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I primi 30 anni dei disegni di Mussino riprodotti da Carlet e Meo sui muri delle case a Vernante

CUNEO

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SAVINO ROGGIA - L'esistenza dell’uomo, versione vitruviana e collodiana, ha le ore contate? Per le avanguardie del postumano sembra di sì. L’efficienza della tecnologia e la disponibilità d’intelligenza artificiale non sono considerate solo come un traguardo, perché moderno “rinascimento” per l’uomo, ma anche un’opportunità per guardare oltre, al post umano. Anzi, “il suo il divenire è già un processo di ridefinizione del senso di connessione con il mondo condiviso e l’ambiente: urbano, sociale, psichico, ecologico o planetario che sia”. Quindi, Epimeteo sappia che l’uomo godrà di eterna giovinezza e di potenziate capacità intellettuali, fisiche e psicologiche. Vedrà al buio e resisterà alla fatica. Con addosso un esoscheletro e qualche chip da qualche parte del corpo sarà un vivente senza età, performante, creativo, empatico e scattante. Le palestre chiuderanno: per mantenersi pimpanti basterà collegarsi alla rete.

 
E che nessuno rida o pianga. Tutti riprendano a pensare. In un contesto storico come l’attuale, storditi da novità conoscitive e applicative a iosa, rabbuiati da informazioni incerte e orfani dello Statista scafato a mediare per il bene comune, si corre il rischio di subire la volontà di chi urla forte e a lungo. Anche Prometeo non elucubri un ritorno al passato: chi ha provato l’elettricità mai è tornato alla candela. Lasciamoci, invece, coinvolgere dai postumani e cerchiamo di far vincere il giusto e il necessario. 


Per il postumano radicale, l’ancorarsi alla tecnologia e al progresso in tutti campi lo rende un vivente fragile e utopico. Da quando si agisce in virtù degli effetti e non delle cause, anche remote, che sono alla base di tanto bisogno di cambiamento? Per non dire di ombre ulteriori che circondano la tesi del postumano. Dall’atmosfera, cara al signor “tentenna”, tra fronde, mezze verità, poca o nessuna formazione e linguaggio incerto. Al tramutare l’avanzamento culturale dell’intelligenza artificiale in epifania del postumaesimo, di uomo oltre; e all’abbondante produzione di concetti, un vero arsenale dialettico per vincere chi oserà opporsi. 


Linguaggio e contenuti sono costruiti: propongono equivalenze ardite tra l’essere e l’apparire, la coscienza e l’incoscienza, l’economia e la finanza, il piccolo e il grande, la saggezza e la sapienza, e... la carità e la beneficenza. Il codice è congegnato per farsi ascoltare e seminare idee di evoluzione, regno non umano, tecnologie dell’esistenza e decentralizzazione dell’umano dal centro del dibattito. Quindi della conoscenza uomo-macchina che sarà amica, non ci sarà bisogno di ribellarsi: è quasi un gioco tra intelletti fini. Non avrà nulla di sacro: non garantirà all’umanità alcun posto in prima fila nei futuri post-biologici. Sarà, invece, tecnogenesi, corredo ulteriore dell’umano. Insomma si smantelleranno i confini tra organismo e macchina, il confine tra fisico e non fisico, e in ultima analisi, il confine tra la tecnologia e il sé. 


Non mancano le domande, l’attività umana più difficile! E’ vero che nessuno può sostenere con alto grado di sicurezza, che siamo sempre stati umani, o che non siamo null'altro all'infuori di questo? E offrono precisazioni: chi non è capace di dare una risposta, una qualsiasi risposta? Attenti che per «umano» intendo quella creatura - un po’ stantia- che ci è diventata tanto familiare a partire dall'Illuminismo e dalla sua eredità, è il soggetto Cartesiano del cogito, la kantiana comunità di esseri razionali o, in termini più sociologici, il soggetto-cittadino, titolare di diritti, proprietario, ecc.


Intanto, svalutano a luogo comune il termine umano e il consenso intorno al quale si è costruita la nozione di diritto. Per arrivare al dunque, al lancio della new entry “postumana” nel divenire dell’umanità: “causa (non sono cause, sono effetti!) gli odierni progressi in ogni campo e interessi economici globali (il Re del mondo del giorno d’oggi) che spingono al cambiamento. Invece, le forze sociali conservatrici (forse l’uomo libero e pensante?) e religiose frenano o al più si adoperano per riscrivere l'umano all'interno dei paradigmi della legge naturale.”


