CUNEO
MARIO ROSSO - Quantè noioso parlare seriamente di leggi! Capisco perché molti politici e giornalisti si limitano a lanciare slogan più o meno suggestivi e spesso a dir poco esagerati. La gente girerebbe canale o passerebbe alla lettura di articoli più ameni. Oggi sono i Trump o i Boris Johnson (lex sindaco di Londra e fautore della Brexit) ad affascinare luditorio indipendentemente dal fatto che si sia a favore e contro.
Parlare seriamente di una riforma annoia. Eppure saremo chiamati ad esprimerci sul referendum costituzionale e il nostro voto conterà come quello dei Britannici, che sullonda di suggestioni hanno votato luscita del loro Paese dallU.E. e già ne stanno pagando le conseguenze.
Chi avrà la pazienza di leggere questo pezzo e i successivi, mi scusi fin dora se lo annoierò. Il fatto è che, se il parlar seriamente delle leggi annoia, è altrettanto vero che la nostra vita dipende da esse e conoscerle è indispensabile se vogliamo far parte a pieno titolo di uno stato democratico. Diversamente non ci resterà che la piazza per inneggiare a chi, più pericoloso persino di duci e ducetti, gioca con le nostre paure o ci illude con sogni impossibili.
Ho ricordato in altro articolo che il bicameralismo perfetto (lesistenza di un Senato che vota la fiducia al Governo e ha identici poteri della Camera) è unanomalia esclusivamente italiana. Addirittura 15 Paesi su 27 dellU.E. (28 prima della Brexit) non hanno il Senato e nei restanti 12 il Senato ha poteri legislativi limitati e non vota la fiducia al Governo. LItalia è quindi un unicum.
Il nuovo art.55 della Costituzione, come modificato dallart.1 della riforma, elimina tale unicità. Lascia il Senato, ma gli conferisce poteri limitati in tutto simili a quelli di cui godono i Senati dei 12 Paesi dellUnione che hanno la doppia camera. Qualcuno ha sostenuto che si poteva eliminare del tutto il Senato, ma a ben vedere la scelta fatta ha due funzioni: premiare e rafforzare il sistema parlamentare e dare maggior peso e importanza alle istituzioni territoriali (Regioni e Comuni) facendole salire con i propri rappresentanti in Parlamento.
Il nostro non è uno stato federale, ma gli Enti Locali e, in particolare, le Regioni godono di forte autonomia ed è quindi uno stato molto decentrato. Il modello adottato con la riforma è più simile a quelli degli stati federali che a quelli degli stati centralistici (uso il plurale quelli perché non esiste un modello tipo e ogni Paese europeo si è sbizzarrito nelle formule più strane, che giudicheremmo a volte persino fantasiose), ne è una sintesi e prevede (oltre al conferimento di valore costituzionale allequilibrio di genere nella rappresentanza politica di cui ho parlato in altro articolo):
che la sola Camera rappresenta la Nazione e vota la fiducia al Governo come avviene in tutti (ripeto: tutti) gli altri Paesi europei,
che il Senato diventa la Camera delle Autonomie, la Camera che rappresenta gli Enti Locali e le Regioni, con il compito di curare il rapporto fra Stato, Regioni e Comuni e concorrere al raccordo con lU.E.,
che, come prima, il Senato elegge insieme alla Camera il Presidente della Repubblica, i membri del CSM e i Giudici Costituzionali (in forza del successivo art.135 è stabilito che la Camera ne elegge tre e il Senato due),
che il Senato, nei casi previsti dalla Costituzione, esprime pareri, formula proposte di legge e legifera nei limiti previsti dalla stessa Costituzione (in particolare dallart. 70).
Poiché il tema è complesso ed è uno dei punti di maggior contrasto fra favorevoli e contrari alla riforma, le suddette competenze saranno affrontate in altro articolo.
Oggi darò solo un pur rapido sguardo alle norme successive (dallart.56 allart.69 come modificati), norme consequenziali allart.55 sulle competenze del nuovo Senato. In breve con esse: si riduce a 95 il numero dei senatori eletti (è pure ridotto a cinque il numero dei senatori a vita, che non saranno più tali ma dureranno in carica non più di sette anni), si statuisce che il senatore non ha diritto ad alcuna indennità di carica (cioè non sarà pagato, ma avrà soltanto il compenso da consigliere o sindaco), si stabilisce che la durata del mandato dei senatori eletti coincide con quella di consigliere regionale o sindaco (se per qualsivoglia ragione leletto decade dalla carica, decade anche da quella di senatore), si statuisce che per i senatori, come per i deputati, non esiste vincolo di mandato, si fissano alcune regole di incompatibilità. Altre norme sono semplici aggiustamenti tecnici di quelle preesistenti per adeguarle alle nuove e diverse competenze delle due Camere.
Un ultimo cenno merita il nuovo testo dellart.57 che regola le modalità di elezione dei senatori. Lo merita perché molto si è detto su di esso e spesso a sproposito.
Oggi i senatori sono eletti direttamente dal popolo (elezione diretta), con la riforma saranno eletti, ma solo apparentemente, dalle Regioni (elezione indiretta). Apparentemente, perché di fatto continueranno ad essere eletti direttamente dal popolo e i consigli regionali si limiteranno a ratificare le scelte operate dagli elettori. E un sistema misto decisamente originale introdotto per accontentare i sostenitori dellelezione diretta dei senatori. Così prevedono i commi quinto e sesto dellart.57 che obbligano Camera e Senato a emanare una legge elettorale che preveda la possibilità dei cittadini (tutti i cittadini elettori) di indicare in occasione delle elezioni regionali chi vogliono diventi senatore. I Consigli Regionali dovranno quindi tener conto di tali indicazioni e nominare senatori coloro che sono stati scelti con le preferenze dai cittadini.
Pur personalmente preferendo il sistema a elezione indiretta (come in tutti, e ripeto tutti, gli altri Paesi europei), accetto la scelta fatta, ma non mi trattengo dal sottolineare che il meccanismo in esame è stato fatto per accontentare i sostenitori dellelezione diretta dei senatori e, sinceramente, non comprendo perché, ora che sono stati accontentati, alcuni la critichino ancora.
Il prossimo articolo sulle competenze specifiche del nuovo Senato.
Mario Rosso