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Riti del Sabato Santo, momento irrinunciabile anche nei limiti attuali

CUNEO

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LUCIO ALCIATI - Il Sabato Santo, la vigilia della Pasqua, la Resurrezione del Cristo, la sera magica.

Mio padre mi narrava della ancestrale tradizione, del rituale di fede e speranza che avvolgeva la sera del Sabato Santo.

Mio padre era di un piccolo ma laborioso paese di Asti, Vigliano. E come la maggior parte dei suoi abitanti, da molte generazioni, con i nonni e gli zii, coltivava le viti sulle amene e sinuose colline plioceniche, producendo ottimo vino Barbera. Poi, il susseguirsi di grandinate violente lo ha costretto ad emigrare, ventenne, a Caraglio, dove conobbe mia madre e continuò a produrre e vendere il buon nettare, fino alla sua prematura scomparsa.

Nei suoi luoghi, nella tradizione della sua terra, la sera del Sabato Santo era considerata il momento più importante, l’appuntamento irrinunciabile.

Si attendeva il suono delle campane a festa che inneggiavano il Canto del Gloria per la Resurrezione del Cristo, per abbracciare gli alberi da frutto e le viti affinché la produzione dell’anno fosse feconda.

Si bagnavano gli occhi con acqua di ruscello o di fonte vicino a casa affinché preservasse la vista.

Si bagnava l’orto affinché divenisse abbondante .

Ancora adesso, io aspetto questo momento per fare lo stesso.

Quest’anno, nei limiti prescritti da questa maledetta emergenza.

Forse l’annata agraria passerà come passerà, la vista calerà per l’età, ma il gesto di rispetto e di speranza, al di fuori delle proprie posizioni, aiuta e fa stare bene.

E poi, chissà.

Lucio Alciati

 

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