che europeo. Secondo il sentire comune, stravincerà e sarà la prima donna presidente del Consiglio. Speriamo non sia il passato – non il migliore – che ritorna in sede locale ed europea. Non vorremmo vedere tanti bis dell’assalto ai sindacati.

Molti partiti – quasi tutti in realtà – hanno scambiato il popolo votante – il popolo sovrano – con il “parco buoi” delle Borse. Sono stati paracadutati personaggi stravecchi e stantii, che hanno cambiato casacche, occupato posti in Parlamento senza ingiuria e senza lode per parecchie legislature. Il mandato parlamentare è caratterizzato da lautissimi pagamenti per le prestazioni. A prescindere dalla partecipazione alle sedute, nonché da qualunque corrispettivo richiesto dal paese pagante. Un quinquennio a 15 mila euro mensili significa 900 mila euro per l’intero mandato, oltre a benefit di consistenti importi e la pensione. In totale più di una bella milionata. Se non si viene rieletti, si propone il fratello, il compagno, il figlio, la convivente, la finta moglie, magari anche la colf. L’importante è non far cessare, in tanti casi, mercimoni che costituiscono consistenti forme di guadagno, dal lobbismo alle leggine ad hoc, ad una certa ritenuta difesa dall’insistenza della magistratura nel voler vedere chiaro qualche movimento sospetto di quattrini o di influenze.

Più si va in alto, più si osservano pericolose vicinanze ad emissari o governanti di stati stranieri: Russia in particolare. Anche con la Cina, per la nuova via della seta o i paesi arabi, generosi nel pagare asserite consulenze, ma assai poco democratici. Ci sono poi le tante nomine di governo e sottogoverno, quelle nelle società controllate o partecipate, le forniture, per finire con i viaggi di rappresentanza gratuiti. Per non parlare degli appalti spesso milionari o le interposizioni per consentire la sollecita realizzazione di opere, che aumentano il prestigio ed anche il peso del parlamentare e la saldatura con il territorio. I capi partito hanno sempre abusato del “parco buoi” costituito dagli elettori fedeli. Di quella metà che va ancora ai seggi, poiché l’altra non li frequenta più, per consolidata schifezza divenuta ora insopportabile. I capi partito si assicurano - ognuno - una ventina di fedelissimi, paracadutati spesso in più territori, diversi da quello di residenza. Territori fedelissimi ed adusi alla sopportazione ed a trangugiare qualunque boccone. Quale rimedio può avere il “parco buoi” elettorale per ribellarsi e rifiutare i paracadutati? Il primo, il più utilizzato è di non andare ai seggi, ma non è democratico: qualcuno deve pur governare. Il secondo è votare partiti diversi da quello consueto, che ha paracadutato i candidati sgraditi e sconosciuti, quindi inidonei a rappresentare le esigenze locali in parlamento. Sarebbe molto bello vedere le facce dei capi partito ove avessero perso gli elettori fidati, i pazienti buoi delle varie circoscrizioni e collegi ritenuti “blindati”. La rivincita dei buoi, turlupinati da sempre, sconvolgerebbe le previsioni dei sondaggisti e forse farebbe cessare il malcostume elettorale.

Ci tocca ora vedere, ogni giorno, spuntare dalle televisioni berlusconiane, riprese dai media, la figura del vecchio caimano, sempre più somigliante a Mao, che somministra pillole di saggezza già usate in altre occasioni, che hanno portato all’arrivo di Monti per evitare la bancarotta dell’Italia. In occasioni di altre riprese, il vecchio Silvio spinge, come l’ossimoro di una cariatide movibile, la finta moglie a favore di telecamere, affinché, come da un Re Sole in pectore, venga illuminata adeguatamente e lo segua passo per passo. L’ha paracadutata ovunque, affinché i buoi di ogni regione possano essere onorati dalla sua presenza nelle liste. Ma la candidatura in Parlamento non è per partecipare ad un concorso di bellezza, ma per governare lo Stato. Occorrono capacità, cultura, esperienza, qualificazione. Le belle statuine non sono utili per il Paese, se destinate ad amministrarlo. Vedremo ancora - tutti blindati - Tremonti, Casini, Cesa, l’economia inventata al momento, gli orfani della balena bianca resi immortali. Il panorama dei candidati che si presentano al voto in gran parte ha già avuto dal popolo italiano. Potrebbero ora fare i nonni, godersi la pensione da parlamentari, viaggiare, impegnarsi nel sociale. Occorrerebbe tagliare ancora: 300 deputati e 100 senatori, con le regioni operanti, magari con più poteri, sarebbero più che sufficienti per governare 60 milioni di abitanti, in forte denatalità.

Piercarlo Barale

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