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No alla corsa al porto d'armi, ma tenere in carcere i delinquenti

CUNEO

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IN PUNTA DI PENNA

PIERCARLO BARALE - Negli ultimi anni vi è stata una attenta verifica della autorizzazioni al porto d'armi, con particolare riferimento alle pistole. Fucili a canne mozze li portano i picciotti delle varie mafie, soltanto in occasioni particolari e, naturalmente, senza permesso.

Le armi da guerra - non suscettibili di permesso, le maneggiano con disinvoltura i gruppi di fuoco dediti alle rapine di portavalori. L'ultima è avvenuta a Bari qualche giorno fa. E' stata la replica di troppi altri analoghi assalti ai furgoni, in autostrada. A volte sono state scoperte talpe interne agli Istituti di Vigilanza, che hanno segnalato agli specialisti giorno, ora e quantità di valori trasportati.

Del denaro mai si recupera neppure parte, come succede in ogni rapina o furto. In ogni caso, se qualche responsabile viene identificato e non è già fuggito all'estero, l'addio al denaro è pacificamente accettato come conseguenza ineluttabile. Se qualcuno viene acchiappato, in assenza di morti o feriti, se la cava con pochi anni di carcere e magari arriva alla prescrizione, potendo disporre di difensori capaci e non affidandosi alla difesa d'ufficio.

Il caso dell'uccisione del ladro disarmato, probabilmente già in fuga, in provincia di Milano, da parte di un pensionato che si era dotato di pistola dopo quattro furti, ha suscitato reazioni di segno opposto dai rappresentanti delle forze politiche e dei cittadini. Taluni soffiano sul fuoco della piena legittimità della reazione del pensionato dopo l'esperienza di quattro furti nei tre mesi precedenti.

Sulla base di una valutazione emotiva, ma non supportata da elementi giuridici, l'aver sparato alla quinta occasione, così utilizzando la pistola legittimamente detenuta, è parsa per molti un atto più che dovuto. Anzi, se avesse già ottenuto la pistola in precedenza, avrebbe potuto utilizzarla a ragion veduta dopo un paio di furti in casa.

Ne è nata una linea di condivisione della reazione del pensionato, a prescindere dall'essere o meno armato il giovane ladro. Per qualcuno - abituato a seminare odio - il ragazzo se l'è andata a cercare ed avrebbe dovuto mettere in conto che, andando a svaligiare alloggi, si può anche finire al cimitero.

Ricordiamo il caso, avvenuto negli Usa, dell'uccisione, da parte di un incensurato portatore di pistola che dormiva nel proprio alloggio in condominio, avendo lasciata socchiusa la porta d'ingresso, del residente al piano superiore. Costui - forse per troppo alcool - era entrato nell'alloggio sbagliato. Sentito un rumore e vista un'ombra, l'uccisore sparò con la pistola che teneva - come moltissimi americani - sul comodino. Il vicino di alloggio venne scambiato per un ladro e per lui non ci fu scampo.

Nessuna conseguenza penale per l'uccisore. Da noi i giudici, rilevato che il ragazzo era disarmato, hanno dato applicazione alla vigente normativa sulla legittima difesa, che non si prospetterebbe per la non grave minaccia portata dal ladro disarmato. Vi sarà un'istruttoria certamente non breve, mentre la questione potrebbe essere definita in pochi giorni.

Probabilmente il pensionato verrà assolto dall'accusa di omicidio volontario. Difficilmente sfuggirà ad una condanna per eccesso colposo di legittima difesa. Stonano, però, le eccessive esclamazioni - come se fosse un eroe - nei confronti del pensionato, apparso quasi benedicente dal balcone di casa. Appaiono strumentali le becere dichiarazioni dei predicatori d'odio, compresi quelli che, ove arrivassero al potere, dispenserebbero olio di ricino e manganellate agli avversari.

Appare urgente porre un limite alla criminalità seriale, dai furti di rame da ferrovie, stabilimenti ed anche cimiteri ed alle rapine in villa. Spesso hanno origine da furti non riusciti. Altre volte sono premeditate, sul tipo 'Arancia meccanica', poste in atto da delinquenti seriali drogati, che agiscono e spariscono. Quando qualche banda viene neutralizzata, si scopre che le rapine, talvolta con feroce accanimento nei confronti delle vittime, sono decine o parecchie decine.

Negli Usa trascorerebbero la loro restante vita in carcere, con una quarantina di anni - effettivi - da scontare. Noi non siamo capaci a costruire carceri, per evitare che costoro continuino a rapinare. Se li incarceriamo, rischiamo di doverli risarcire, per il periodo trascorso nelle strutture inadeguate e fatiscenti, come più volte stabilito dalla Corte Europea. E' assai più conveniente, per i malavitosi di ogni provenienza, delinquere da noi. Difficilmente li acchiappano. Se li condannano a pene, neppure comparabili con gli Usa, dopo qualche anno trascorso in carcere, c'è la semilibertà.

Alla fine, si ottiene pure il risarcimento del danno per la detenzione in strutture inadeguate e sovraffollate. E' inaccettabile - e non solo per i soliti seminatori d'odio, populisti e protestatori - che ladri, truffatori, rapinatori seriali, entrino ed escano quasi subito dalle carceri o vengano rimessi in libertà dopo l'arresto.

Sugli stessi tram o metropolitane agiscono gli stessi scippatori, dando così l'impressione della loro sostanziale impunità. Così è per i delinquenti seriali, nostrani, dell'Est o del Sud America. Non siamo in grado di neutralizzarli e li risarciamo pure per il disturbo loro arrecato in carcere.

Piercarlo Barale

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