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Quando si muore per un atto di grande generosità

CUNEO

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Aveva 57 anni, era cacciatore e appassionato di fauna selvatica, già muratore frontaliero in Svizzera, risiedeva a Craveggia, in Val Vigezzo. Nel maggio scorso si era sposato, in seconde nozze. Stava rientrando a casa, guidando con la consueta prudenza, nella tarda serata del 23 giugno scorso, in compagnia della moglie. Giunto a breve distanza dal paese, vide un capriolo ferito a bordo strada. Era stato investito da un'auto che non si era fermata a soccorrerlo o comunque a segnalare l'ostacolo.

Non così fece l'uomo, che si fermò, prestò soccorso all'animale, chiamò un veterinario, immediatamente resosi disponibile e ne attese l'arrivo. Invitò la moglie a mettersi alla guida dell'auto, rassicurandola circa il ritorno, che sarebbe avvenuto con l'auto del veterinario. Mentre ne attendeva l'arrivo ed accarezzava l'animale ferito, a bordo strada, sopraggiunse un'auto, che travolse l'animale ed il soccorritore.

Ciò avviene abbastanza frequentemente, soprattutto in autostrada, quando i soccorritori sono persone generose che obbediscono non tanto ad un obbligo giuridico, ma soprattutto dimostrano disponibilità immediata, tale da non poter porre in atto segnalazioni, non sempre osservate dagli investitori. Perciò, in un solo istante, il capriolo ferito ed il generoso soccorritore sono stati falciati.

Le responsabilità dell'investitore del capriolo per l'omesso soccorso, nonchè quelle del settantanovenne che ha successivamente falciato uomo ed animale, sono all'esame dei carabinieri intervenuti. Si può morire - spesso avviene - per generosità verso gli altri. Frequentemente per aiutare persone, in varie circostanze.

Nel buio dei campi di sterminio c'è stato chi si è offerto per essere ucciso in sostituzione di altri. Dove più è stata offuscata la ragione, è apparsa splendida la solidarietà. L'uomo, vittima di altri uomini che avevano dimenticato la loro natura, ha saputo invece ricordare la sua origine divina, il prevalere della ragione sulla barbarie; della generosità sulla malvagità.

Nei periodi più bui, la fiamma dell'umanità è stata portata avanti da eroi, dei quali abbiamo avuto bisogno. Il destino nei confronti dell'uomo è stato crudele, non consentendogli di attendere l'arrivo del veterinario e di seguire le cure, come aveva già fatto in altre occasioni nei confronti della fauna selvatica. Morire compiendo un atto di generosità verso un animale non differisce dal donare la vita per un proprio simile. Ciò che commuove è l'aver atteso, accanto all'animale ferito, accarezzandolo, l'arrivo del veterinario, che pure ha dimostrato disponibilità e tempestività.

Gli animali sono presenti nella nostra vita. Quelli domestici - cani e gatti - monopolizzano il nostro affetto per le dimensioni e le abitudini alimentari e di vita più conciliabili con le nostre. Una recente notizia narra dell'inseparabile amicizia con un cinghiale, salvato da un cittadino di Laigueglia che lo aveva trovato, appena nato, sulle colline di Alassio. Ora ha quattro anni, è ospite di una fattoria didattica, perchè non è stato possibile ed opportuno rimetterlo in libertà. Si chiama Grufi. Riconosce l'arrivo del salvatore, gli corre incontro, si fa accarezzare, lo accompagna nel bosco. La visita si conclude con uno spuntino a base di ghiande.

Gli animali sono capaci di provare e dare affetto e soprattutto riconoscenza. Taluni però non dimenticano le offese subite. Un'elefantessa, a distanza di parecchi anni, ha ucciso, afferrandolo con la proboscide e sbattendolo al suolo, un inserviente che l'aveva picchiata e soprattutto aveva picchiato il suo piccolo. Sia l'animale che la vittima, dopo anni trascorsi in circhi diversi, si erano casualmente ritrovati. L'elefantessa non aveva dimenticato.

Piercarlo Barale

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