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Nel "bla bla bla" dei grandi della Terra un G20 a Roma che si è rivelato poco decisivo per il clima

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Ha ragione Greta Thunberg nel ritenere bla bla bla le tante riunioni dei potenti della Terra, a casa propria oppure, a turno, nei G7 - ultimo quello romano - per discutere del futuro degli abitanti del Pianeta. La perfetta inutilità - sotto il profilo della lotta all’inquinamento - dello sfoggio di bellezze ed eleganze romane, si è palesata fin dall’inizio. Assenti volontariamente Xi Jin Ping e Putin - con l’inutile presenza del premier indiano Modi - tutti non disposti a ridurre le immissioni se non ben dopo il 2050, nulla si è deciso sul punto. Si è arrivati soltanto ad una indicazione, un auspicio. Non è solo il fallimento delle trattative sul punto, ma del principale motivo della convocazione del meeting. Quando tre milioni e mezzo - la metà della popolazione mondiale - non intende sottoscrivere impegni e ritiene di proseguire ad inquinare fin dopo il 2060, non c’è che da prenderne atto. Se anche arrivassimo a zero - noi dell’altro 50% - entro il 2050, servirebbe a ben poco. Saremmo comunque vittime innocenti delle immissioni altrui. Dovremmo seguire il suicidio dei popoli i cui governanti si comporteranno come annunciato.

Molti studiosi affermano che abbiamo toccato il punto di non ritorno, consumando ed inquinando più della capacità del Pianeta di nutrirci e di difendersi dai nostri inquinamenti. Ancora aumentando prelievi e scarichi come annunciato, si provocherà un disastro economico irreversibile. Le risorse potrebbero tornare sufficienti solo con interventi immediati estesi all’intera comunità terrestre. Nessuna specie animale divora tutto il cibo disponibile. Anzi, provvede, con l’aiuto degli insetti - le api tra le prime - a perpetuare le disponibilità. L’Africa, nel 2050, raggiungerà i due miliardi di abitanti, mentre la desertificazione, la siccità e la perdita di risorse porteranno la popolazione ad una miseria più accentuata di oggi, con conseguenti guerre, soprattutto per l’acqua. Di fronte ad un panorama futuro desolante, alcuni auspicano l’aumento della natalità, per compensare, soprattutto per la tenuta della previdenza, l’aumento della durata della vita. Non fa una grinza, sotto il profilo della matematica attuariale, tale richiesta. Ma con quale destino di fronte si troveranno i nuovi nati? Da noi, graverà su di loro, fin dalla nascita, un debito di quasi 50.000 euro ciascuno, frutto dei debiti contratti dai loro genitori e nonni per assicurarsi condizioni di vita migliori di quelle di cui avrebbero dovuto godere.

Negli Usa e nel Regno Unito molti giovani laureati sono indebitati con le banche per le costosissime università frequentate nel corso di studi. Si trovano a dover restituire da cento a duecentomila dollari ciascuno. Impiegheranno una ventina d’anni per onorare quello che viene chiamato prestito d’onore, da noi, più che inconsueto, inesistente. Se le retribuzioni fossero a livello delle nostre - sui mille euro - non basterebbe loro l’intera vita. Non si comprende come sia logico mettere al mondo nuovi abitanti, destinati ad un futuro di semi povertà, sacrifici e privazioni, quando Gea è già in agonia. Secondo gli studi in materia, non si potrà prevedere, ben prima del 2050, una esistenza assimilabile a quella di oggi. L’aumento della temperatura dovuto a molti fattori inquinanti, la scarsità di acqua, pur con le violente piogge che dilavano il terreno, la povertà sempre più diffusa, peggioreranno la nostra esistenza. Molte zone intensamente abitate, città e metropoli sul mare, finiranno sotto un paio di metri d’acqua. Se non assumeremo provvedimenti radicali e tempestivi, ritenuti dagli scienziati indifferibili fin d’ora, i giovani di oggi non vedranno la fine del secolo. Come quelli del Titanic, i grandi della Terra hanno pasteggiato nelle sale del Quirinale e discusso nella nuvola di Fuksas, circondati da camerieri, aiutanti, sorveglianti, sei mila poliziotti, con elicotteri e droni in constante volo su Roma blindata. Si conoscevano, ben prima dell’inizio dell’evento, le preannunciate volontarie assenze dei personaggi determinanti e le condizioni sostenute dall’India. L’ostentazione delle bellezze romane si è rivelata inutile per le questioni del clima. Noi che siamo i più indebitati abbiamo fatto gli anfitrioni brillanti, eleganti ed accoglienti. Dall’alto dei nostri quasi tre miliardi di debiti, abbiamo ospitato con larga generosità i grandi della Terra. Qualche importante questione è stata risolta, ma per il clima siamo a zero. Roma ha avuto una ulteriore promozione turistica e Draghi una affermazione personale pienamente meritata.

I giovani che si avviano al lavoro - se lo trovano - con retribuzioni intorno ai mille euro non possono neppure pensare di mettere al mondo figli, che faticheranno ad educare e ad allevare senza interventi dei genitori, che per altro, devono già badare ai nonni. Con quale futuro poi, è tutto da verificare, perché i figli che verranno al mondo ne saranno ospiti per più anni, ben al di là della metà del secolo, ipotizzata per la cessazione delle immissioni nocive. Se Gea si trova già in crisi irreversibile e non avrà più risorse, l’inquinamento non ridotto non consentirà una vita accettabile. Il Titanic mondiale - Cina, Russia ed India comprese - viaggia verso l’iceberg che lo distruggerà. A bordo si balla, si pasteggia a caviale e champagne, l’orchestra suona, le luci sono sfolgoranti. Il bastimento -come Gea- era descritto inaffondabile. Il mondo vive alla giornata, capi di stato e di governo festeggiano, mentre guardiamo, neppure troppo preoccupati, lo spettacolo. Comprese le monetine nella fontana di Trevi. Ci si domanda come sia possibile programmare il futuro riferito alla metà del secolo, mentre fra un decennio potremmo trovarci con un inquinamento insostenibile, tale da pregiudicare la vita stessa.

Piercarlo Barale

(Foto Alice Marini)

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