CUNEO
LORENZO PALLAVICINI - A trent'anni dal crollo del muro di Berlino, ogni cittadino europeo dovrebbe chiedersi se da quel giorno il mondo sia davvero migliorato e progredito in termini di sicurezza, lavoro, diritti umani ed ecosistema. Fu commesso un errore quel giorno, non da parte dei cittadini di Berlino - che giustamente festeggiavano un avvenimento per loro memorabile - ma da parte di molti governi occidentali, i quali pensavano che con la caduta del sistema sovietico tutti i mali del mondo sarebbero svaniti.
Ad oggi si può vedere come quelle previsioni si sono rivelate quantomeno esagerate. Pur con i trattati firmati negli anni immediatamente successivi alla caduta del muro, come quello di Maastricht, si può dire che oggi l’Europa sia davvero unita? Come ignorare, infatti, la disparità tra Nord e Sud Europa che continua ad allargarsi, o la diversità di standard democratici tra i paesi dell'Europa occidentale e alcuni membri dell'Europa orientale che ammiccano a stili un po’ diversi? Uscire dall’Europa, come paventano alcuni, è impensabile per una provincia come quella di Cuneo dove il 70% delle esportazioni avvengono nella Ue, ma servono nuovi valori da condividere tra tutti i membri, altrimenti le crepe diventeranno più grandi e non si tapperanno con un po’ di mastice.
Si riparta, per iniziare, da due pilastri: i confini dell'Europa, che non possono essere delegati al singolo Stato ma devono riguardare tutti gli europei, e le regole sul lavoro, le quali senza uniformità creano casi fra Stati membri (vedi la vicenda che ha riguardato la multinazionale Mahle, con sede anche a Saluzzo). Delegare questi problemi, come è stato fatto fino ad oggi, soltanto ai singoli Paesi, è come mettere la polvere sotto il tappeto: soluzione temporanea e non soddisfacente a lungo termine.
Lorenzo Pallavicini