Per concedere il tappeto rosso a… “Dopo la condizione postmoderna, postcoloniale, postindustriale, postcomunista, persino dopo la contestata condizione postfemminista, (gli ulteriori post… tutti di natura ideologica, li lascio alla meditazione del paziente lettore), ci troviamo oggi a vivere la difficile situazione postumana. La condizione postumana, lungi dal costituire l'ennesima variazione in una sequenza di prefissi che può sembrare infinita e arbitraria, apporta una significativa svolta al nostro modo di concettualizzare la caratteristica fondamentale di riferimento comune per la nostra specie, la nostra politica e la nostra relazione con gli altri abitanti del pianeta. Tale questione solleva una serie di domande intorno alla struttura stessa delle nostre identità condivise – in quanto umani – colta nel bel mezzo della complessità delle scienze attuali, delle relazioni politiche e internazionali. Non umano, inumano, antiumano sono oggi al centro di molti discorsi e molte rappresentazioni, mentre disumano e postumano proliferano e si sovrappongono nel contesto delle società globalizzate e tecnologicamente guidate.”


Ma chi e dove si parla di tanto? 


I discorsi della cultura mainstream spaziano dalle ostinate discussioni economiche sui robot, le protesi tecnologiche, le neuroscienze e i capitali biogenetici, fino alle più confuse visioni new age del transumanismo e della tecnotrascendenza. Il potenziamento umano è il punto centrale di queste discussioni. Ecco fare il suo ingresso l’ideologia, sua signora ideologia quale fu il fascismo, il comunismo, il nazismo… “Inadeguata è la cultura accademica: il postumano è ora celebrato come nuova frontiera per la teoria critica e culturale, ora respinto come l'ultima moda nella serie dei noiosi post. Il postumano suscita entusiasmo e ansia allo stesso tempo4 rispetto alla possibilità di un serio decentramento dell'Uomo, misura prima di tutte le cose. Vi è una diffusa preoccupazione circa la perdita di importanza e supremazia che sta interessando la visione dominante del soggetto umano, e il campo di studi a esso attiguo, ovvero le scienze umane”.


L’affannato postumano aggiunge… “Secondo il mio punto vista, il comune denominatore della condizione postumana è l'ipotesi secondo la quale la struttura della materia vivente è in sé vitale, capace di autorganizzazione e al contempo non-naturalistica. Rimane, tuttavia, da capire se questa ipotesi postnaturalista, alla fine, si limiti a concludersi nelle sperimentazioni ludiche intorno ai limiti della perfettibilità del corpo, nel panico morale per la scomparsa di credenze vecchie di secoli circa la «natura» umana o nella caccia orientata al profitto dei capitali neuro-genetici.”


Con spirito dialogico, caro designer di futuro ti scrivo…, apprezzo il paradigma, ma non può essere la pecora Dolly nel prato o un drone nel cielo per animare un dibattito sulla futura condizione umana virandola al pessimistico termine postumano sotto il cui ombrello ricovera un indifferenziato Transumanesimo, Nuovo Materialismo, Antiumanesimo, Metaumanesimo e altro. Ben vengano invenzioni che realizzino l’utopia di infinita perfettibilità e d’immortalità, ma l’uomo resti uomo anche da morto. E non si taccia di conservatorismo chicchessia: in una stagione storica come l’attuale che ci vede storditi anche da cotanta novità, è saggio fermarsi per comprendere alle radici il problema, prendere coscienza di dove ci troviamo e decidere per dove spiegare le ali. Se ci troviamo sulla circonferenza di un cerchio ( l’espansione della conoscenza ha forma circolare) scegliere la via centrifuga ci allontanerà l’un l’altro tanto da non vederci, sentirci e quindi non più comprenderci. Se ripensamento ci debba essere, non può pensare al buon viaggio dell’uomo che non sia centripeto. Il ritorno all’origine, al punto di partenza, al centro del cerchio, là dove riconosciutici chi siamo, definito da dove veniamo e preso coscienza di quali disastri ci siamo macchiati nella storia, ritentiamo una nuova partenza con una mente dialogante con il cuore.

