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Noi di fronte alla triste vicenda di Alfie, tra l'atto d'amore e il diritto da rispettare

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Il piccolo inglese Alfie, di 23 mesi, ha cessato di vivere all'ospedale di Liverpool, dov'era ricoverato, dopo il distacco dalle macchine che gli avevano consentito di sopravvivere per qualche tempo all'attacco, senza speranza, sferratogli da una malattia neurodegenerativa. E' sopravvissuto al distacco ancora per cinque giorni, con un po' di ossigeno inalato nelle narici. La sua vicenda ha segnato contrasti rilevanti in campo medico ed interventi giurisdizionali di altissimo livello. Si trattava di continuare nella vita vegetativa assicurata dai macchinari, senza alcuna, ancorchè remota, possibilità di guarigione e neppure di ripresa.

Una morte ampiamente annunciata: diagnosi condivisa a livello internazionale. Il pomo della discordia era l'interruzione del trattamento, consentendo così al bimbo di cessare le ulteriori sofferenze e la protrazione di una vita artificiale senza percezione di viverla e la speranza di continuarla. Comprensibili le prese di posizione dei genitori e la richiesta di trasportarlo da noi, dove avrebbe potuto fruire delle cure offerte dall'Istituto Gaslini di Genova e dell'Ospedale Bambin Gesù di Roma, istituto di proprietà del Vaticano. Lo stesso Papa aveva invitato i genitori al trasporto in Italia. Il nostro Stato aveva concesso al bimbo la cittadinanza italiana per superare lo scoglio rappresentato dalla giustizia inglese, che aveva accolto le tesi dei medici curanti e alla quale spettava l'ultima parola sul distacco dalle macchine.

La più che prevista conclusione ha evitato conflitti di competenza, azioni giudiziali annunciate dal padre nei confronti dei medici curanti, interventi di avvocati in agguato alla ricerca più di pubblicità che di quattrini da clienti provati per la situazione protrattasi a lungo. E' finito il clamore mediatico, alimentato dalla domanda di notizie. Così la curiosità quasi morbosa di un vasto pubblico, non ancora sazio di stragi, decapitazioni, imprese terroristiche. E' calato il sipario su una vicenda dove i genitori si sono mossi in base all'ingigantimento di un già esistente e naturale affetto per il figlio condannato da un destino ineluttabile.

Ci si domanda se sono state opportune ed utili le iniziative del Papa di invito al Bambin Gesù e del Governo italiano, con la concessione della cittadinanza al bimbo moribondo, affinchè venisse trasportato - penso con aereo di Stato - al Gaslini di Genova. L'invito vaticano rientra nella libera disponibilità papale - come Capo della Chiesa e dello Stato Città del Vaticano - ad un bimbo sofferente destinato alla morte certa. Infatti, nessuna speranza, se non di qualche eventuale protrazione dell'esistenza a livello puramente vegetativo e dolente, poteva assicurare l'ospedale vaticano. E' un atto di carità e dimostrazione di disponibilità. Coerente con la finalità della Chiesa e del Papa.

L'atto di amore papale non confligge con la posizione assunta dallo Stato inglese e dagli organi giurisdizionali dello stesso. Il comportamento del nostro Stato, ampiamente pubblicizzato dal ministro degli esteri Alfano, pare non sia stato opportuno nei confronti dello Stato inglese e dei suoi organi giurisdizionali, che avevano assunto una decisione conforme all'ordinamento giuridico, al quale il bimbo e i suoi familiari erano sottoposti. L'espediente - per superare tale situazione - è stato la concessione della cittadinanza italiana al bimbo, così ritenendo di poterlo trasportare al Gaslini di Genova "in barba" ai medici ed alla giustizia inglese. Era universalmente noto che non sussistevano concrete possibilità di guarigione, di miglioramento e di protrazione dello stato vegetativo con l'ausilio di complessi macchinari, di cui l'Inghilterra aveva fatto uso fino allo "stop". Ritenuto - questo provvedimento - giuridicamente imposto, in dissenso dai genitori.

Non mi riesce di comprendere perchè abbiamo deciso di intrometterci - come Stato - in una vicenda in corso presso un altro Stato, con tradizioni universalmente riconosciute di eccellenza medica e di capacità giurisdizionali, in particolare sui diritti delle persone. Mi sembra quasi inopportuna la concessione della cittadinanza al bimbo, proponendo il trasporto presso il nostro ospedale di eccellenza. Suona a valutazione di scarsa qualificazione per la sanità britannica. Altresì come giudizio negativo sull'operato della giustizia inglese, che ha esaminato in più giudizi il caso. Con il rispetto di leggi, regolamenti e principi di natura costituzionale sul valore della vita e sulle modalità da seguire per evitare accanimenti terapeutici inutili.

Senza accertata speranza, anzi con la quasi certezza di non evitare dolore alla persona oggetto delle cure. Di qui la decisione di interromperla per consentirne il decesso. Che sarebbe da tempo comunque sopravvenuto, essendo incurabile la malattia degenerativa in atto. Non so quale sia stata la motivazione del provvedimento di concessione della cittadinanza. Ipotizzo che possa essere la possibilità di effettuare cure mediche altamente specialistiche non possibili in Inghilterra o di continuare la vita vegetativa in contrasto con il provvedimento giudiziale assunto in modo definitivo in Inghilterra. In ambedue i casi si tratta di un comportamento e non opportuno nei confronti dello Stato inglese...

Piercarlo Barale

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