CUNEO
LUCIO ALCIATI - Sono rimasto piacevolmente sorpreso nel leggere l’appassionante e godibile ricerca su i Laouze e Laouzatier a S.Pietro di Monterosso svolta dai nostri conosciuti valligiani: Diego Deidda, Davide Arneodo, Brunella Audello, Vittorio Dabbene, Gian Piero Dadone, pubblicata sulla sempre interessante rivista Lou Nouvel Temp N. 67 del 2017, in cui si narra che “la popolazione… nel 1804, all’uscita dal periodo di maggior crisi, si è praticamente dimezzata passando a 831 unità. Il crollo demografico è generato da una forte emigrazione, l’espulsione coinvolge principalmente gli individui giovani… Lo spopolamento è tanto che, dopo quasi un secolo, tornano i lupi sul territorio della Comunità che è costretta a organizzare battute di caccia.
Negli anni Venti dell’Ottocento la popolazione è tornata quasi ai livelli del 1790 (1.538 abitanti).
La crescita demografica del periodo della Restaurazione è stata sostenuta dalla diffusione della coltura della patata che diventerà il cibo base per l’alimentazione dei montanari (aut. De Bartolomeis 1847). Nella Comunità di S. Pietro si producono nel 1821, 184 quintali di questo tubero (aut. Ristorto ).”
Ciò è singolare per il fatto, che proprio a Monterosso Grana, secoli dopo, si sia voluto dar vita alla rivalorizzazione della coltura della patata come risorsa economica e riscossa di questo territorio, con la creazione dapprima dell’associazione per lo sviluppo, la promozione, valorizzazione e tutela della storica patata Piatlina e della patata Ciarda della Valle Grana, poi Valli d’Oc e, ora del Consorzio del Bodi con lo stesso scopo. Percorso che è iniziato in un bel giorno di fine inverno 2011.
Ed è anche singolare che in una cartina di inizio ‘800 una zona di questo comune veniva indicata come “Ciardolin “(chiamato ora “Sardolin”), ed era luogo di coltivazioni di patate.
Dunque c’è una storia e, per come la penso io, per questa appassionante testimonianza e per quanto ha beneficamente servito questa terra, donando cibo, reddito e rinascita, essa dovrebbe essere grata a tale umile tubero e dedicarne un meritato riconoscimento dichiarandola, magari, “Pais dei Bodi”.
Saranno segni, sarà destino. Lo spero.
Lucio Alciati