MONTAGNA
LUCIO ALCIATI - "Sulle rupi del Castello di Caraglio vive, da tempo, immemore, una benefica pianta di origine straniera: il Cardo Mariano. Che mai è lì? Ecco la sua narrazione leggendaria.
Un racconto che si muove nei chiaro scuri di un passato lontano ma che, come ogni leggenda, anch’essa ha una sottile radice che affonda in una realtà.
E questa realtà, tangibile tutt’oggi, è proprio l’insolita presenza del suddetto Cardo Mariano in questo luogo così lontano dal suo habitat naturale.
Tutto ha inizio in caldo pomeriggio di un sabato di tarda primavera. Si teneva, al teatro civico di Caraglio, la presentazione della copia anastatica dell’opera “Descrizione ed impiego di 200 piante medicinali della Flora pedemontana con l’aggiunta dei nomi in vernacolo piemontese” di Ottavio Gallo – 1917.
In quel frangente, l’illustre botanico prof. Mondino, nella sua dotta relazione , disse una frase che mi colpì: “presso la chiesa di S.Giovanni, sulla collina caragliese, è stata riscontrata la presenza del Cardo mariano, pianta mediterranea non indigena del luogo, probabilmente un relitto botanico tutt’ora vivente proveniente da una antica introduzione esterna da parte di monaci a scopo di coltivazione per le sue importati qualità curative”.
Incuriosito da tale ipotesi mi sono avviato alla ricerca di questa preziosa erba e effettivamente l’ho rinvenuta proprio nei luoghi indicati.
Tuttavia da ricerche che ho effettuato e da notizie raccontate pare che l’arrivo di questa salutare pianta negli angoli temperati della collina caragliese, presso la chiesa di S.Giovanni, fosse opera, non di monaci, ma bensì di riformati ovvero protestanti, ugonotti, valdesi.
Infatti il nostro paese, nel 16esimo secolo, ebbe un lungo e importante periodo di forte presenza e permanenza di una folta comunità protestante.
Una delle maggiori, se non la maggiore del Piemonte Sabaudo.
Un viavai di persone e personaggi che transitavano da Francia, Germania, Svizzera, per diffondere il luteranesimo, il calvinismo, il valdismo.
E, tra la divulgazione della loro teologia, trasmettevano anche il sapere delle erbe medicamentose di cui erano abili conoscitori e preparatori grazie alla loro errante predicazione che li metteva a contatto con diverse tradizioni.
Tra questi vi erano i famosi “Barba”. Una sorta di missionari del protestantesimo. Da li il nome “Barbet” per in dicare gli eretici.
Si produceva, quindi, un amaro tonico depurativo del fegato con assenzio e semi e piante di cardo mariano in infusione nel vino addolcito con miele.
E già allora erano a conoscenza che l’assenzio, oltre ai principi attivi curativi pare sia tendenzialmente ipotensivo (abbassa la pressione): al contrario il cardo mariano, potente depurativo è giudicato ipertensivo (aumenta la pressione). La loro miscela equilibrava.
La base del conosciuto Vermouth sembra origini da questa ricetta con aggiunte posteriori di altri aromi.
Gli ingredienti principali erano e sono proprio l’assenzio e il cardo mariano in vino zuccherato, liquoroso.
Ma anche la definizione di Vermouth è eloquente. Infatti deriva dal tedesco Wermut – assenzio.
E il collegamento con gli eretici tedeschi non è così azzardato.
Probabilmente il Vermouth ha radici caragliesi e la presenza insolita del cardo mariano sulla nostra collina ne potrebbe essere la prova della produzione di questo antico amaro eretico.
Un amaro unico: da riscoprire, rivalorizzare, riconoscere.
Lucio Alciati
Il Cardo Mariano o Cardo Santo o Cardo Benedetto (nome scientifico: Silybum marianum) è una pianta della famiglia delle Asteracee ed è diffuso nelle regioni del mediterraneo dal livello del mare all’adiacente zona collinare.
È un potente depurativo del fegato e per le sue proprietà benefiche, oltre alle tinture medicamentose è, da tempi immemori, impiegato nella produzione di liquori a base di erbe.
I prodotti derivati da questa pianta devono comunque esser assunti con cautela da chi soffre di ipertensione.
Il nome Mariano pare provenga dall’interpretazione delle striature bianche delle foglie che rappresenterebbero il latte della Madonna perso durante l’allattamento in un campo di cardi, durante la fuga in Egitto assieme a Giuseppe e Gesù bambino (Wikipedia).
Il Cardo Mariano è stato individuato presso le rupi del Castello di Caraglio dal prof. Mondino, nel 1958.
È tuttora individuabile in rari esemplari.
Per quanto sono a conoscenza, per ora, resterebbe l’unico riscontro così storicamente documentato nel territorio cuneese pedemontano.
E questo da a pensare.