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Lo Stato deve risarcire quei naufraghi salvati ma riportati in Libia dove non c'è sicurezza

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Il Tribunale di Roma ha accolto le richieste di risarcimento formulate da un gruppo di migranti, salvati dal naufragio da una nave militare italiana. Erano stati consegnati ad una motovedetta libica e riportati in Libia. Lo Stato italiano è stato condannato a pagare, a ciascuno, per i danni patiti con l'ulteriore permanenza nei lagher libici, euro 15 mila. Le ragioni della pronuncia sono state evidenziate nella illiceità del comportamento dello Stato italiano, che aveva dato disposizioni in tal senso al comandante della nave militare. E' noto che tali imbarcazioni sono assimilate alla territorialità, come se ci si trovasse sul territorio nazionale.

I naufraghi, richiedenti asilo, dovevano - come se avessero già raggiunto il territorio nazionale - essere accolti, con il successivo esame delle richieste. Ove aventi diritto, asilo. Oppure, dopo il diniego motivato, il rimpatrio. In ogni caso mai ricondotti in Libia, dove non c'è sicurezza: considerazione già espressa dalla magistratura italiana e dalla Corte Europea dei diritti. La notizia è apparsa, per quanto riguarda il quotidiano nazionale che ho letto pochi giorni orsono, in una pagina interna contenente le notizie della settimana, senza alcun risalto. Le disposizioni relative al mancato accoglimento - anzi, respingimento - dei naufraghi richiedenti asilo, provenivano dal ministero dell'interno. Il risarcimento ai naufraghi vincitori della causa verrà pagato dallo Stato. Non da chi è l'autore delle disposizioni illegittime, illecite ed in contrasto con la Costituzione, la normativa sul soccorso in mare e la Costituzione europea. La notizia avrebbe meritato ben altra visibilità sui quotidiani, mezzi di informazione e social.

E' curiosa la notizia, sempre di qualche giorno fa, di un truffatore russo - ho pensato che avrà qualche goccia di sangue napoletano - che ha perpetrato una truffa senza precedenti a danno di alcuni migranti. In Russia sono fuggiti parecchi siriani, afgani, irakeni, aspiranti a raggiungere l'Europa attraverso il confine con la Finlandia. L'intraprendente truffatore aveva costruito a pochi chilometri dal confine finlandese, con cartelli, paletti, barriere, un finto confine. Accompagnava, già da qualche tempo, gruppi di migranti, fino a tale linea di falso confine, percepiva da ognuno qualche migliaio di rubli, circa 2000 euro e li salutava. Costoro, ritenendo di aver varcato effettivamente il confine, se lo trovavano invece davanti - quello vero - con le guardie ed i cani antiuomo. L'intervento dei servizi segreti russi ha fatto cessare le truffe ed arrestare il responsabile della cui sorte, come quasi di consueto, non si ha notizia. Ho pensato alla nota scuola napoletana - è un'università - della truffa, con tanti celebri esempi: maglietta con stampate le cinture di sicurezza; pastiglie da versare nell'acqua per trasformarla in benzina; e altre mille - spesso incredibili - invenzioni partenopee. Totò docet. L'estro dello sfortunato truffatore nel freddo nord Europa, tra la grigia Russia e l'altrettanto grigia Finlandia, stupisce. Inventare un finto confine è incredibile.

Piercarlo Barale

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