Meteo Radio Stereo 5 Euroregion Facebook Twitter Youtube Linkedin

"Non curando d'alcuna cosa se non di sé" (Boccaccio 1348)..ne contagia più il virus o la paura?

CUNEO

Foto
Condividi FB

SERENA AGOSTINETTI - In questi giorni la nostra vita quotidiana, a Cuneo come altrove, è stata messa in pausa in attesa che passi l'ormai famoso Coronavirus, possibilmente senza fare troppe "vittime". Vittime, sì, visto che intorno a questo virus si sono sviluppate fantasie, dicerie, notizie e congetture che hanno creato una paura intensa e travolgente in gran parte della popolazione, facendoci assistere a scene di violenza razzista verso gli "untori cinesi", di intolleranza verso i turisti del Nord colpevoli di portare in giro la malattia, di accaparramento selvaggio di ogni tipo di cibarie tanto da svuotare per giorni ogni supermercato nei paraggi.

Il Coronavirus ha scatenato paura, di essere contagiati, di rimanere senza cibo, di morire. La paura è una reazione istintiva a situazioni potenzialmente pericolose. È un’emozione potente e utile, selezionata dall’evoluzione della specie umana per permettere di prevenire i pericoli ed è quindi funzionale a evitarli. Essa causa alcune modifiche nel nostro organismo potenziandolo e rendendolo pronto all'attacco o alla fuga. È una reazione adattiva che ci permette spesso di affrontare i pericoli e di sopravvivere ad essi.

Talora, però, la percezione del pericolo può non essere così chiara o aderente alla realtà; ciò può verificarsi in caso di pericoli lontani fisicamente, per esempio conflitti bellici in Paesi distanti, lontani temporalmente, come le conseguenze di azioni nel presente, oppure non tangibili come, in questo caso, le malattie. Se la percezione non è ben definita può portare a sottovalutare il pericolo, in modo difensivo, o sovrastimarlo, a causa proprio della paura. Paura alimentata in questi giorni da vari fattori.

Fin dall'inizio è stata evidente la presenza di pareri contrastanti proprio tra gli specialisti che, interpellati per portare informazioni e chiarezza, si sono contestati a vicenda continuando a farlo tuttora, anche se in maniera ridotta, favorendo una sorta di schieramento tra chi "crede" e chi "non crede" che il virus sia pericoloso.

I media, per dovere di cronaca e per aumentare lo sharing, ci hanno assillato con servizi e articoli titolati sempre al Coronavirus, fornendo l'aggiornamento continuo e incalzante del conteggio dei contagiati e soprattutto dei deceduti favorendo la confusione tra chi muore "per" il virus e "con" il virus e facendoli diventare dei casi e non persone di cui parlare (anche perché, diciamocelo, chi prende il Coronavirus viene considerato un po' colpevole anche se non si sa di che cosa).

Anche le misure di sicurezza messe in atto non hanno rassicurato affatto, anzi non appena sono state divulgate e rese ufficiali si è scatenato il panico (con la corsa dissennata agli approvvigionamenti, l'accaparramento di disinfettanti e mascherine) e un forte senso di confusione: in primis per le misure pesanti (la chiusura delle scuole non era mai stata adottata) senza spiegarne chiaramente ed inequivocabilmente il fine, ossia non ammalarsi tutti nello stesso momento per non intasare gli ospedali e le terapie intensive che non hanno la capacità di assorbire un flusso eccessivo di pazienti con conseguenti gravi carenze nelle cure dei malati di Coronavirus ma anche con altre patologie.

In secondo luogo per il contrasto tra le varie misure che ha suscitato stupore e disappunto nella popolazione: a fronte della chiusura delle scuole, degli edifici pubblici e delle giostre e a fronte del divieto di svolgere alcune attività di gruppo o che richiamino molte persone nello stesso luogo (come le partite di qualsiasi sport), altri luoghi, uno su tutti i centri commerciali, o alcune attività sportive come gli allenamenti sono rimaste inalterate.

Un altro fattore è l'effettuazione dei tamponi a largo spettro che di per sé è una pratica doverosa, responsabile e indice di grande competenza e alto livello della nostra Sanità, che permette uno stretto monitoraggio del diffondersi del virus, la cui divulgazione però, come già accennato, ha come possibile controindicazione l'aumento della paura del contagio nella popolazione. Tutto ciò inizialmente ha provocato paura e smarrimento e in un secondo momento ha, purtroppo, causato in molti dubbi ed incertezze sull'operato e sull'affidabilità delle istituzioni.

Oggi assistiamo proprio a questi due tipi di reazione: da un lato chi minimizza la pericolosità del Coronavirus, dall'altro chi ne è terrorizzato. Entrambe sono molto disfunzionali perché causano comportamenti che, da un lato, possono favorire il contagio con condotte non idonee e irresponsabili, dall'altro possono causare panico e rabbia, miscela esplosiva e più contagiosa di qualsiasi virus. È importante quindi informarsi, perciò ho chiesto un parere alla D.ssa Michela Del Torchio, Biologa e Nutrizionista.

