CUNEO
ALDO A. MOLA - Nella Granda - dicono alcuni - si sta meglio che in altre plaghe di un Paese che sta male, ai margini di un'Europa che va peggio. Eppure nel 2015 il Cuneese non ha conseguito alcuno degli obiettivi strategici urgenti. La rete delle comunicazioni è qual era. L'aeroporto ha da poche ore una classificazione nuova, ma il suo assetto è identico. Forse sulla Cuneo-Nizza transiteranno convogli francesi sino a Limone, ma la linea sarà pressoché identica.
E il Tenda bis? Quanto alla Asti-Cuneo, ormai figura tra le barzellette. Infine, come osservammo un anno addietro, le banche fondate nella Granda tra metà Ottocento e inizio Novecento ora sono 'locali' solo di nome. Il 2016 chiuderà questo cerchio. Ma - dicono alcune statistiche - nella Granda si sta meglio che altrove.
In realtà vi è in corso un processo regressivo, le cui conseguenze si vedranno nel tempo, quando forse saranno irreversibili. Due sono le sue cause principali, frutto di decisioni superiori (torinesi e romane), subite in loco con supina rassegnazione. In primo luogo va indicata l'abolizione dell'elezione diretta del consiglio provinciale e del presidente della Provincia. Ne è nata una divaricazione tra cittadini e istituzioni che non sarà mai colmata dall'efflorescenza di associazioni né dal volontariato, più o meno fittizio. L'abolizione dell'elettività alle cariche rappresentative costituisce un impoverimento netto della democrazia, come accadrà per il Senato e con una Camera dei deputati formata su designazione anziché per libera scelta dei cittadini.
Poiché stavano elaborando una seria alternativa alla colpevole indifferenza del governo centrale nei confronti della realtà locale, anziché venir rese più rappresentative e determinanti (come occorreva), le Comunità Montane sono state drasticamente liquidate, creando così il vuoto che le Unioni dei Comuni (spesso raffazzonate) non suppliscono affatto, come si vede dal rinvio a fine 2016 dell'unica misura davvero urgente: l'obbligo del consorzio dei servizi fondamentali per i Comuni con meno di 3000 abitanti (la maggior parte di quelli cuneesi e torinesi). L'impoverimento della democrazia così si somma al municipalismo più gretto ed emerge la realtà dei fatti: tante riforme quotidianamente decantate sono solo nominali, specchietti per le allodole. Si sostanziano nella sempre più abissale separazione tra istituzioni (occupate da clans autoreferenziali) e cittadini.
Il secondo fattore della regressione è l'eclissi dei laboratori di formazione della classe dirigente, educata a capire e a servire il bene comune. E' sintomatica la scomparsa di periodici istituzionali sia pure lontanamente paragonabili a Cuneo, Provincia Granda di Gino Giordanengo e del mensile un tempo varato dal'ATL, a tacere della rivista oltre mezzo secolo fa ideata da Adolfo Sarti e intitolata orgogliosamente Provincia. All'epoca la Granda difendeva con le unghie con i denti la propria peculiarità: non piegarsi al torinocentrismo poi imperversante e rivendicare una strategia politica e civile propria, come aveva fatto nelle generazioni precedenti.
Se stare meglio vuol dire accontentarsi di campare arroccati ai margini della storia e contemplare serenamente il crepuscolo in attesa del buio finale allora si sta benissimo ovunque, purché lontani dal traffico, dalle ferrovie, dalle autostrade, dagli aeroporti. Saranno però poi altri dall'esterno, prepotenti e venturieri, a decidere quando e come saccheggiare l'oasi del benessere. A quel punto chi avrà l' autorità istituzionale credibile per chiamare i cittadini a raccolta? Ognun per sé. Pasciuto e indifferente a ogni appello.
Aldo A. Mola
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Ringraziamo lo storico cuneese prof. Mola per la consueta riflessione annuale sulla provincia di Cuneo, che condividiamo pienamente (g.g.)