 

Questo umano legato alla natura ha ancora traiettorie da vivere per migliorare. Leonardo con il suo uomo Vitruviano sistemato in un quadrato inscritto in un cerchio e Collodi con il suo Pinocchio in libera uscita per le strade di quel granello di sabbia avvolto da una bolla di aria che è la Terra, parlano di queste cose. Sì, Pinocchio e l’uomo Vitruviano sono affini! E non perché i rispettivi padri, Collodi e Leonardo da Vinci, ce lo fanno sapere dall’attico da cui sicuramente se la spassano nella parte più alta della Gerusalemme celeste, ma per il semplice fatto che da vivi ce l’hanno messa tutta per dirci dell’uomo - galantuomo il quale, pure nelle peggiori circostanze, può e deve verticalizzare il suo agire: in quanto parte del creato ha il dovere di armonizzarsi ad esso rispettandolo, difendendolo e migliorandolo. Anche se a volte è sembrato altro, resta il tramite che lega l’assioma: quello che sta in alto ha il suo corrispondente in terra e quello che sta in terra ha il suo equivalente nel cosmo.

L’atomo e il cosmo hanno attinenze dimostrate. Il post umano che mette al centro della scena un nuovo uomo con la testa di altro uomo o di un animale, per non dire del mix di materiale genetico di una pianta o altro, è una cultura audace, frutto di una ragione dogmatica che non mi appartiene. Il “poterlo” fare non autorizza nessuno a farlo! Certo, mi incuriosisce ma anche mi terrorizza, e non solo perché si manipola l’identità del soggetto, ma anche per i seguienti motivi: perché farlo e per il pro di chi? E poi perché costruire uomini “migliori” omologati e mentalmente manipolati? Saranno felici tali viventi? 


In quel foglio ingiallito, Leonardo riporta non solo i parametri secondo i quali una sua disposizione in terra (quadrato) trasla l’equivalente corrispondenze nel cielo (cerchio), ma parla anche di uomo intimamente galantuomo e non solo ideale nell’anno domine 1490. Può benissimo essere stato un post it o un promemoria da cui sbirciare i dati per mantenere la rotta e il fine dell’uomo Leonardo, della sua Opus, della sua Zoe! Una bussola comunque tarata su una vita vissuta e olistica di cui l’uomo, quell’uomo e quest’uomo era ed è portatore, cercatore e fruitore in terra  della bellezza del creato, sia che lo si guardi dalla terra che dal alto dei cieli. Non si dice che la Gioconda sia una opera incompiuta e riprodotta in molte copie? Forse è da biasimare che l’opera umana è e sarà sempre un lavoro incompiuto? Oppure, quel continuo rifare, copiare, sperimentare non ci narra che Leonardo alla pari di ogni altro vivente era alla continua ricerca della perfezione? In quel foglio ingiallito diversamente simboleggiato sono contenuti i suoi contributi alla Tradizione, espresse da sempre anche nella costruzione di Templi, Cattedrali e di edifici sacri in genere. Una cattedrale si edifica ancora oggi secondo rituali e atti che si perdono nella notte dei tempi. La scelta del sito, la determinazione dell’asse verticale (guglia centrale), il quadrato del Cielo o l’orientamento nello spazio, la quadratura del cerchio primitivo o quadrato della Terra, costruzioni e consacrazione corrispondono ai sei giorni della Creazione.


Insomma, l’uomo, e non solo quello di oggi, si è trovato spesso spaesato in casa propria. La soluzione rimane una sola, la stessa, quella comunicatoci dall’uomo Vitruviano e quello Collodiano. Entrambi hanno vissuto epoche straordinarie. La prima formulata durante il più grande dei tanti rinascimenti dell’uomo. Ai tempi di Leonardo, la vita dell’uomo girava intorno al viaggio, alle nuove terre da scoprire e conquistare. Si doveva celebrare la grandezza dell’uomo! Tutto era un divenire. Il motore del commercio e dell'esistenza comoda e fastosa portò la frenesia della conquista e della spogliazioni di civiltà definite barbare (pre-rinascimento). Anche allora, chi ricordava la Zoe che accumunava ogni essere umano veniva isolato, travolto e pure arso.


