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Bra, l'attrice Roggero: "Lavoratori dello spettacolo considerati invisibili nell'epoca del Covid"

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Fulgida Roggero, teatrante a trecentosessanta gradi: attrice, regista, formatrice teatrale, presidente della Compagnia il Teatro delle dieci, di Torino, racconta: “Il 22 febbraio tutto è stato cancellato da un colpo di spugna. Ci siamo ritrovati dall'oggi al domani senza alcun tipo di indennizzo.

“Cosa prevedono i vostri contratti?” “Il contratto per causa di forza maggiore, può essere interrotto in qualsiasi momento.

Non è colpa delle Istituzioni, dei Comuni, o delle scuole pubbliche con cui lavoriamo, dipende solo dalle condizioni capestro con cui stipuliamo i contratti, in essi è implicita questa precarietà!

Certo il Covid, dopo tanti anni di lavoro ci ha destabilizzato. Per carità nessuno ne ha colpa.”

“ Allora? Di chi è la colpa!”

“Della concezione della nostra professione come se fosse un divertimento, un passatempo, un non lavoro, un qualcosa senza dignità.”

Fulgida modula la voce, si esprime con tono pacato, in lei non c'è ombra di rabbia, o di polemica, solo una chiara esposizione dei fatti, in cui prevale l'amarezza, questo sì.

E continua: “La prova ne è, quasi come un copione trito e ritrito, che quando dico che lavoro faccio: “Ah, che bello! Anch'io ho una cugina che recita in una compagnia amatoriale! Lo fa per divertimento.” “Invece io lo faccio di lavoro” ribatto. E loro:“Si, ma per vivere che lavoro fai?” “Io di questo lavoro ci vivo perchè studio, preparo copioni, mi occupo di progetti laboratoriali, poi, magari vado anche a fare le prove per andare in scena. Questo, tutti i santi giorni, spesso per 12 ore filate, e anche durante le feste comandate.”

E insistono :“Ma riesci a vivere?”

A quel momento bisogna trattenersi. E' che le persone proprio non comprendono: il nostro è un lavoro invisibile. Poi, quando i loro figli, che a scuola frequentano i laboratotri di teatro salgono sul palco sono entusiasti, ma non pensano che dietro c'è il nostro lavoro.

Il problema è che chi lavorando si diverte, non ha dignità in questo paese.

Sono 35 anni che lavoro, sì mi diverto a volte, altre faccio fatica è un lavoro estenuante non ci si ferma mai, perchè poi, chissà se domani il lavoro ci sarà.

Viviamo sempre camminando sull'orlo di un baratro. In aggiunta c'è chi, continuamente, mette in dubbio la nostra professionalità, muovendo critiche sterili, spesso dettate dall'invidia.

Nei nostri confronti c'è lo stesso sentimento del Medio Evo verso i teatranti: persone senza dignità, cialtroni, guitti.

Con il covid è emersa la nostra condizione di lavoratori non riconosciuti, la nostra totale invisibilità.

“Non c'è modo di reagire?” “Sta nascendo una coscienza di categoria, è necessaria, che poi riusciremo a collaborare ad aiutarci davvero, questo non lo so, siamo una razza un pò individualista.

Sono molti i comitati di attori e lavoratori del mondo dello spettacolo in Piemonte, ne nomino qualcuno: Facciamo la conta; Attori e attrici uniti”; Lavoratori e lavoratrici dello spettacolo, poi c'è anche la sede Piemontese. Abbiamo manifestato in piazza Castello a Torino, domenica 27 giugno a Roma, e poi con vari sitting davanti al teatro Carignano.”

“Lo stato che provvedimenti ha preso nei vostri confronti?” “Lo stato ha promesso a noi teatranti con 30 giornate lavorative di contributi versate nel 2019, un'indennità di 600 euro al mese per i mesi di emergenza. Purtroppo, oltre agli altri artisti, cantanti, opera lirica, danzatori, c'è un esercito di persone che lavorano dietro le quinte, coreografi, costumisti, tecnici audio e luci, attrezzisti, macchinisti, ecc.. che a schiaffo, dall'oggi al domani si sono trovati senza lavoro.

Grazie alle proteste e all'intervento del sindacato della Comunicazione Slc-Cgl di Milano, l'unico che conosce la nostra condizione e che se ne occupa, abbiamo ottenuto che il tetto per ricevere questa indennità, non fosse di 30, ma di 7 giornate.

Nel mio caso, che soprattutto con la mia compagnia ho praticato la legalità, con 80 giornate lavorative il problema non si pone, mentre si pone per tanissimi altri lavoratori che hanno avuto contratti capestro in nero, senza rispetto per la legalità del lavoro, così non hanno diritto neppure all'indennità di 7 giornate, perchè non le hanno raggiunte.

Però, dei 600 euro che mi spettano ho ricevuto solo quelli del mese di marzo, e non ancora quelli di aprile e maggio, come Conte ci aveva promesso in quel famoso intervento in cui diceva: “Gli artisti che ci fanno tanto divertire...”. Solo questo ha detto di noi, qualificati come giullari di corte, è una definizione che non ci rappresenta, oltre al divertimento offriamo qualcosa di più.

Posso capire che parlino così, perchè in questa drammatica situazione non sanno a che santo votarsi. Quindi, causa la pandemia, sono stati chiusi tutti i luoghi in cui noi svolgevamo il nostro lavoro.

“Come hai occupato i mesi di chiusura?” “Facendo corsi online con i mei allievi, ma in coscienza, non ho chiesto un compenso per un esperimento, perchè quello è stato: poca dimestichezza con i mezzi tecnici, sia da parte mia, e anche degli allievi, oltre ai problemi di connessione.”

“Adesso, come stanno le cose?”

“Questi 600 euro non si vedono, il sito dell'Imps conferma che li riceveremo. Chissà quando! Per molti i 600 euro rappresentano la sopravvivenza.

Hanno riaperto i teatri stabili, le grandi Istituzioni, che comunque avevano già ricevuto il denaro dallo stato dalle regioni, per i loro progetti che hanno realizzato adattandoli alle norme vigenti.

Ma il dramma del momento è che, appena il dieci per cento dei lavoratori dello spettacolo italiani, avranno un'occupazione.

I comitati della categoria l'hanno definita una falsa ripartenza. Per questo motivo abbiamo manifestato davanti al teatro Carignano.

“Quali sono le tue speranze?” “Che da tutto questo nasca una nuova coscienza, innanzitutto nostra, se finora abbiamo subito questo trattamento, è anche colpa nostra, ma soprattutto che si smuova la coscienza delle persone, delle istituzioni con cui collaboriamo. Insomma, rispetto della nostra dignità di artisti, di lavoratori che portano le proprie energie alla gente.”

Fulgida che non rinuncierebbe per nulla al mondo alla sua professione, mi confida sussurrando: “Non si può smettere, perchè fare teatro è un'urgenza. E' una malattia, non puoi più fare altro che quello. Tutto il resto è un ripiego.

Fiorella Avalle Nemolis

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