Meteo Radio Stereo 5 Euroregion Facebook Twitter Youtube Linkedin

Sui sindaci il piccolo divorzio Letta-Conte non è esempio di alta politica, ma eterno "odi et amo"

CUNEO

Foto
Condividi FB

PIERCARLO BARALE - Tra partito democratico e pentastellati - prima Zingaretti e poi Letta e Conte -, vi è stato un reciproco corteggiamento, finalizzato ad una alleanza a tutto campo; stipulata, ma immediatamente revocata. Con ben altri risultati e durata erano stati capaci, pur con qualche difficoltà, Salvini, Meloni e Berlusconi ad accordarsi. Ciò ha loro permesso di aggiudicarsi la gran parte delle regioni. All’insegna di: uniti si vince, poi vediamo. Il pragmatismo ha vinto, come spesso succede. La sinistra pare abbia seguito, anche se in questo caso la causa del fallimento è da addebitare a Conte, la vocazione al suicidio: ampiamente subita con Renzi, in ultimo. Ha acchiappato i voti piddini per andarsene subito per conto suo, con la consueta disinvoltura. Con il suo micro partito veleggia ora nei sondaggi al di sotto del 2%. L’ammazzagoverni non arriverebbe al minimo e scomparirebbe dal panorama nelle prossime elezioni. Forse gli resterebbe quello che viene indicato diritto di tribuna.

I primi tentativi di amoreggiamento Pd-M5S si debbono a Zingaretti, che nutriva peraltro poca fiducia nel suo stesso partito, sì da andarsene. Per contro, i pentastellati appaiono un groviglio inestricabile di opinioni, pretese, idee, personaggi in contestazione, carenti di idee chiare sul da farsi. Il divorzio con Casaleggio junior ha complicato ancor più la situazione. Conte è di fatto un leader fantasma, autoproclamatosi ed in attesa di una elezione bulgara che non giunge a compimento. Con la decisione di appoggiare la riconferma della Raggi a sindaco di Roma, si è verificato il divorzio dal matrimonio appena celebrato tra i due partiti. Di conseguenza, Zingaretti ha deciso di rimanere a presiedere la regione Lazio, che gestisce con capacità ed ottimi risultati.

Mi vengono in mente i versi di Catullo: odi et amo. Qua re id faciam fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. Il poeta non riesce a comprendere cosa stia avvenendo nel suo intimo, alternandosi l’amore con l’odio in una relazione sentimentale. Non ne comprende la ragione, perché al cuor non si comanda. Si sente preoccupato, ma spera nella composizione. Gli accordi tra partiti, se volti al miglior governo dello stato, possono essere stipulati per evitare il ricorrersi di nuove elezioni, alla spagnola od alla israeliana. In tal caso, si possono definire di alta politica. Quando invece i capi partito trattano privatamente oppure in streaming - funesto fu per Bersani quello accettato con Grillo - la politica non si può chiamare alta. Diventa frattaglie. Peraltro appare inconsueto, anche se dovuto, che i partiti privilegino in via esclusiva la migliore gestione dello Stato nell’interesse del Paese. La propaganda spicciola, cavalcando di volta in volta ogni destriero appaia all’orizzonte - vedi Salvini con i migranti - non è alta politica, anche se può essere gratificante per gli autori.

Il patto giallo rosso ora saltato, stipulato nella quasi totale ignoranza dei rispettivi tesserati, e non nell’assenso degli stessi, è subito apparso errato. Era evidente che, dopo lo strappo di Bibbiano, un allineamento tra i due partiti sarebbe stata prospettiva impossibile. Qualcosa del genere, in altro periodo storico, è avvenuto con la costituzione del partito socialista italiano, fondato nell’agosto 1892, che mai si affermò. Antonio Labriola, testa d’uovo del neonato partito, così critica l’iniziativa: la troppa fretta di dare vita ad un partito operaio senza classe operaia, destinato ad essere fatto entrare di straforo nella mente degli operai. Norberto Bobbio, nel Profilo ideologico del 900 italiano, ritiene che il rischio era di vederlo rapidamente degenerare, citando le parole dello stesso Labriola, in una delle solite vanità consortilesche all’italiana. In uno scritto del maggio 1901, Labriola, lapidario, definisce il socialismo: mentre ha le gambe lunghe nel regno delle idee, ha il passo lento e breve nel campo della realtà. Soggiunge ancora Bobbio che: il passo, a giudicare con il senno di poi, è stato tanto breve, che la meta, dopo tre quarti di secolo, non è ancora stata raggiunta.

Il sistema proporzionale ha consentito la formazione di partitini con leader piccoli piccoli, Renzi in testa. Tutti a seguire il modello craxiano di lotta e di governo, di maggioranza e di opposizione con gli scopi principali: potere e quattrini incassati con le obbligate e pretese tangenti. Condannato, latinate e non esule in Tunisia, è stato quasi giustificato da coloro che ne avevano condiviso il sistema di governo. Sembra molto forzata una sua tardiva riabilitazione, qualificandolo come vittima di una stagione che egli stesso aveva partecipato a creare e comunque portato alla esasperazione. A nulla giova che non sia stato il solo a governare in tal modo. Infatti, quando in parlamento ha invitato i colleghi a dichiararsi estranei al sistema che gli veniva contestato, nessuno si è alzato.

Neppure Mani pulite ha fatto pulizia duratura nella politica. Tangenti, corruzione, abusi ed omissione di atti d’ufficio, fallimenti con danni enormi alle banche ed allo stato hanno caratterizzato il dopo Mani pulite, fino ad oggi. Molte banche si sono trovate in sofferenza, alcune fallite, altre sono state finanziate con denaro pubblico. Altre ancora sono andate sull’orlo del fallimento, depredate da finti industriali e personaggi collegati a partiti politici. Il senso dello Stato è sempre carente. Purtroppo, manca molto di più nei governanti che nei governati. L’Italia è stata fatta; gli italiani non ancora. Mancano gli esempi dall’alto ed è difficile che l’onestà e la fiducia nello Stato si generino da sole. 

Piercarlo Barale

VIDEO