ATTUALITà
MARIO ROSSO - Il referendum costituzionale è sulla bocca di tutti. I telegiornali, i giornali (a dire il vero in modo più ponderato) e i talk show (questi in maggior misura e scriteriatamente) ci tempestano ogni giorno di frasi fatte. Anche quando incontro amici in città, inevitabilmente ne parliamo e constato amaramente che quasi tutti se ne sono fatti un’idea preconcetta, a favore o contro che sia. Sono assai rari quelli che avanzano critiche o apprezzamenti in ragione di valutazioni conseguenti a una conoscenza approfondita del testo. Ciò mi fa dubitare assai della serietà dello strumento del referendum.
La prova più lampante è il referendum inglese, la Brexit, nel quale la maggioranza risigata dei cittadini ha votato l’uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea più con la pancia che con la mente, più sull’onda della paura dell’immigrazione che per le più complesse ragioni che giustificano o meno una Unione europea e senza valutarne minimamente le gravi conseguenze. In questi giorni molti degli istituti che popolano la City hanno annunciato che nel 2017 la lasceranno per trasferirsi nell’Europa continentale e la sterlina sta subendo forti oscillazioni e una preoccupante svalutazione.
Uno studio della società di consulenza Oliver Wyman stima un danno fra i 35 e i 40 miliardi di ricavi (pari a 10 miliardi di gettito fiscale e 70.000 posti di lavoro in meno). Il ministero del Tesoro è un po’ meno pessimista: in 15 anni 66 miliardi in meno di gettito fiscale e una riduzione del Pil stimata nel 9,5%. Questo nel caso si dovesse scegliere la cosiddetta “Hard Brexit” la Brexit dura e, sostiene Leonardo Maisano (Sole24ore del 12.10.16), “Hard Brexit non è scelta certa, ma, oggi, è la più probabile, piantata com’è nei paletti che l’Europa pone a Londra – le quattro libertà del mercato unico non si spacchettano – e nella volontà britannica di recuperare piena sovranità e controllo sull’immigrazione …..”.
E’ facile immaginare quali saranno le inevitabili ripercussioni su prestazioni fondamentali come sanità, trasporti, scuola, senza parlare degli effetti della svalutazione, la tassa mascherata più ingiusta che possa esistere, una tassa non proporzionale che colpirebbe soprattutto i redditi più bassi condannando sempre più famiglie ai livelli di povertà (basti ricordare che uno stipendio di attuali 1.500 euro al mese con una svalutazione del 20% si ridurrebbe come potere di acquisto all’equivalente di 1.200 euro).
Ecco perché in questo mondo di informazione alterata e demagogica il referendum rischia di cessare d’essere un serio strumento di democrazia diretta per trasformarsi in qualcosa di assai meno nobile. Maisano commenta a proposito del referendum Brexit: “Anni, lavoro, danari gettati per un referendum deragliato da un muro di menzogne…". Già, menzogne, perché tali sono le affermazioni condite di esagerazioni, che non cercano di spiegare, ma puntano solo a sollecitare paure e istinti.
Ciò vale soprattutto per il referendum costituzionale. Ben pochi si son presi la briga di leggere la legge di riforma, e li comprendo perché non tutti sono giuristi o sufficientemente esperti in questioni di politica e, men che mai, sanno come realmente funzionano oggi Parlamento e Regioni. Credono a quel che dicono, in televisione e su internet, i personaggi che stanno loro più simpatici e andranno a votare come pecorelle.
Il referendum diventa uno strumento usato non per il suo scopo, ma per ragioni più volgarmente politiche (principalmente mandare a casa Renzi e prendere il suo posto) o, peggio ancora, si sta trasformando in una sorta di gioco, in cui i giocatori televisivi o di internet pensano soltanto a mettersi in mostra e a trarne personale vantaggio (non importa se la posta in palio è il benessere dei cittadini). Il referendum sembra essere tutto tranne che un momento importante per la vita del nostro Paese.
Che vinca il Sì o che vinca il No (come al momento sembra più probabile) non sarà così terribile; se vincerà il Sì non sarà una rivoluzione, più semplicemente si porranno le basi per un percorso di velocizzazione di un sistema parlamentare oggi sclerotizzato e costoso e un ridimensionamento dei poteri regionali in molti casi occasione di sperperi e ruberie, oppure, se vincerà il No, tutto rimarrà come prima (e lascio a chi legge giudicare se il “prima” sia il meglio).
Resterà in ogni caso una doppia profonda delusione: la delusione di un Paese incapace di pensare seriamente a riformarsi e la delusione riguardo a uno strumento di democrazia diretta (il referendum) sempre più pericolosa preda di ragioni e interessi personalistici e demagogici, che ben poco hanno a che vedere con la democrazia e ne sono anzi la negazione.
Tutto questo per dire al lettore: non permettere ad altri di usarti come strumento dei loro interessi, ascolta e poi controlla; ricorda che metà delle affermazioni che senti sono esagerate (e un concetto infarcito di esagerazioni diventa “menzogna”) e verificane l’attendibilità ascoltando la tesi opposta; ricorda che nessuna legge è perfetta e che chi la critica è sempre più avvincente di chi la difende, dato che è molto più facile criticare e distruggere che costruire.
Mario Rosso