CUNEO
PIERCARLO BARALE - Il segretario generale della Cgil Landini pare non abbia dimenticato le modalità poste in atto all’inizio della sua carriera di sindacalista e poi di rappresentante Fiom, con campo d’azione inizialmente a Torino. Erano altri tempi. La situazione economica generale era buona. Le industrie assumevano ed i lavoratori potevano contare su stipendi e salari certi, nessun licenziamento in vista, potere d’acquisto ottimo. Si otteneva la proprietà della casa con mutui generosamente concessi dalle banche con minime garanzie. Anzi, venivano proposti dagli stessi istituti di credito, rigurgitanti denaro frutto di costanti depositi delle formichine italiane. Dal 2008 siamo stati in crisi globale. Solo ora si intravedono - offuscati in parte dal Covid - segnali di vigorosa ripresa, tale da ritornare alle produzioni ed ai consumi ante crisi.
Già segretario generale dei metalmeccanici Fiom, Landini è divenuto il responsabile Cgil per l’intera penisola, per indubbi meriti acquisiti sul campo. Allora c’erano sostanziosi guadagni per gli industriali e gli scioperi erano temuti ed evitati, poiché arrecavano rilevante danno alla produzione. Compito essenziale del sindacato è portare avanti le richieste degli iscritti, sia in attività, che pensionati. Non si tratta soltanto di salario, ma di sicurezza nell’attività lavorativa e nel futuro. Il sindacato dovrebbe principalmente pensare ai giovani, che non pagano la tessera e vengono spesso trascurati, se non ignorati. Oppure, come di consueto, si chiedono posti fissi ormai da dimenticare, anziché impieghi effettivi, contribuendo alla qualificazione. Si privilegia chi il lavoro ce l’ha, mentre per gli altri, non paganti, ci si interessa solo se non c’è contrasto con i paganti.
Landini non funzionerebbe più nel confronto con le forze politiche e la variegata massa di esponenti di differenti interessi. In particolare, con il governo del paese, consegue un effetto opposto a ciò che un’azione diplomatica potrebbe portare. La cinghia di trasmissione partito-sindacato si è spezzata da qualche anno. Sia per la ricerca di indipendenza del sindacato stesso, sia per la quasi dissoluzione della sinistra senza leader adeguati. Gli eredi del vecchio Pci sono divenuti oggetto delle mire renziane dal tempo del suo infelice governo. Sparito lo scudo della falce e martello, annacquatosi con la Margherita ed il susseguirsi di segretari di scarso valore, inefficienti ed ininfluenti, il sindacato è rimasto staliniano. Cerca ancora il nemico - padronato - da combattere e da abbattere. Si è arroccato nella difesa a prescindere dei dipendenti di aziende fallimentari irrecuperabili, come Alitalia e Ilva di Taranto. Sono state tenute in vita a suon di iniezioni miliardarie di denaro pubblico. Gran parte dei finanziatori forzati - il popolo sovrano - non vola e non consuma acciaio. Per tutelare tutti i dipendenti di quelle aziende decotte, si provoca il loro fallimento, perché la decozione è il frutto della incapacità di stare sul mercato. Il fallimento viene evitato soltanto perché lo Stato continua a pagare i creditori e gli stipendi e si accolla la cassa integrazione straordinaria all’infinito. Addirittura, per qualche caso, si usufruisce di tale beneficio a carico della collettività, per arrivare alla pensione anticipata. Neppure un pensiero alla riqualificazione di personale specializzato, per ricollocarlo in aziende competitive. Una notevole parte degli utenti di questi benefici li accetta come alternativa al licenziamento, pur se facilitato da congrui pagamenti. Altra parte si sente svilita e privata dell’orgoglio del lavoro, ma in genere non fa nulla per riqualificarsi o cercare altra attività, anche se dispone di capacità e preparazione. A qualcuno sta bene far nulla a metà stipendio e spera nello Stato, affinché lo ricollochi, oppure lo collochi in pensione anticipata.
