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Ricordi di una laboriosa indagine per la morte di un ragazzo in un fuoripista sulle nevi di Limone

MONTAGNA

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PIERCARLO BARALE - Un sabato mattina dell’inverno limonese intorno agli anni ’80 dello scorso secolo, un ragazzino ligure, ottimo sciatore, purtroppo spericolato, si schiantò in un fuoripista contro una roccia. Morì all’istante. Nonostante il casco, che si spaccò. La famiglia chiese alla società degli impianti il risarcimento dei danni, ritenendo che la pista non fosse stata segnalata adeguatamente. Seguii la vicenda come legale dei rappresentanti della società, assicurata per ogni aspetto di responsabilità civile con una primaria compagnia, da tempo cliente del nostro studio. Nel corso dell’istruttoria penale, aperta avanti il tribunale di Cuneo, venne disposto un sopralluogo per accertare la situazione dei luoghi. Si svolse a qualche mese di distanza dal fatto. La preparazione logistica, con la presenza del Pm, del giudice istruttore, avvocati tecnici ed indagati, fu laboriosa.

All’arrivo della carovana, la seggiovia fu fermata per consentire un’agevole collocazione per la salita. Il luogo dell’impatto mortale fu raggiunto dal Pm in abiti cittadini, con una motoslitta messa a disposizione dalla società. Il giudice, buon sciatore, in mia compagnia, del legale avversario, dei tecnici e degli indagati raggiunse la roccia fatale utilizzando gli sci. Ricordo che scattai - ero ben munito di apparecchiature - le fotografie dei luoghi secondo le richieste e sotto la direzione dei giudici. Una volta stampate, vennero allegate agli atti in procura.

Esaurito l’incombente, risalimmo in seggiovia, dopo essere scesi a valle per riprenderla. Il Pm venne riportato, parecchio infreddolito, alla base: il ristorante sito all’arrivo della seggiovia, dove la comitiva si ricompose. La società impianti offriva un buon pranzo, riservando ampio spazio nei locali, per il resto aperti al pubblico del sabato. Erano passate le 13 e l’appetito non mancava. Quando tutti fummo alloggiati a tavola, imbandita non da chalet alpino, ma da ristorante stellato, il cuoco, con perfetta uniforme professionale ed alto cappello cilindrico, si presentò ed espose il ricco menù con la lista dei vini. Domandò quindi al procuratore della Repubblica quale primo desiderasse, per avere tempo ad approntarlo, mentre sfilava la lista degli antipasti. Il Pm restò un attimo sovrappensiero, poi disse: “Spaghetti al pomodoro, e basta così". Il cuoco, che aveva trascorso il pomeriggio precedente e la mattinata a preparare ogni ben di Dio, arrossì e si trattenne dall’esternare l’arrabbiatura seguita alla richiesta formulata. Si metteva nel nulla la sua preparazione culinaria e di lavoro svolto con estrema attenzione.

L’assicurazione provvide a risarcire i genitori del ragazzo, anch’essi provetti sciatori e frequentatori abituali delle nevi limonesi e, con il ragazzo, particolarmente della pista in oggetto. Non vennero accertate, nel corso dell’istruttoria, responsabilità della società o delle persone indagate. Emerse che il ragazzo, con una decisione incauta, era uscito deliberatamente, ad altissima velocità, come già in altre occasioni precedenti, dal percorso ben segnalato. La pista risultò debitamente tracciata e gestita. Il risarcimento, pur in assenza di responsabilità penale accertata, consentì la sollecita archiviazione della vicenda, che avrebbe potuto essere ripresa in sede civile. In quegli anni si stava facendo strada l’obbligo giuridico delle società impianti di tutelare i clienti non solo durante la salita con i mezzi posti a disposizione a pagamento, ma anche nel corso della discesa, con segnalazioni adeguate di ogni eventuale pericolo. Tale obbligo compare ora nei regolamenti regionali. Occorre isolare ogni pietra emergente impossibile da rimuovere. Alberi e fabbricati siti nelle piste debbono essere circondati da coperture idonee anche se vicini al limite delle piste medesime.

Ancor oggi, se volontariamente si scia fuori pista, nessuno risarcisce coloro che se ne assumono la personale responsabilità, in quanto non si può addebitare alla proprietà degli impianti di risalita fatti dovuti a volontaria imprudenza, in assenza di omissioni accertate. Il sabato successivo ritornai alla seggiovia per fare il punto, con gli indagati e la società sul sopralluogo avvenuto. Ne approfittai per consolare il cuoco, la cui opera era stata assai apprezzata dai commensali. Le rimostranze verbali, coloratissime espressemi in merito agli “spaghetti al pomodoro e basta” sono state da me archiviate. Sulle quali mantenni sempre un opportuno e prudente silenzio: in quegli anni i rapporti fra procure della Repubblica e avvocati erano pessimi. Meglio quindi tacere, anche sugli “spaghetti al pomodoro e basta” al pranzo di gala. 

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