CUNEO
CUNEO CRONACA - Da poco più di un anno in provincia di Cuneo (prima area in Italia) un progetto pilota finanziato con i fondi del PNRR contribuisce al benessere delle persone anziane non autosufficienti. Cercare di rendere il più possibile autonome le persone anziane non autosufficienti, soprattutto quelle che vivono in territori la cui collocazione è più distante dai centri abitati di grandi dimensioni, come per esempio le frazioni montane o gli agglomerati più ridotti.
È questo lo scopo principale del progetto pilota avviato in tutta la provincia di Cuneo a gennaio 2024 e finanziato con i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sulla linea di intervento 1.1.2, che vede cooperare il Consorzio Socio-Assistenziale del Cuneese, nel ruolo di capofila, insieme al Consorzio Monviso Solidale, al Consorzio Socio-Assistenziale Alba-Langhe-Roero, al Consorzio per i servizi socio-assistenziali del Monregalese, all'Unione Montana delle Valli Mongia e Cevetta – Langa Cebana – alta Valle Bormida e alla Convenzione per la gestione associata dei servizi socio-assistenziali ambito di Bra in qualità di partner. Oltre a questi Enti, sono quattro le realtà coinvolte operativamente: le cooperative Valdocco, Proposta 80, Gesac e Progetto Emmaus.
Sulle aree di pertinenza del CMS – e cioè saviglianese, fossanese e saluzzese, quest'ultima comprendente anche le valli Po, Varaita, Bronda e Infernotto – da più di un anno lavorano due distinte équipe multidisciplinari di operatrici e operatori, il cui compito è fondamentalmente quello di far sì che le persone anziane con poca o nulla autosufficienza possano continuare a vivere nella propria abitazione.
«A tale scopo, un case manager fa visita con cadenza settimanale alle donne e agli uomini coinvolti nel progetto», dichiara Anna Bergese, operatrice in forza alla cooperativa Proposta 80 e community manager. «Queste stesse persone vengono inoltre fornite di una serie di dispositivi elettronici utili a semplificarne la quotidianità; tecnologie assistive di facile uso capaci però di fare davvero la differenza, perché grazie a esse il soggetto può non solo connettersi via tablet o smart TV con chi si trova fisicamente in un altro luogo (operatrici e operatori) e quindi curare la propria socialità ed evitare per quanto possibile i momenti di solitudine, ma può anche usufruire di un continuo monitoraggio dei propri parametri fisiologici proprio grazie alla migliore tecnologia oggi disponibile sul mercato: ne è un esempio il Digital Care Protector, uno speciale orologio che, indossato dalla persona, ne tiene sotto controllo il battito cardiaco, la pressione arteriosa, la saturazione del sangue e la temperatura corporea, inviando un segnale d'allarme al care giver del progetto o direttamente al personale medico e paramedico in caso di anomalie riscontrate nei valori registrati. È tuttavia importante ricordare anche il kit di domotica messo a disposizione di quelle stesse persone, composto da sensori 'porta', 'fumo', 'monossido', 'acqua', 'presenza' e 'movimento': attrezzature di ultima generazione che vengono installate nelle abitazioni e che, grazie alla loro concessione in comodato d'uso, contribuiscono a generare un indispensabile quanto salutare senso di tranquillità e di sicurezza negli individui interessati».
Nello specifico, sui territori di competenza del CMS i soggetti seguiti dal personale impiegato nel progetto sono anziani e anziane non autosufficienti la cui condizione era già nota ai servizi sociali e perciò specificamente segnalata al community manager, una figura professionale che si occupa di tutto ciò che riguarda l'ambito gestionale e organizzativo. Attualmente le persone coinvolte sono quaranta: 20 nel fossanese e nel saviglianese, 20 nel saluzzese e nelle vallate adiacenti.
Sono senza dubbio molteplici gli aspetti positivi che un progetto come questo comporta per i soggetti interessati e per le comunità della Granda, che – è importante ricordare – è la prima provincia italiana ad aver avviato tale sperimentazione. «Anche se le criticità non mancano», continua Anna Bergese, «queste sono perlopiù legate alla novità stessa di un sistema complesso che stiamo pian piano rodando sul campo. Resta però il fatto che si tratta di un notevole avanzamento in direzione del benessere psicologico, sociale e fisico delle persone anziane coinvolte, che in questo modo finiscono per sentirsi davvero meno sole: e in questo senso i passaggi settimanali in abitazione effettuati dai nostri case manager e la possibilità di stabilire contatti audio-video con i referenti territoriali delle équipe rappresentano punti di forza innegabili in grado, nel limite del possibile, di garantire a queste persone di poter restare a vivere nella propria casa ed evitare il non facile percorso di istituzionalizzazione. Inoltre, come operatori misuriamo l'impatto positivo dell'azione di progetto dalle stesse reazioni di chi incontriamo ogni giorno, il che ci spinge a pensare che la strada intrapresa sia quella giusta».
Il progetto 1.1.2 del PNRR si concluderà formalmente il 31 marzo 2026.