Meteo Radio Stereo 5 Euroregion Facebook Twitter Youtube Linkedin

La "scalata" di Berlusconi al Quirinale fa invocare sempre più un Mattarella bis

CUNEO

Foto
Condividi FB

PIERCARLO BARALE - L’imperversare di Berlusconi - il suo telefonista e missus dominicus Vittorio Sgarbi chiama parlamentari di qualunque partito, invitandoli a votare il già cavaliere e passa il medesimo per una vibrante richiesta personale - non ha consentito finora di individuare un candidato non divisivo, condiviso. Resta come unico aspirante un pregiudicato, con processi ed indagini in corso, il bunga bunga e tutto il resto. Parte degli imprevedibili pentastellati - il completamento del quinquennio e la pensione prevalgono sul senso dello stato e garantiscono il futuro di probabili disoccupati - è orientata alla rielezione di Mattarella. Non sopporterebbero lo "psiconano" - così ribattezzato dal loro leader Grillo - al Quirinale. Temono però, appoggiando Draghi, le elezioni anticipate. Berlusconi ha dichiarato - come sempre indirettamente - l’abbandono immediato del governo da parte dei forzisti, ove venga eletto Draghi. Così ha fatto, ma a corrente alternata, l’amletico Salvini, poi smentendo e poi ancora smentendo la propria smentita.

Se la pervicacia berlusconiana non verrà raffreddata, come nel modo felpato che lo contraddistingue, ha ipotizzato anche il fedelissimo Gianni Letta, si arriverà alla prima votazione senza alternative di elezione per l’unico autocandidato, promosso come leader dell’intera destra. L’ipotesi della rielezione di Mattarella è tornata in campo. Ci si troverà nella situazione verificatasi per Napolitano, che in un primo momento rifiutò. Dopo l’ennesima votazione buca, accettò di essere rieletto, pressato in modo asfissiante dai rappresentati di tutti i partiti. Al momento del giuramento, lavò accuratamente le teste dei suoi elettori, tacciandoli di inettitudine per non essere stati in grado di assicurare al paese un nuovo presidente. Ove si arrivasse alla paralisi dopo le prime votazioni andate buche, a prescindere dal comportamento che andrebbe a tenere Berlusconi per le successive, potrebbe verificarsi una situazione analoga all’unica precedente.

I partiti - tutti, cosa pressoché impossibile, vista la contrarietà di Berlusconi e Meloni - potrebbero invitare il riluttante Mattarella ad accettare la veste di rieletto. Non si tratta, nel caso, di una procedura elettorale come per sindaci, presidenti di province e di regioni, alla quale ci si propone con una lista. Il presidente della Repubblica viene eletto, non si candida. Di norma, come finora è avvenuto, sono i partiti a proporlo ed a sincerarsi dell’accettazione, per evitare l’elezione di persona che potrebbe non accettare, comunicare subito dopo l’elezione, tale decisione. Oppure, al momento della cerimonia del giuramento potrebbe non giurare e rifiutare il risultato dell’elezione, non assumendo l’incarico.

Per qualche studioso, è l’elezione e non il successivo giuramento avanti le camere riunite - in tal caso, senza i rappresentanti regionali - a conferire l’incarico presidenziale. Sicché, se vi sarà rifiuto di accettazione dell’elezione, non si dovrà procedere oltre con nuove votazioni. In tal caso il presidente del collegio elettorale dovrà comunicare ai grandi elettori la rinuncia all’incarico da parto dell’eletto, senza attendere che essa venga dichiarata all’atto del futuro giuramento, che non dovrà più essere fissato. Ne consegue che si troverà nella stessa situazione delle dimissioni del presidente in carica, della sua decadenza o del decesso o della sopravvenuta invalidità a continuare il mandato. Vi sarà la supplenza del presidente del Senato per indire nuove elezioni presidenziali con la convocazione di un nuovo collegio elettorale da parte del presidente della Camera. Occorreranno alcuni mesi di attesa perché il Parlamento possa prendere atto di quanto avvenuto ed orientarsi su altri eleggibili.

Secondo altri giuristi, l’elezione si concreta solo con il giuramento dell’eletto avanti il collegio di elezione, senza i rappresentanti regionali. Se non c’è giuramento, non c’è presidente. Secondo la precedente impostazione, già al termine della votazione c’è il presidente. L’operatività dello stesso - come in altre costituzioni - inizia soltanto con il giuramento. Non vi sono precedenti in merito, perché l’unica rielezione - concordata, seppur in zona Cesarini, con tutti i partiti - è stata quella di Napolitano, pattuita con termine biennale e non settennale. Tale limitazione pattizia non è prevista dalla Costituzione, in quanto l’incarico dura un settennato. Se, in forza di impegni assunti prima dell’elezione, Napolitano non avesse voluto dimettersi dopo il concordato biennio, lo avrebbe potuto fare senza incorrere in sanzioni di sorta. L’impegno era solo d’onore, sprovvisto di ogni rilevanza giuridica, assunto personalmente da privato cittadino, non ancora presidente. Per altro, in violazione del tassativo termine settennale.

Anche se richiesto da tutti i partiti di fare il bis, Mattarella potrebbe non aderire e rifiutare la proposta, in conformità a quanto più volte ha dichiarato e puntualmente illustrato sotto il profilo costituzionale. Se venisse ugualmente rieletto, in conformità al dettato costituzionale, potrebbe accettare suo malgrado. Potrebbe invece in caso di effettiva non accettazione, comunicare al presidente della Camera, che è il presidente del collegio elettorale, tale decisione, senza obbligo di motivazione, ove non ritenuta dovuta dall’eletto stesso. Secondo qualche studioso - non ci sono precedenti né regolamenti attuativi sul punto - preso atto della non accettazione, il presidente del collegio procederebbe a successive votazioni. Seguendo invece la teoria illustrata in precedenza, si dovrebbe chiudere negativamente la votazione, affidare l’eventuale supplenza al presidente del Senato, il quale inviterebbe il presidente della Camera a riconvocare il collegio dei grandi elettori, integrato dai rappresentati regionali.

Ritengo che Mattarella, in conformità a quanto più volte espresso, se venisse eletto nonostante la manifestata indisponibilità, si troverebbe in enorme difficoltà. Dovrebbe decidere tra mantenere fede al principio da lui stesso espresso circa la non continuazione con un nuovo incarico, pur trovandosi in un momento di grande difficoltà del paese per il Covid e di epocali decisioni sotto il profilo economico, con l’utilizzazione dei contributi europei per l’effettiva modernizzazione dei paesi. La rielezione non a sua insaputa, ma nonostante la sua manifestata indisponibilità, non potrebbe concludersi, se non con la mancata accettazione. O esternata nell’immediato, o con la mancata partecipazione al giuramento. Non si può pasticciare con la Costituzione da parte di partiti e parlamentari quali apprendisti stregoni costituzionalisti, disponendo la riduzione del settennato a proprio piacere, foss’anche con l’assenso dell’eletto. 

Piercarlo Barale

VIDEO