La seconda, comunicataci attraverso Pinocchio, ci riporta allo società, non meno stordita, di fine ‘800, il secolo della potenza offerta dalla meccanica, chimica, elettricità, dalla disponibilità di cibo e quindi dalle guerre infinite per primeggiare.


In punta di piedi e con ironia Collodi indica al mondo la sua bambinata quale rimedio, non meno faticoso, per migliorare davvero il mondo. Esplicita, integra e rende viva la figura dell’uomo Vitruviano. Il viaggio di Pinocchio è verticale a prescindere dalle situazioni della vita: il suo naso è sempre puntato verso l’azzurro cielo. Gli scossoni inevitabili lo disturbano non più di tanto: è fatto di legno grezzo ed è in viaggio per un traguardo grandioso: trasformare il meschino e superbo uomo in essere pensante. Certo che l’opera più grande costruita dal più grande degli uomini di tutti i tempi, è stato il frutto del lavoro di molti, moltissimi a gloria di chi ha partecipato e chi verrà dopo: Pinocchio opererà con una squadra di specialisti con Mastro Geppetto responsabile del progetto in generale; i disadattati Mastro Ciliegia e Giudice dagli occhiali d’oro senza lenti a segnare i tempi di avanzamento;  Mangiafuoco a spendere zecchini per combattre il pregiudizi; e la Fatina ad accogliere e recuperare i disorientati nella  SPA. Circa le suggestioni, la paura che rende burattino l’uomo e la passione di realizzare tutto e subito la Zoè, sono cooptati ad interim da Pinocchio stesso, il più bravo nel vagliarle attraverso i setacci della saggezza, forza e bellezza.


Sì, caro lettore, per tenere a bada la proposizione del postumano, il padre di Pinocchio inviterebbe a rileggerlo anche attraverso Pinocchio senza naso. La frase introduttiva “C’era una volta … “Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno” consegna le chiavi per entrare finalmente nelle Avventure di Pinocchio, precisando che a motivarle sarà il desiderio del vero e del giusto che arde nell’uomo, e che la trama sarà ordita con i fili d’oro del ragionamento e dell’intuizione. Il significato letterale incanterà come ogni favola, ma non sarà tutto: altre letture e argomentazioni andranno presagite legando tra loro storia, storie e saperi, per la gioia dell’avventura e la ricerca della verità inseparabile compagna dell’opera umana. Certamente un’avventura ha sempre a che fare con una testa coronata, un superman, uno che nella vita conti, ma costui resta una figura sociale, professionale o di diletto a scadenza breve, non assurge a motore quale fu il Re dei re. Per questo non è il caso farsi distrarre dalle apparenze o dal “così fan tutti”. Solo chi ubbidisce alle abitudini ha bisogno del potente, dell’eroe, della raccomandazione o della guida che gli consigli cosa sognare, leggere, ascoltare, vedere, mangiare e soprattutto comprare. Il tesoro della verità può nascondersi ovunque, anche in un pezzo di pegno.

 

Geppetto è l’uomo che ascolta, comprende e agisce. Non sopporta chi si arroga il diritto di giudicare gli altri, pur incapace di penetrare la superficie degli eventi, di capire che una capigliatura posticcia, assimilata a un berretto, può velare un uomo – tutt’altro che risibile – attento cercatore delle forze che legano l’io agli altri, al cielo e al Tutto. Mastro Geppetto è un personaggio scoppiettante e cristallino, come deve essere un uomo in grado di indicare al confuso uditorio la regola di pensare con la propria testa, tacere su ciò che s’ignora e parlare meno del necessario di quello che si conosce. Il suo eclettismo è quello del questuante di verità a prescindere dalle apparenze, cosciente che lo spazio da esplorare, prima di glorificarsi in traguardi lunari, è quello della propria interiorità. Non si cura che tanto traguardo possa essere ai più irraggiungibile, incomprensibile e indigesto. Ben sa del loro limite di trascinarsi tra passioni e sentimenti, biada per nutrire la bestia della paura pronta a vestire il non disciplinato da altro, da dissidente e quindi da nemico. Per Geppetto ragione, coscienza e universi sono tutto, anche medicina per rialzarsi quando affaticati si crolla e si è ridicolizzati come bizzosi e incomprensibili. 


