MONTAGNA
ELISA AUDINO - A 72 anni dall'inizio dell'offensiva alleata - la data convenzionale è il 9 aprile 1944 - e dall'eccidio di Croce Bulé del 1° aprile, l'Anpi Associazione Nazionale Partigiani Italiani sez. di Saluzzo organizza una giornata comunitaria fatta di racconti, storia e alcuni interventi qualificati.
Una camminata fino Croce Bulé, con partenza dalla piazza di Oncino sabato 30 aprile alle 10,30, pranzo al sacco e una dettagliata ricostruzione dei fatti, a partire dalle testimonianze indirette dei fratelli Mattio, l'inquadramento storico di Giorgio Rossi e Marco Ruzzi - quest'ultimo dell'Istituto Storico della Resistenza di Cuneo - e Piero Balbo dell'ANPI di Verzuolo. La guida alpina Hervé Tranchero, invece, descriverà l'itinerario percorso dai ragazzi vittima dell'agguato, fra Casteldelfino e il Vallone Bulé.
Quel 1° aprile 1944, i tedeschi stavano seguendo le tracce di alcuni partigiani partiti da poco da Oncino verso il Quintino Sella. Li cercarono prima in paese, minacciando il parroco di distruggere il paese, poi, nel pomeriggio, una pattuglia tedesca che stava salendo verso Croce Bulé, si trovò casualmente davanti dodici ribelli che stavano tornando verso l'abitato. Arrivavano dalla Val Varaita e si erano, dopo una lunga marcia, staccati da un gruppo molto più numeroso di partigiani che si era nascosto in rifugi di emergenza scavati nella neve. Stanchi e affamati, se ne erano separati per cercare cibo e un nascondiglio più accogliente.
Trovandosi i tedeschi davanti a loro, provarono inutilmente a reagire, il loro mitragliatore era inceppato e solo uno di loro riuscì a fuggire. Gli altri vennero uccisi atrocemente, prima massacrati con la baionetta e poi fucilati. Qualcuno, più fortunato, riuscì a precederli facendosi saltare in aria con una bomba a mano. I corpi vennero abbandonati sul posto e recuperati, per ordine dei tedeschi, il giorno successivo dagli abitanti di Oncino e portati alla cappella San Bernardo.
Non furono le uniche vittime in quei giorni di inizio aprile: il giorno successivo toccò ad altre dieci vittime, una davanti al Biatonnet - uno dei primi ad organizzare la Resistenza in Val Varaita, Ernesto Nicandro Conte detto Tacito - e nove di fronte al cimitero di Santa Maria a Paesana. Alcuni giovani erano, infatti, stati trattenuti nel cortile dell'albergo Club Alpino e nel pomeriggio del 2 aprile, parroco e podestà vennero avvisati che nove di loro, già spostati davanti alle scuole, sarebbero stati uccisi. A nulla valsero le proteste, anche le promesse di concedere l'assistenza religiosa vennero disattese. Alle 16,30 vennero fucilati di fronte al muro del cimitero.
In tutto, in una settimana, tedeschi e fascisti uccisero in alta Valle Po ventitre partigiani e arrestarono o deportarono una quarantina di persone.
Elisa Audino
(foto archivio Sergio Beccio: targa ANPI, cappella di S. Bernardo e Croce Bulè)
(fonti Giuseppe Barbero, Ventimesi. La guerra di liberazione in valle Po settembre 1943 - aprile 1945)