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Raccolta frutta: la fine della stagione non diventi il lockdown dei diritti

CUNEO

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CUNEO CRONACA - Si è svolto in Prefettura di Cuneo un incontro al quale hanno partecipato Questura, Forze dell'Ordine, ASL territoriale, Regione Piemonte e Ires come rappresentanti del progetto FAMI Buona Terra, Cooperativa Armonia e i Comuni che hanno aperto siti di accoglienza diffusa nei quali dimorano i lavoratori stagionali che non trovano accoglienza presso le aziende frutticole. 

I Comuni partecipanti hanno manifestato preoccupazione per l'imminente lockdown con le conseguenti limitazioni alla mobilità e hanno quindi ipotizzato di anticipare al 10 novembre, venti giorni prima di quanto previsto, la chiusura dei siti di accoglienza, con l'intenzione di fare pressioni sulle aziende perché accolgano la manodopera ancora necessaria che dovesse rimanere priva di alloggio. 

CGIL e FLAI CGIL Cuneo esprimono preoccupazione per il senso e la prospettiva dell'operazione. Prendono le distanze da qualsiasi eventuale intervento delle forze dell'ordine. Ritengono che tali decisioni dovrebbero essere condivise con tutti i partner che hanno supportato la rete di accoglienza diffusa. 

ANDREA BASSO:“I lavoratori non devono essere asserviti alle logiche padronali: chi serve può restare e viene spedito come un pacco postale a vivere in azienda, chi non serve viene caldamente invitato ad andarsene. Si sta invece diffondendo tra i lavoratori il timore di dover lasciare in poche ore il territorio, con la conseguente impossibilità di far valere i loro diritti, rinunciando a contratti in scadenza e rischiando di perdere il salario, piuttosto che mancare l'opportunità di iniziare un nuovo lavoro nelle campagne del sud Italia”. 

Ai ricatti a cui sono soggetti i lavoratori stagionali, si andrebbe ad aggiunge la privazione delle garanzie minime per poter restare sul territorio, nel rispetto delle leggi e di quanto definito nei “Patti di accoglienza”. CGIL e FLAI CGIL Cuneo difendono il diritto al lavoro sicuro e il principio di autodeterminazione quali elementi fondamentali per la reale emancipazione di chi raggiunge il saluzzese alla ricerca di lavoro, in una condizione di evidente debolezza e ricattabilità. I problemi che riguardano i lavoratori stagionali di origine africana non sono riconducibili a questioni di ordine pubblico o sicurezza, sono questioni sociali e civili. 

ZENO FODERARO: “La rete di accoglienza non è soltanto un posto letto. Non è assistenza. E' un sistema che tutela i braccianti, l'anello più debole della filiera, dalle dinamiche da lavoro grigio che, verso la fine della stagione, si fanno più evidenti. Chi ha ancora un contratto in essere ha diritto di restare alloggiato dove si trova e, soprattutto, ha a disposizione ulteriori 20 giorni per attendere il pagamento in contante delle prestazioni di lavoro, per avviare o seguire le pratiche di rinnovo del permesso di soggiorno. E' quanto prevede il Patto di Accoglienza, firmato tra lavoratori e coloro che gestiscono l'accoglienza diffusa in nome e per conto dei Comuni. Rispettare quanto previsto è un principio basilare di equilibrio tra diritti e doveri. Se i Comuni decidessero di chiudere in anticipo, senza offrire alternative credibili, verrebbero meno agli accordi con i lavoratori”. 

Per la gestione dell’emergenza e garantire, in modo coordinato e condiviso, una sistemazione dignitosa a chi ha ancora un contratto attivo e a chi deciderà legittimamente di fermarsi durante l'inverno, era sufficiente attivare il comitato provinciale, costituito a maggio e che coinvolge tutte le parti in causa. 

PIERTOMASO BERGESIO: “Da un punto di vista della diffusione del contagio, la chiusura di strutture pubbliche che hanno garantito più di altre sistemazioni un'adeguata sorveglianza sanitaria e un luogo dignitoso in cui dimorare, esporrebbe i lavoratori e gli aspiranti lavoratori al rischio di essere percepiti dall'opinione pubblica come gli untori, mentre nelle strutture di accoglienza sono stati regolarmente sottoposti a controlli. Non si può dire lo stesso delle accoglienze in azienda, non essendoci ad oggi dati certi e condivisi”. 

Quanto ipotizzato in Prefettura si pone in forte contrasto con gli obiettivi del progetto finanziato con fondi ministeriali, che prevede lotta al caporalato, riduzione della zona grigia e definizione di un nuovo modello di convivenza nel quale la presenza dei lavoratori stranieri abbia un impatto positivo sulla vita delle comunità locali. Il dubbio è che i timori e le paure per la pandemia in corso stiano prendendo il sopravvento sul rispetto di esseri umani che vivono una condizione precaria, conosciuta da tutti i soggetti istituzionali e del terzo settore del territorio. 

DAVIDE MASERA: “Le decisioni assunte in Prefettura rischiano di minare il processo di riconoscimento e integrazione che caratterizza il progetto FAMI Buona Terra di cui siamo partner e nel quale ci riconosciamo. Anche se la chiusura verrà confermata, il lavoro dei nostri mediatori proseguirà nelle azioni che sono state condivise e definite nel progetto. Le azioni di allontanamento, senza formalità e fuori dalle logiche progettuali, delle persone da luoghi sicuri, non rientrano nei compiti dei nostri operatori. Questa logica è sbagliata nel merito, nel metodo e nei tempi oltre a mettere in discussione i principi di collaborazione che, pur nella diversità di visione, hanno caratterizzato mesi di lavoro e hanno permesso di raggiungere importanti risultati per i lavoratori, le aziende e la comunità. Vanno rispettati i patti di accoglienza e garantiti i diritti ai lavoratori del sistema frutticolo saluzzese”. 

Le Segreterie provinciali CGIL e FLAI CGIL 

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