Collodi come Leonardo mette in primo piano l’umana coscienza. Nessuno può impedire all’uomo di accedervi per ascoltarla, riflettere e scegliere i propri comportamenti alla luce dei doveri  e del diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge, alla morale e alla libertà altrui. Pinocchio, insomma, dopo il primo contatto con la società è obbligato a rientrare a rotta di collo in se stesso per riprendersi dalla batosta ( fece arrestare Geppetto!) e  prendere atto delle proprie debolezze, combatterle e vincerle. Ragion per cui, entratovi, s’isola, anzi si barrica, e ascolta. Un suono poco umano rompe l’atmosfera. Un cri cri cri, al più noto all’uomo Mastro Ciliegia, si rivela e presenta le sue credenziali di vecchio inquilino. Per dire, caro Pinocchio non sei nato dal nulla: l’ambiente dai cui provieni e che ti sta accogliendo, ti ha lasciato in dote una condotta a cui devi attenerti. 


È la scintilla che incendia Pinocchio. Quel tono di voce, compassata e sicura, non gli piace, e Collodi ne spiega il motivo. Il mondo gira male perché la coscienza collettiva è stantia, il Grillo parlante la abita da più di cento anni. Per il burattino è tempo che sloggi perché questa stanza (la coscienza) è mia, è solo mia.


E il Grillo parlante? … un’invenzione geniale che permette al burattino di prendere contatto con la coscienza e al mondo di ascoltarla in modo simpatico, senza cupezza dottrinale o ricorsi al mobbing con mostri, peccati e diavoli. Affascina sapere che, se l’avvicinarsi alla verità è la meta del viaggio, se la durata della vita è il tempo da dedicarvi, i suoi puntuali interventi determinano l’ampiezza entro la quale il viaggiatore potrà discostarsi dalla retta via senza cadere nell’errore. 


Quel richiamo è severo perché obbliga all’ubbidienza e all’ordine; il dargli ascolto resta una risposta salvifica, soprattutto in una realtà che eleva a libertà il rischio di naufragio. Il Grillo parlante rappresenta l’interiorità su cui Pinocchio, il ragazzo, l’uomo deve lavorare per elevare ogni volta la tonalità del suo sentire alla nota superiore: a maturità sarà la coscienza interiore, maneggiata con i mezzi di una mente evoluta. 


Pinocchio rigetta le credenziali del Grillo perché agiscono in virtù di consuetudini e leggi dettate dall’uomo, non attinte dal discorso della Montagna, né legittimate dalla Tradizione, sempre attenta a guardare al futuro senza trascurare le origini, il tempo in cui l’uno conosceva l’altro come fratello e in materia di giustizia attingeva al libero arbitrio. Si sarebbero risparmiate le cosiddette rivoluzioni del mondo, inclusa quella fraintesa del burattino che in libera uscita per la prima volta per le strade del mondo finisce subito male proprio come ogni ribellione.


Parlare con la coscienza, vivere il silenzio interiore per ascoltarsi e ascoltare l’altro senza il gracidare delle rane nel cuore e nella testa, è lavoro da ragazzi in gamba.


E Pinocchio, pur alle prime armi, consapevole del suo impegnativo traguardo, è pronto a ogni sacrificio. Sembra che fatichi a stare dietro alla sua coscienza. Il grullo che si porta dentro sembra orientarlo alla scorciatoia del perfetto ingrato che, infischiandosi dei doveri, vive di presente per cui, fatto arrestare il padre, tende pure a far fuori la coscienza: ma non è così. Quella che rigetta è la coscienza rappresentata dal Grillo parlante che lo lascerebbe burattino. Per Pinocchio la coscienza è unica, personale, frutto del tempo e non trasferibile. Gli intima, quindi, di andarsene senza nemmeno voltarti indietro. E non per trattarla come se fosse un fazzoletto da ricorrervi al bisogno. Il rapporto uomo-coscienza è vincolo indissolubile, rinsaldato da valori mutabili e mai annullabili che altri prima hanno accumulato, trattato e affidato alla cura di chi verrà. La coscienza è un flusso inestinguibile di relazioni che può attenuarsi, ma mai estinguersi, certi che qualora dovesse succedere, quest’uomo si chiamerebbe con un nome diverso. Postumano?

 

Savino Roggia


(Dal Convegno ZOE’, esistenza e vita dall'uomo vitruviano al post-umanesimo Centro Cicogne” Racconigi

 

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