La stragrande maggioranza del Paese non è entusiasta di tali interventi dello Stato, in quanto sostengono con le imposte le iniziative motivate dalla solidarietà sociale. Landini è il propugnatore di tali casse integrazione infinite, che hanno natura politica e sovvertono la sana gestione delle attività industriali. Servono ai partiti per acquistare consensi elettorali ed ai sindacati per dimostrare la loro efficienza, messa in dubbio da una grande emorragia di associati. Landini vorrebbe sedere alla pari dei ministri, al tavolo di Palazzo Chigi, partecipare ai Consigli ed indirizzarne le decisioni. Non gli è sufficiente essere costantemente consultato da Draghi, unitamente agli altri segretari della cosiddetta triplice. Non ha compreso la netta divisione dei compiti tra eletti dal popolo ed organismi rappresentativi di lavoratori e di datori di lavoro.
Poiché solo in parte le istanze formulate al governo sono state accolte, Landini ha proclamato lo sciopero generale per il 17 dicembre. Non ha compreso che Draghi deve destreggiarsi con cautela e diplomazia con i ministri di differenti ed anche contrastanti tendenze, che lo appoggiano nell’insolito governo. Gli obiettivi di questa amministrazione, come indicati da Mattarella nell’affidamento dell’incarico, sono due: sconfiggere il virus ed utilizzare nei termini tutti i finanziamenti provenienti dall’Europa. Non è il momento di scioperare. Il sindacato non svolge solo attività di tutela dei lavoratori, anche se non iscritti, ma deve adeguarsi diplomaticamente alla situazione generale del Paese, rinunciando o differendo esigenze che, pur comprese, non possono al momento essere totalmente soddisfatte. Sussistono infatti i problemi del Covid, resi difficili per la presenza di alcuni milioni di No Vax e No Green pass difficili da gestire. Alcuni dei quali continuano con cortei non autorizzati, disprezzo delle misure di prevenzione, mentre qualche gruppuscolo minaccia addirittura sfracelli, fino ad ipotizzare il rapimento di un politico di prima fascia. Speriamo si limitino alle consuete imbecillità, con le quali inondano i mezzi di informazione, spalleggiati se non indirizzati da alcuni intellettuali, che paiono avere perso il senso della realtà. Compaiono ovunque, come cattivi maestri, accompagnati da sedicenti scienziati non riconosciuti dalla scienza ufficiale.
Il segretario del più importante sindacato del Paese dovrebbe badare anche, se non soprattutto, all’interesse generale. Non solo al suo particulare. Di ben altra stoffa era fatto Luciano Lama. Quando battagliava alle porte della Fiat, riteneva di fare il suo dovere. Ora vorrebbe sedersi al tavolo con Draghi, dimenticando che c’è un ministro del lavoro - Orlando - cui competono tutte le questioni dell’occupazione e la tutela di tutti i lavoratori. Inoltre, deve promuovere il lavoro giovanile e la sicurezza delle retribuzioni. Da Landini si attende diplomazia, non minacce sconsiderate, inopportune ed intempestive di scioperi, in parte bloccati dall’autorità garante. Ha dimostrato, con l’Uil di Bentivogli, scarsa conoscenza delle modalità di promulgazione della maggiore protesta, che dev’essere attuata per lo meno con il rispetto dei tempi di proclamazione e delle esigenze del Paese. La Cisl è rimasta estranea e totalmente contraria a tale misura, lesiva per l’economia e con la tensione sociale esistente nel Paese. Quando si assume un incarico direzionale che riguarda l’intero paese, occorre possedere le capacità e le qualità necessarie per svolgerlo in conformità ai compiti statutari dell’ente e le aspettative dei deleganti. Non pare che Landini nell’operato come svolto, abbia dimostrato di possedere tali qualità.
Piercarlo Barale