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Ritorna il "delitto d'onore" a Bologna? Dimenticata l'espiazione delle pene?

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Ha destato stupore la sentenza con la quale la Corte d'Assise d'Appello di Bologna, riformando la decisione di primo grado di condanna a 30 anni di carcere inflitta ad un femminicida, ha ridotto a 16 anni il periodo di detenzione. Dai 30 anni in primo grado grazie alla scelta del rito abbreviato - anziché l'ergastolo - si è scesi a 24 per la scelta della Corte sulle aggravanti ed attenuanti. Su tale sanzione si è operata la riduzione per il rito abbreviato e si è scesi a 16 anni. Nel complesso computo di aggravanti ed attenuanti, ciò che ha giocato a favore dell'omicida, reo confesso, è stata la considerazione della Corte di attribuire valore di attenuante allo stato emotivo - una tempesta emotiva - in primo grado ritenuto irrilevante.

Siamo così ritornati - per un caso gravissimo - a premiare l'omicida, che solo grazie al rito abbreviato si era visto irrogare 30 anni anziché, l'ergastolo. Chi uccide per gelosia la donna con la quale convive, oppure vive una relazione, non appare meritevole di premio sotto il profilo della valutazione positiva - come attenuante - della gelosia stessa. Semmai, tale motivazione dovrebbe essere ritenuta un disvalore, in quanto la gelosia trae origine dal considerare la donna non sotto un profilo di parità effettiva. L'amante, il convivente, il marito, non possono considerare la partner o moglie un oggetto di loro esclusiva proprietà. Se lasciati, non possono importunare, minacciare, ferire od uccidere, come se, cessata la "proprietà", dovesse cessare anche la vita della donna.

E' aberrante che un omicida reo confesso se la possa cavare con 16 anni di carcere, che significa, con premi di buona condotta, permessi, lavoro all'esterno, liberazione anticipata, domiciliari, restare in carcere qualche anno. Salvi condoni, che ricorrono ogni 8-10 anni, come le comete. Si è visto, in questi giorni, entrare in carcere il pluripresidente della Regione Lombardia, dopo un iter processuale, con la previsione di restarvi parecchi anni. E' un caso raro, in quanto le nostre carceri sono occupate da piccoli spacciatori di droga, ladri seriali, truffatori; mentre sono pressoché assenti politici corrotti, evasori fiscali, colletti bianchi della criminalità organizzata, fiscalisti che facilitano le fughe di capitali nei paradisi fiscali, le truffe sull'iva e la formazione delle scatole cinesi per mascherare utili societari.

Non è tanto l'inefficacia del sistema repressivo, in quanto le forze dell'ordine sono organizzate ed efficienti, ma la sostanziale carenza di sanzioni penali effettive e la quasi certezza di non scontare pene detentive, ciò che attira e "premia" i delinquenti. La Costituzione, con la presunzione di non colpevolezza, se non condannati in via definitiva, fino al terzo grado di giudizio, assicura anni di attesa processuale. Tutti i condannati in primo e secondo grado appellano e ricorrono, restando fuori dal carcere, se non per reati gravissimi, fino al giudizio di cassazione.

Sono in vigore vari provvedimenti garantisti di natura sostanziale - cioè le pene per i singoli reati - e processuale per lo svolgimento del processo con la piena garanzia di parità tra accusa e difesa e le nullità per eventuali violazioni - nonché la "leggerezza" del sistema sanzionatorio extracarcerario e carcerario - si è realizzato il paradiso per i delinquenti, soprattutto economici. Con un bravo avvocato, difficilmente si finisce in carcere, se non per omicidio o terrorismo o criminalità organizzata. Abbiamo visto l'ex cavaliere, dopo una quindicina di prescrizioni, trascorrere qualche ora di qualche mattinata ai servizi sociali, cavandosela egregiamente raccontando barzellette ai vecchietti della casa di riposo. E pensare che aveva toccato buona parte del codice penale con i fatti addebitati ed in gran parte provati.

Miracolo italiano della santa prescrizione, dei santi condoni, delle opportune modifiche legislative, ed infine della sostituzione della pena. Non c'è più il senso della colpa, che affliggeva il condannato, non esiste più il concetto della effettività e proporzionalità della pena irrogata, che costituisce retributivo per la violazione commessa, l'espiazione per ritornare nella società dopo averla offesa con il reato. Così come, nella scuola, non ci sono più le sospensioni, perché l'allievo perderebbe giorni di insegnamento ed i genitori non saprebbero cosa farsene del figlio discolo.

Tocca alla scuola sia insegnare che educare ed anche punire. Deve dare esecuzione pratica alla sanzione irrogata. Ciò significa di fatto non fare nulla, non disponendo di mezzi punitivi per l'espiazione. Ricordo che l'ex presidente della Regione Veneto, ai domiciliari anziché in carcere, dopo aver sottratto ingenti somme nel corso dei suoi mandati, anche con il Mose - le paratie mobili per bloccare l'acqua alta a Venezia - cadde da un ciliegio, sul quale era salito. Poté restare nella villa palladiana dove "espiava" la pena e forse l'ingessatura fu l'unico periodo in cui "espiò" per i tanti fatti di corruzione oggetto di condanna. Per evitare altre situazioni come quella di Bologna, occorrerebbe una rivisitazione del sistema delle attenuanti ed aggravanti per i femminicidi e non consentire il giudizio abbreviato.

Piercarlo Barale

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