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"Noi anziani, fantasmi in un mondo virtuale, in cerca di un po' di umanità"

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Rivolgo con garbo una domanda al gestore telefonico per risolvere un problema del cellulare acquistato recentemente nel suo negozio. Forse non ho pronunciato il termine corretto della funzione del dispositivo di cui chiedo spiegazione, perché noto un sorrisino sarcastico, che traduco così: “Si sa che le persone anziane non sanno neppure chiamare le cose col proprio nome”. Con sufficienza e il sopracciglio rivolto in su, il titolare del punto vendita dà un fugace e disinteressato sguardo a cosa appare sul display che gli mostro, in attesa di una delucidazione. Non mi dà il tempo di spiegarmi meglio e mi liquida così: “Non so cosa dirle, è lei che deve sapere cosa combina sul suo cellulare”.

Lo sguardo offensivo e il tono indisponente di quella risposta pungente, provocatoria, mi raggelano. Per una volta non ho voglia di controbattere per un diritto che mi spetterebbe. E mi risuona in mente un brano di Renato Zero: “Vecchio, ti diranno che sei vecchio. Con tutta quella forza che c'è in te. Vecchio. Quando non è finita, hai ancora tanta vita. E l'anima la grida e tu lo sai che c'è”. Del resto, nel 1947, appena uscita dal grembo materno, da subito mi resi conto che quel mondo lì fuori era un campo di battaglia. Così urlai: “Vorrei tornare nell'utero materno!”.

L'ostetrica per tutta risposta, come benvenuto, mi prese per i piedi, come un pollo, mi diede due schioccanti e robusti colpetti sulle natiche, e poi rivolgendosi a mia madre disse: “E' una bellissima bambina!”. Ma dove? Se mia sorella quando mi vide, spaventata, si mise a piangere dinanzi a quel mostriciattolo rosso tendente al viola, che strillava a squarciagola. Comunque ormai c'ero e ci sono ancora. Già, è questo il punto: respiro ancora alla mia età.

Riconosco che forse ho forzato un po' la mano, però vorrei dare voce ai miei colleghi di vecchitudine. Tra questi, raccolgo una tenera testimonianza di Stefano Rosso, classe 1936, l'essenza dell'anziano che non si arrende mai. Braidese d'oc, titolare per 55 anni, insieme alla consorte, di un negozio di elettrodomestici e televisori, in piazza Carlo Alberto. Attivissimo membro della Confraternita dei Battuti Bianchi, della chiesa Santissima Trinità (Battuti Bianchi), in corso Cottolengo a Bra. Insieme al benemerito Frate Luca dei cappuccini di Bra, noto storico d'arte, presa visione di molteplici tomi nell'archivio, ha redatto la storia della Confraternita e della chiesa, con decorrenza dell'anno 1250 a oggi.

Ferratissimo in elettronica, appassionato di informatica, con un aggiornato approfondimento sull'intelligenza artificiale, si dedica con passione al volontariato in diverse forme. E' cicerone, anzi, accompagnatore culturale, per le visite alla chiesa della Santissima Trinità (Battuti Bianchi), svelando l'anima più autentica attraverso dettagliate nozioni storiche e artistiche.

"C'è un progetto che mi sta a cuore, la creazione di un gruppo di volontari che si dedicasse alla vicinanza verso gli anziani che vivono in un stato di solitudine, dimenticati, magari soli al mondo, per varie traversie, e che spesso lasciano questo mondo in silenzio. Sono i vicini di casa o i conoscenti che allertano le autorità, supponendo che siano in difficoltà. Accade sempre più frequentemente che, presi dallo sconforto, arrivino a contattare le forze dell'ordine, soprattutto durante le festività, supplicando una visita per sentirsi ancora vivi. Sono fantasmi di cui la società non si cura più. 

Conosco molte persone in età avanzata che vivono isolate, che cadono in depressione, e che non chiedono aiuto per preservare la propria dignità.

“Come si figura questo gruppo di volontariato?”

“Intanto è necessario venire a conoscenza di quante persone vivono questa condizione, ovvio occorre una ricerca all'ufficio anagrafe, una sorta di censimento. Uno staff di volontari, a costo zero, generosi di sé che ogni giorno si informino di persona o anche solo telefonicamente sul loro stato psicofisico. E se è il caso provvedere a qualche intervento in loro aiuto. Anche una semplice chiacchierata, un sorriso, potrebbe illuminare la loro giornata. Ritengo che sia un fatto di umanità, di solidarietà verso il nostro prossimo. Sperando che qualcuno ne prenda atto, intanto ringrazio. Naturalmente sono il primo ad offrirmi per contribuire a questa iniziativa”.

Per informazioni ai volenterosi interessati rivolgersi a stefano.rosso7@tin.it.

Fiorella Avalle Nemolis

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