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Quel concetto di patria che anima i cuori e le menti degli ucraini e del loro presidente

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Putin non è un pazzo, ma un criminale lucido e determinato, che gioca a scacchi sulla pelle degli europei e dei suoi sudditi. Così è avvenuto finora, perché si è preso gioco - dileggio compreso - dell’Europa e degli Usa. Forte dell’esercito finanziato con il 12% del Pil russo - l’America supera il 20 - scommette sul non intervento della Nato e sul potere del gas fornito a mezza Europa. In una guerra convenzionale contro gli atlantici, soccomberebbe per l’impossibilità di ripristinare gli armamenti e per l’economia già disastrata di un Paese neppure in grado di vaccinare gli abitanti contro il Covid. Tra Nato ed Usa, come potenza bellica, siamo a cinque contro uno. Con l’atomica e la possibilità effettiva di utilizzo disinvolto pur in questa guerra anomala, nessuno lo fermerà militarmente. Anzi, magari sogna, con la stessa forza già dislocata, di occupare Finlandia e Svezia, fuori dalla Nato. Magari il sogno si estende anche a riprendersi le ex repubbliche sovietiche, Polonia, Romania, Bulgaria, ex Cecoslovacchia, paesi baltici. Magari farà un pensierino sulla ex Germania dell’Est e sul ripristino del muro a Berlino. Hitler ha fatto ben di più. Non c’è finora paragone tra i due criminali.

La Turchia - Nato - si è offerta come mediatrice. Ha un rapporto dubbio con Putin e lo ha già dimostrato in Libia e in Siria. Tra dittatori ben armati, l’intesa è facile: naturalmente, sempre sulla pelle degli altri. Putin si è ripreso la Cecenia con due guerre. Per iniziare la seconda e occupare il Paese, ha fatto saltare in aria tre condomini abitati da russi e filorussi. L’incarico è stato svolto a regola d’arte da esperti del Kgb, su ordine putiniano. Attribuita la responsabilità ai ceceni, ha attaccato e soggiogato la Cecenia. Da come si svolgono gli eventi in Ucraina, viene a pensare che Putin non abbia messo in debito conto la resistenza Ucraina, che pare invece determinata e presente in tutto il territorio. Un conto è occupare l’Ucraina; altro è controllarla, città per città, territorio per territorio. Ben conosciamo l’occupazione tedesca sul nostro territorio e la lotta partigiana dopo l’8 settembre 1943.

Gli ucraini non fuggono dal Paese, salvo donne e bambini, accolti fraternamente in Polonia e Romania. La forza di occupazione russa - circa 150.000 soldati – non potrà controllare 44 milioni di ucraini. Occorrerebbero almeno 500.000 militari, continuamente vettovagliati e riforniti di carburante ed armamenti. Il territorio è più di quattro volte il nostro. Ciò che dà forza agli ucraini è l’amore di patria che porta alla difesa del territorio, delle famiglie, delle case, dei campi delle attività economiche, delle scuole, delle chiese, delle tradizioni. Tutto ciò è compreso nel vocabolo Patria. Etimologicamente deriva dall’aggettivo latino maschile “patrius”. Portato al femminile, Patria diventa il sostantivo che muove i cuori e le menti degli ucraini. Così spiegava Cicerone. Per i latini, patria è dove c’è il bene collettivo, originariamente del padre - il pater familias - che era padrone di tutto, anche delle persone che ne facevano parte. Chi per la patria muor, vissuto è assai: così cantavano i patrioti fratelli Bandiera Attilio ed Emilio, mentre venivano portati al plotone di esecuzione nel vallone di Rovito vicino a Cosenza dalla polizia borbonica il 25 luglio 1844.

La bandiera è la sintesi visibile della patria. Non lo era per il senatore Umberto Bossi, quando arringava il popolo padano. La folla proveniva anche dalle nostre campagne e città. Alcuni con le corna bovine in testa e l’abbigliamento che abbiamo visto riproposto dall’occupante, con i piedi, della scrivania di Nancy Pelosi durante l’assalto trumpiano al Campidoglio americano. Il popolo padano adorante assisteva a Crissolo alla cerimonia del riempimento delle ampolle alla sorgente del divo Po. Fanno ancora sorridere i padani costruttori del carro armato di latta per la prossima rivolta. Altri conquistarono ed occuparono il campanile di San Marco a Venezia. Salirono a stento con i fiaschi di lambrusco, pagnotte e salami nei cesti. Erano i rifornimenti che li aiutarono nella conquista e li confortarono durante l’occupazione, che terminò quando le bottiglie furono scolate e pane e salame finirono.

