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Liceale di Cuneo: "Nel 2021 il sogno è sempre lo stesso, non essere giudicati dal colore della pelle"

CUNEO

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HENRIETTA YEBOAH - Ci sono innumerevoli "grilli parlanti" nel passato e nel presente. Sono voci della ragione. Voci che alzano il tono, a discapito della propria incolumità fisica e mentale, per permettere i diritti dovuti a persone costantemente zittite e oppresse. Ci sono molteplici esempi che potrei citare. La battaglia che mi vede più coinvolta e lottatrice, in quanto vittima, in prima persona, è quella contro il razzismo. Guardandomi intorno, noto, con piacere e sollievo, la presenza di persone afroitaliane che, alzando la loro voce, fanno sentire anche la mia. Mi rattrista però rendermi conto che parecchi "grilli parlanti" del passato ancora oggi rimangono tali. Mi piace definirli in questa maniera perché queste importantissime figure, come il personaggio di Collodi, hanno ripetutamente cercato di orientare la società verso un cambiamento, ma sono stati schiacciati: sono stati zittiti, ridicolizzati, uccisi o elogiati per poi però essere archiviati. (…)

Il discorso “I have a dream” tenuto da Martin Luther King Jr. nel 1963 a Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili, è ancora tremendamente attuale, dopo quasi sessant’anni. «Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che la loro persona contiene. Io ho un sogno oggi!». Ed io, nel 2021, nutro le stesse esatte speranze. Il razzismo in Italia dilaga gravemente, ma nessuno sembra volerlo ammettere.

Molti ne affermano la totale assenza in questo Paese. Buffo come questi siano sempre e solo italiani bianchi. Il razzismo esiste e il tentativo di negarne la presenza nel nostro Paese non fa che sottolinearne la forte incombenza nella società e nella mentalità comune. Al di là dei palesi comportamenti razzisti, ci sono piccole osservazioni, frasi, esclamazioni, luoghi comuni che trovano la loro genesi nel razzismo e nella discriminazione. Persino alcuni complimenti sottolineano però come la discriminazione e l’ignoranza siano insiti nella generale mentalità comune.

“Come parli bene l’italiano!”, non è una esclamazione che lusinga. Evidenzia invece il fatto che, solo per la pelle scura, non dovrei essere in grado di avere piena padronanza della lingua italiana, che nel mio caso rappresenta la lingua madre. Gli afroitaliani non sono stranieri, ma questo l’Italia non vuole ancora capirlo. Io, nata e cresciuta in Italia ma con genitori africani, mi reputo italiana. Ma probabilmente poche persone mi considerano tale, curandosi solo della mia melanina e non della mia cultura, i miei costumi, le mie abitudini.

Più volte mi è stato detto: "Io vorrei tantissimo avere la tua pelle!”. E mi fa sempre sorridere amaramente questa ingenua esclamazione. Essere neri in Italia, per quanto mi arricchisca e mi renda più forte e resiliente costantemente, è tutt’altro che semplice. È una realtà faticosa e difficile. Nel 2021 è ancora una lotta quotidiana, dura, dolorosa ed estenuante da tutti i punti di vista. La costante negazione del razzismo dimostra appunto come chiunque non sia bianco non sia ancora ascoltato, capito, difeso, tutelato. La discriminazione è soffocata dall’accusa di eccessiva permalosità. Al contrario, vivo in prima persona una realtà in cui costantemente mi interfaccio con atteggiamenti razzisti, irrispettosi e discriminatori.

Alcuni giorni fa un uomo ha tentato di investire tre ragazze nere che passeggiavano civilmente e tranquillamente. Successivamente è sceso dalla macchina per denigrarle, usando parole colme di odio e razzismo. Valeria Fabrizi, nota attrice italiana, è stata protagonista la scorsa settimana di un’affermazione scandalosa che sottolinea come i pregiudizi e i costrutti razzisti ancora siano viventi e rigogliosi nella nostra società.

L’attrice è stata ospite di un programma su Rai 1. Le hanno mostrato una datata fotografia che ritraeva lei e il defunto marito Tata Giacobetti, definita dalla conduttrice molto bella. La Fabrizi ha ribattuto dicendo che la foto non era affatto bella perché lei sembrava “una n…, una donna di colore”. Mi stupisce ancora la naturalezza con cui ha pronunciato questa frase. Ci sono due gravi tasti dolenti in tale affermazione. Il primo, è l’uso della cosiddetta “n word”. Questa parola dovrebbe assolutamente essere fuori dal linguaggio comune ed ammesso, il suo utilizzo non dev’essere accettato in alcun contesto. È un termine razzista e dispregiativo che riporta all’epoca coloniale, la tratta degli schiavi ed al concetto di “razza inferiore”. Il secondo, è la concezione delle persone con la carnagione scura. Valeria Fabrizi afferma di non considerarsi bella nella foto mostrata perché sembra nera. Avere più melanina è quindi fattore di bruttezza. Sembra un’assurdità, ma non lo è. Questo pensiero si fissa anche nella mente di coloro che hanno la carnagione scura, portando autodiscriminazione, disagio con il proprio corpo, autostima molto bassa, insicurezza e molti altri complessi psicologici, oltre che sociali.

Un afroitaliano vive sentendosi costantemente in difetto. La sua pelle rappresenta un ostacolo in tutti i campi possibili. Oltre che associare la carnagione scura a scarsa bellezza, viene associato anche a scarsa capacità lavorativa, pessima cultura, criminalità. L’Italia andrebbe educata e sensibilizzata su questo fronte. Purtroppo, c’è ancora parecchia disinformazione, nutrita da luoghi comuni e pregiudizi.

A rincarare la dose c’è il programma televisivo italiano “Striscia La Notizia”, che ha mandato in onda un video in cui veniva ripetutamente pronunciata la n word durante una scena – da loro considerata satirica -. Successivamente il web è - giustamente - insorto, chiedendo spiegazioni e di eliminare il video in questione dai social e dagli archivi. I conduttori, invece di scusarsi e provvedere a riparare quell’enorme gaffe, si sono giustificati affermando che si trattava di semplice utilizzo della satira e biasimando coloro che si erano permessi di fraintendere e di ritenersi offesi. C’è un’enorme presunzione: si vuole stabilire cosa può essere o no ritenuto razzista ed offensivo, senza però confrontarsi direttamente con le vittime, che troppo spesso vengono addirittura bruscamente silenziate. Non pronunciare la “n word” non è segnale di estremo tatto o sensibilità, ma è un semplice atto di rispetto dovuto alla comunità nera ed alla sua lunga e travagliata storia. Frequentemente si ignorano queste gravi azioni, che per la comunità nera sono sempre dolorose e sconvolgenti. Ignorare, rimanere indifferenti, minimizzare e ridicolizzare il problema rappresentano pienamente il razzismo sistemico, che innegabilmente esiste e continua a gravare sulla nostra società.

Io oggi, come Martin Luther King nel 1963, ho un sogno. Sogno che si guardi l’anima, le capacità, la personalità e non il colore della pelle, che persone capaci e meritevoli, qualunque sia la loro carnagione, non si trovino più porte chiuse perché non vengono prese neanche in considerazione dall’Italia. Mi auguro che i "grilli parlanti" non vengano più schiacciati, ma ascoltati attentamente, con cura ed interesse. C’è molto da fare, dire, spiegare, per un’Italia – e un mondo - migliore.

Henrietta Yeboah, Liceo Classico Cuneo

 

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