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Per le Politiche 2023 potrebbe sorgere qualcosa di nuovo a sconvolgere i vecchi riti

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Draghi a Palazzo Chigi rappresenta di fatto l’esclusione dei partiti dalla programmazione, ridimensionandoli alla politica spicciola, ormai consueta, divenuta l’unico obiettivo al fine della sopravvivenza. Le formazioni politiche principali, escluse quelle del 2% nei sondaggi, i berlusconiani senza leader e Fratelli d’Italia, l’unica effettiva opposizione - in progressivo e costante aumento di consensi - rappresentano carrozzoni acchiappavoti in declino. Prova ne è la differenza enorme tra gli eletti in parlamento nell’ultima consultazione ed i sondaggi. Questi ultimi, giovandosi degli onnipresenti algoritmi, rappresentano la realtà effettiva, con limitatissimi scarti. Fotografano i consensi attuali. Una istantanea che si ripete ogni giorno. Resta però l’incognita insuperabile tra gli intendimenti espressi ai sondaggisti ed i voti che verranno depositati nelle urne.

È in crisi Grillo, con i suoi pentastellati in lite con Casaleggio junior. Attende lo sblocco della situazione per affidare a Conte la guida del partito-movimento. La truppa di Letta appare spaccata tra alleanza-matrimonio con i pentastellati e strada autonoma. L’unica forse che farebbe recuperare un consenso ora malato e viziato da anni sciatti, impersonali e attendisti. La Lega salviniana cerca l’eterno nemico per l’altrettanta eterna battaglia di propaganda.

Salvini vuole compiacere commercianti, albergatori, ambulanti, ristoratori. Non appena la situazione dei contagi, grazie alle vaccinazioni, consente spiragli di libertà, se ne attribuisce il merito. Se tutte queste categorie, riconoscenti, lo premieranno con i voti, non ci sarà più partita alle prossime consultazioni, già dalle amministrative d’autunno. Si muove al governo e all’opposizione, alla Bertinotti, senza però forzare troppo, come fece il duro e puro passato alla storia per il tradimento ed i golfini di cashmere. Salvini minaccia, di volta in volta, di non votare alcuni provvedimenti.

In merito alla pazienza infinita di Draghi, occorre ricordare come si espresse Cicerone nei confronti di Catilina, con la correzione riferita a Salvini: - Quo usque tandem abutere, Salvini, patientia nostra? -. Stazionari, se non in diminuzione, i nanetti: da Renzi a Toti, con Calenda scalpitante per Roma. Dei berlusconiani è meglio tacere, ignorando i loro programmi, non comprensibili dai vari portavoce. Meloni esulta, forte della veste di quasi esclusiva oppositrice, furbacchiona però nell’astenersi sui provvedimenti governativi. Votare contro decisioni necessarie per il paese sarebbe suicidio.

Non è solo in questi giorni che tutti studiano - eccetto Meloni, che attende e gioisce - cosa succederà per la presidenza della Repubblica in scadenza. Salvini desidera ardentemente che Draghi - predestinato e pienamente meritevole - sostituisca Mattarella, eletto alla prima votazione. In tal modo si dovrebbe procedere ad un nuovo governo, che dovrebbe tenere lo stesso profilo per gli impegni europei. Se risultasse zeppo di incapaci, proni ai capi partito e con maggioranze in bilico fin dall’inizio, addio miliardata.

Con Draghi al Quirinale, se ne andrebbero probabilmente i ministri dallo stesso scelti: capaci e competenti per i dicasteri loro affidati, finora ben operanti. In primo luogo, tali ministri non accetterebbero Salvini presidente, dopo averne subite e digerite le petulanti richieste e continue contestazioni. Salvini teme fondatamente - e non è il solo - che Draghi intenda restare in carica per portare a termine gli impegni assunti con Mattarella, l’Europa e soprattutto il Paese.

Con la Cartabia alla giustizia, le tanto attese riforme, più che mai indispensabili per la sfiduciata magistratura, potrebbero essere approvate. Per la pubblica amministrazione, la digitalizzazione e la fiscalità si potrebbe conseguire altrettanto. Nessun governo finora vi aveva messo mano, se non per modifiche peggiorative ad personam o ad partitum, cosciente di rischiare buchi nell’acqua. Neppure tentare è stato possibile. Se non si provvederà, l’Europa, dopo lo scontato acconto iniziale, non aprirà più i cordoni della borsa. Addio alla tanto attesa miliardata, che molti hanno scambiato per un intervento, dal circolo polare artico, di Babbo Natale: incondizionato, pietatis causa pro Italia.

C’è la quasi certezza in Europa che, lasciando Draghi prima dell’attuazione del programma, per il Quirinale, si verificherebbe l’inadempimento dell’Italia. Tutti contro tutti, per i propri interessi individuali o di partito, come gli studenti lasciati soli dall’insegnante per qualche minuto. I nuovi governanti, di provenienza partitica, dopo estenuante lottizzazione, non centrerebbero l’obiettivo. Il sistema, per mantenere in carica il presidente Draghi e il suo governo, esiste: convincere Mattarella ad accettare la rielezione per un paio d’anni, per tranquillizzare l’Europa e consentire l’esecuzione di quanto promesso e desiderato soprattutto dal Paese.

Tale soluzione troverebbe una quasi insuperabile opposizione dal Salvini di lotta e di governo. Vagheggia Palazzo Chigi, sempre sfuggitogli. Pur con Draghi al Quirinale, difficilmente il programma sarebbe svolto con un altro governo. Le elezioni del 2023 potranno portare grandi modifiche, radicali cambiamenti per partiti ormai decotti, guidati da figure poco carismatiche. Come è avvenuto in altri Stati, potrebbe però sorgere qualcosa di nuovo, a sconvolgere i vecchi riti. 

Piercarlo Barale

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