Tanti partigiani hanno eroicamente taciuto i nomi dei compagni di lotta e sono stati uccisi dalle torture delle belve nazifasciste dopo l’8 settembre 1943. La loro determinazione e l’eroismo appaiono nel libro: Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana. Tanto coraggio ci pare oggi fuori da ogni comprensione. La lealtà per i compagni e l’amore di patria li hanno portati all’estremo sacrificio. I giovani e non più giovani di oggi dimostrano più amore per il gas russo che per la Patria. Temiamo attacchi di Putin anche contro l’Europa. Per ora tale timore è limitato al freddo e alla carenza di elettricità, alle fabbriche in difficoltà, agli ospedali senza risorse ed anche al Pil in diminuzione, alle borse in picchiata, all’industria bloccata, alle azioni ed obbligazioni in perdita, alla crisi del turismo, la benzina alle stelle. Biden è rimasto ai bla bla. Ripete lo splendido isolamento anteguerra, come ha dimostrato con la vergognosa fuga da Kabul, che ha ripetuto quella da Seoul. Dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki l’America non ne ha indovinata una.

Noi italiani ci nutriamo di televisione e social, abbiamo sofferto con il Covid della mancanza delle partite di calcio, feste popolari, matrimoni, balere, discoteche, viaggi. Avevamo alzato un poco la testa ed ecco la nuova scoppola inattesa. Luce gas e carburanti sono alle stelle. Provvediamo a neutralizzare i maggiori costi con i quattrini destinati al Pnrr, indebitando sempre più figli e nipoti. Non siamo disposti a soffrire, altro che morire per Kyiv. Neppure rinunciamo a qualche grado di riscaldamento domestico. La Patria Ucraina non vale il gas, il pieno delle auto, la rinuncia all’ascensore. Mica pensiamo che un Parlamento incapace ad eleggere il Presidente e formare un Governo politico sia in grado di imporre sacrifici, rinunce e meno che mai dimostrare coraggio.

Ricordiamo Manzoni su Don Abbondio “Il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare”. Al primo annuncio di Putin di utilizzare l’atomica gli apriremo le autostrade, gli aeroporti. Magari visiterà anche Berlusconi in Sardegna e verremo occupati a tarallucci e vino, altro che la difesa della Patria. Altro che sanzioni devastanti. Temiamo che ci vengano addosso come un boomerang, ci preoccupiamo per le nostre esportazioni ed anche - addirittura - di non arrecare troppo danno all’amico popolo russo. Discutiamo - di qua e di là dell’Oceano - solo sulle sanzioni, sulla entità della devastazione che potranno portare a Putin. Attenzione, attenzione: possono nuocerci, la Russia può reagire. Biden ha ulteriormente confermato che l’America non andrà oltre le sanzioni. Al di là c’è solo la terza guerra mondiale, con il probabile olocausto nucleare della Terra. Da tempo si afferma che la quarta guerra mondiale verrà combattuta con clave e pietre.

Dopo quattro giorni la guerra lampo ha perso il “lampo”. È diventata tradizionale. L’invasore non ha provocato lo squagliamento dell’esercito ucraino. L’ex comico si è dimostrato un Presidente - votato con il 78% dei consensi - coraggioso, determinato, lucido, patriota. Guida la nazione seguito da tutta la popolazione. Si difende la Patria. I russi sparano anche sulle ambulanze, ma non sono riusciti ad occupare l’Ucraina. Germania, Francia, Gran Bretagna e Belgio inviano armi. Nel frattempo i patrioti hanno distrutto strade di comunicazione e ferrovie, affinché gli invasori si trovino senza rifornimenti e munizioni. Più durerà la resistenza, più si avvicinerà la probabilità di un secondo Afghanistan, con nuova ritirata russa.

Noi temiamo di restare al freddo, avversando Putin. Gli ucraini, in buon numero, non hanno più case da riscaldare, scuole da frequentare, strade e ferrovie da percorrere. Lottano per sé stessi, le loro famiglie, la Patria. Potrebbero fuggire, ma sono rimasti. Le donne fabbricano molotov per colpire carri armati. La maggiore preoccupazione per alcuni milioni di nostri cittadini è doversi vaccinare contro il Covid. Il flop della guerra lampo ucraina potrebbe significare l’inizio del tramonto putiniano. Gli avvicendamenti al potere in Russia non sono indolori per chi cade. Sempre imprevedibili. È la caratteristica delle dittature, che oggi, eufemisticamente, si chiamano democrature. Diciamo tutti: “Forza Ucraina”. 

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