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"Siamo il Paese dell'incontrario, come dimostra anche il dibattito sull'utilizzo del Mes"

CUNEO

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CUNEO CRONACA - La Liguria è stata presa d’assalto da un’orda di vacanzieri reduci da mesi di reclusione domestica causa virus. Negli anni scorsi tali esodi erano frequenti. Ne ricordo uno, avente carattere eccezionale, con code di ore sull’autostrada, fino alla saturazione dell’intero spazio stradale ligure: da Ventimiglia a La Spezia. A fine mattinata della domenica, non c’erano più parcheggi e per estrarre il proprio veicolo era necessario attendere la partenza di un compagno di sventura. In mancanza di tale colpo di fortuna, occorreva attendere. Estratta l’auto, ben prima della fine della giornata, seguirono ore di code per il rientro. Molti infatti, avevano già rinunciato alle spiagge, ridotte ad un carnaio, spesso con mare sporco di rifiuti non depurati, ma semplicemente triturati ed immessi in mare a trecento metri dalla riva da una tubazione.

Dopo il crollo del ponte di Genova, le conseguenti alterne vicende relative alla revoca delle concessioni autostradali, con la verifica da effettuare urgentemente a ponti e gallerie, siamo arrivati al caos di questi giorni. Anziché procedere tempestivamente, cioè subito dopo il crollo, si è atteso il ritorno alla libertà di accesso dei vacanzieri per effettuare quelle verifiche e quei controlli per i quali vi erano state soltanto chiacchiere e non decisioni. Sotto questo profilo, ben ci possiamo definire il paese dell’incontrario. Non si sarebbero comportati così i nostri vicini europei ed in particolare il Giappone, dove dopo i frequenti terremoti le autostrade vengono ripristinate nell’arco di settimane.

Il nostro sistema sanitario, soprattutto in Lombardia, con l’aiuto della corruzione, ha smantellato la sanità pubblica, a vantaggio di quella privata. Occorre ora ripristinarla, dopo la pessima prova offerta nell’affrontare la pandemia. Pur primeggiando nella qualità dei servizi, nella tempestività degli interventi, sì da attirare molti pazienti da ogni parte d’Italia, non ha saputo approntare un meccanismo operante sul territorio lombardo, in grado di contrastare epidemie e pandemie. Alcune regioni, senza ricorrere alla sanità privata, lo hanno fatto, come il Veneto e l’Emilia Romagna. Altre, come il Piemonte, hanno di fatto smantellato la rete sul territorio, chiudendo moltissimi ospedali, tralasciando la medicina di base. Nella pandemia ancora in atto, i medici di famiglia non hanno avuto alcuna collocazione, in quanto sono stati di fatto dimenticati. Le Asl venivano considerate efficienti se spendevano poco, arrivando così a dismissioni di pazienti appena operati e degenze minime nelle strutture.

Il Piemonte aveva accumulato, nelle passate legislature, un debito enorme per la sanità, arrivata ad assorbire il 75% del budget totale regionale. Erano quindi necessarie modifiche sotto l’aspetto finanziario; non la perdita di efficienza della struttura. La sanità non si misura in termini di produzione come l’industri automobilistica o quella dolciaria, che devono essere produttrici di beni appetibili con bilanci in attivo. Come la scuola, così la sanità producono benessere, salute, istruzione, beni immateriali di inestimabile valore. Devono essere gestiti con efficienza, economicità, senza fenomeni corruttivi ed intromissioni politiche o partitiche. Con il regionalismo, la sanità è stata smembrata sotto il profilo della unità di gestione e di funzionamento, prima attribuiti allo Stato.

Ora le regioni di centro destra obbediscono a Salvini e si schierano dove e come viene loro indicato. Non in base alle esclusive ed effettive esigenze, ma soprattutto in contrasto e disaccordo con il governo nazionale ed il ministero della salute. Per fortuna, non è così per la scuola, che resta unitaria come funzionamento, programmi, posizione dei docenti. Anche se l’attuale ministro non pare convincente nell’operato e nelle continue esternazioni e divagazioni programmatiche.

Siamo il paese dell’incontrario anche per la mancata utilizzazione del Mes. Si tratta del provvedimento europeo che concede un prestito a interessi quasi zero, con restituzione in dieci anni, per mettere in sesto la sanità -ovviamente pubblica- ed arginare le conseguenze del virus. Lo avevamo richiesto noi all’Europa; doveva essere senza condizioni, fatta eccezione per l’indicazione dei programmi che si intendevano realizzare, il rendiconto delle spese sostenute e l’accertamento della effettiva esecuzione delle opere. Temevamo condizioni capestro da parte dell’Europa e controllo asfissiante decennale. Tutto ciò è stato escluso.

Lo hanno ricordato dall’Europa le fonti più autorevoli. In particolare la Merkel, che lo ha patrocinato, ha espresso stupore per la nostra titubanza nel richiederne l’erogazione. Il fatto è che la metà dei grillini- i dibattistiani- non lo vogliono, così come non volevano la Tav, il gasdotto e tante altre opere per ragioni ideologiche e di principio. Le altre componenti della maggioranza ed anche Berlusconi, dall’opposizione, lo vorrebbero. Il premier Conte, proveniente dai pentastellati, appare amletico e criptico sul punto. Che non è di poca importanza. Non decide, temporeggia, rinvia, temendo di venirsi a trovare in minoranza in parlamento. Potrebbe perdere la prestigiosa poltrona, che si era saldamente assicurato con il precedente governo e lo aveva seguito in quello attuale.

In questi giorni il Tesoro porrà in vendita titoli di Stato di piccolo taglio, destinati più ai privati che agli investitori istituzionali o di rilevante importanza economica. In tal modo vengono di fatto drenate le cassaforti bancarie, già carenti di liquidità, nelle quali i privati hanno collocato sostanziosi depositi, in aumento ogni anno, pur non producendo interessi. Lo Stato, anziché utilizzare il Mes, corrisponderà ai sottoscrittori interessi intorno all’1,50% annuo. Lo strumento finanziario Europeo invece stabilisce interessi allo 0,1% annuo. La differenza, tenuto conto che abbiamo a disposizione 37 miliardi per dieci anni, ammonta ad una maggiore spesa dello Stato di circa 7 miliardi.

Le banche così impoverite per i depositi restituiti, dovranno ricapitalizzarsi, per non ridurre l’erogazione di prestiti e mutui. Rinunciando in modo assurdo ed incomprensibile allo strumento approntato per noi e da nostra richiesta dall’Europa per compiacere la metà dei grillini, nonché Salvini e Meloni, indeboliamo il sistema bancario e quello creditizio. Berlusconi, vecchia volpe della imprenditoria e della finanza, ha subito capito che è meglio utilizzare il denaro europeo a zero interessi, anziché indebolire le nostre banche, con la conseguente riduzione del credito alle imprese. Siamo sempre il paese dell’incontrario.

Piercarlo Barale

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