"Il Coronavirus è un nuovo virus con il quale abbiamo a che fare, fino a qui nulla di nuovo, ma di virus con cui abbiamo avuto a che fare in passato e ogni anno abbiamo a che fare ce ne sono molteplici, così come i batteri. Questi microorganismi causano diverse patologie, dal morbillo alla varicella, dalla polmonite alla cistite: ognuna di queste è una malattia che può avere un decorso diverso a seconda dell’organismo che infetta, poiché per quanto un patogeno sia aggressivo, la sua "pericolosità" dipende fondamentalmente dalla capacità di reagire dell’organismo aggredito, dipende cioè dall’efficacia con cui il sistema immunitario risponde all’aggressione. Molti patogeni causano malattie difficili da risolvere, questo dipende dalla loro capacità di danneggiare i meccanismi di difesa o renderli ciechi alle sue azioni. Inoltre la capacità di sopravvivenza di un virus o un batterio dipende dalla velocità con cui infetta altri organismi, da qui risultano evidenti due cose: la prima è che bisogna dare al sistema immunitario il tempo di reagire, organizzarsi e attaccare, è inutile sminuire i sintomi di qualsiasi malattia utilizzando farmaci che illudono la guarigione, secondo anche se la sintomatologia non è debilitante si rischia di diventare degli "untori" quando sotto l’effetto farmacologico si svolgono le solite attività quotidiane, prima fra tutte il lavoro. Il Coronavirus e il panico che ha diffuso, legato soprattutto ad una scorretta comunicazione mediatica, hanno evidenziato quanto siamo diventati farmaco-dipendenti: la cosa migliore quando non ci si sente bene è quella di fermarsi, controllare la sintomatologia, chiedere al medico quali potrebbero essere le cause e prendersi il tempo di guarire, tenendo presente che anche sotto l’effetto di un antibiotico (o un antivirale) il nostro corpo sta comunque lottando contro un patogeno, per cui svolgere le proprie attività sottovalutando questa componente rischia di permettere una propagazione dell’agente infettante più veloce".

Certo è che questa situazione ha messo in evidenza alcune criticità tra cui: innanzitutto la fragilità emotiva con cui la maggior parte delle persone ha reagito a questa situazione lasciandosi travolgere da sentimenti di paura, ideazioni oltremodo catastrofiche accompagnati da comportamenti irrazionali e egoistici. In secondo luogo la tendenza, già nota ma comunque scandalosa, ad un sensazionalismo giornalistico irresponsabile e pericoloso. Inoltre si è evidenziato l'utilizzo superficiale e immotivato degli ambulatori e dei siti di pronto soccorso in condizioni di normalità visto che in questi giorni risultano pochissimi accessi. Infine emerge come le condotte igienico-sanitarie che ognuno di noi dovrebbe sempre seguire, onde evitare qualsiasi tipo di contagio, non siano così diffuse in generale: l'influenza, sebbene abbia una mortalità quasi pari al Coronavirus, o il raffreddore, probabilmente non ci fanno così paura tanto che è stato necessario stilare una lista di precauzioni di cui forse molti si erano dimenticati.

Per evitare di vivere i giorni a venire con eccessiva ansia in relazione al Coronavirus, sopravvalutando, sminuendo (o negando) il problema, è utile seguire il "decalogo antipanico" del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi.

1. Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo.

Il Coronavirus è un virus contagioso, ma come ha sottolineato una fonte OMS su 100 persone che si ammalano 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi gestibili in ambiente sanitario, solo il 5 hanno problemi più gravi e tra questi i decessi sono circa la metà ed in genere in soggetti portatori di altre importanti patologie.

2. Non confondere una causa unica con un danno collaterale.

Molti decessi non sono causati solo dall’azione del Coronavirus, così come è successo e succede nelle forme influenzali che registrano decessi ben più numerosi. Finora i decessi legati al Coronavirus stimati nel mondo sono cento volte inferiori a quelli che si stimano ogni anno per la comune influenza.

3. Se il panico diventa collettivo molti individui provano ansia e desiderano agire e far qualcosa pur di far calare l’ansia, e questo può generare stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi.

4. Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi.

5. Pur di fare qualcosa, spesso si finisce per fare delle cose sbagliate e ad ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali ma molto efficaci (vedi i link più sotto).

6. In linea generale troppe emozioni impediscono il ragionamento corretto e frenano la capacità di vedere le cose in una prospettiva giusta e più ampia, allargando cioè lo spazio-tempo con cui esaminiamo i fenomeni.

7. E’ difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.

8. È fondamentale mantenere un equilibrio tra le paure soggettive e i pericoli oggettivi.

Ci sono pericoli di cui si ha più paura di quanta se ne dovrebbe avere. In questi casi l’indignazione pubblica può suscitare panico e, di conseguenza, ansie sproporzionate e dannose.

9. Selezionare e/o ridurre l'esposizione ai media e ai social. Anche l’indignazione pubblica sui media accentua alcune paure, come quelle per gli attacchi terroristici e i criminali armati, e induce a sottovalutare altri pericoli oggettivi a cui siamo abituati.

Le caratteristiche del panico per coronavirus lo avvicinano ai fenomeni improvvisi e impressionanti che inducono panico perché sollevano l’indignazione pubblica.

Usare solo fonti informative affidabili.

Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus.

Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus.

10. Siamo preoccupati della vulnerabilità nostra e dei nostri cari e cerchiamo di renderli invulnerabili. Ma la ricerca ossessiva dell’invulnerabilità è contro-producente perché ci rende eccessivamente paurosi, incapaci di affrontare il futuro perché troppo rinchiusi in noi stessi.

Nel caso in cui il decalogo non bastasse e l'ansia divenisse eccessiva e pervasiva si consiglia di chiedere sostegno e aiuto a professionisti qualificati.

Per concludere è importante agire tutti in modo informato e responsabile, cercando di aiutarci reciprocamente a farlo per aumentare la capacità di protezione della collettività e di ciascuno di noi.

D.ssa Serena Agostinetti

Psicologa, Psicoterapeuta, Consulente in Sessuologia Clinica, Studio Logos (corso Dante 9, Cuneo)

VIDEO