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L'appello agli Usa del nipote di Bartolomeo Vanzetti: "Le ceneri di mio zio tornino a Villafalletto"

CUNEO

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CUNEO CRONACA - Riceviamo dall'autore saviglianese Luigi Botta, tra i più autorevoli studiosi al mondo del caso di Sacco e Vanzetti, la lettera di Giovanni Vanzetti con la quale viene richiesto il rientro delle ceneri in Italia. L’urna, a quasi cent’anni dall’esecuzione, è ancora negli Stati Uniti, presso la Public Library di Boston.

"Chi scrive è Giovanni Vanzetti (nato a Villafalletto il 12 marzo 1940), nipote di Bartolomeo Vanzetti, l’italiano ingiustamente condannato con Nicola Sacco alla sedia elettrica e giustiziato nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1927 nel carcere di Charlestown, a Boston, nonostante sette anni di proteste mondiali e ripetute richieste di revisioni processuali mai concesse. L’innocenza dei due italiani, perorata da milioni di persone, resa evidente dai verbali degli atti del processo (pubblicati negli Stati Uniti già nel 1928) e confermata decennio dopo decennio da centinaia di pubblicazioni editoriali in ogni parte del mondo, a distanza di cinquant’anni dall’esecuzione è stata infine riconosciuta dal Governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, con il proclama del 19 luglio 1977, che ha di fatto ammesso gli errori compiuti dalla giustizia dello Stato chiedendo ufficialmente scusa alle due vittime, alle loro famiglie ed ai connazionali tutti.

È opinione comune, consolidata da una tradizione popolare che non trova fondamento nei documenti, che i resti dei due italiani inceneriti presso il crematorium di Forest Hill a Boston il 29 agosto 1927 trovino riposo presso i cimiteri dei rispettivi paesi italiani, Villafalletto e Torremaggiore. In realtà le circostanze particolari dell’epoca avevano portato i responsabili dell’allora Comitato di difesa a dimezzare i contenuti e raddoppiare le urne, destinandone due all’Italia e conservandone altrettante negli Stati Uniti in attesa della costruzione di un auditorium – allora definito Freedom House – da intitolarsi a Sacco e Vanzetti nel quale depositare ufficialmente i resti. Lo scultore Gutzon Borglum realizzò una targa bronzea da destinare proprio al mausoleo pubblico che avrebbe dovuto ospitare le urne, ma l’auditorium a lungo menzionato nei documenti, sui giornali e negli incontri commemorativi non venne mai realizzato.

È stata mia zia Luigina – sorella di Bartolomeo – a portare materialmente in Italia, con un viaggio in nave, i barattoli metallici contenenti la metà delle ceneri di Nicola e di Bartolomeo, adoperandosi affinché gli stessi trovassero degna sepoltura nei rispettivi luoghi d’origine. La donna, alla quale il padre Giovanni Battista aveva imposto di trasportare la salma del fratello per inumarla nella tomba di famiglia, sapendo di non potersi sottomettere al genitore per contingenze superiori alle sue forze, prima di partire aveva richiesto al Comitato statunitense di ufficializzare con atto notarile la presenza americana della metà delle ceneri del fratello, impegnando il Comitato stesso a fornire loro degna sepoltura nel più breve tempo possibile.

A fronte di ciò (e in assenza della sepoltura avallata ufficialmente) mia zia Luigina si adoperò sino alla morte – avvenuta nel 1950 in conseguenza alle pene patite per la fine del fratello e per le infamanti accuse ricevute –, nella richiesta dei resti di Bartolomeo: lo fece inviando lettere agli amici americani, al Comitato, e sollecitando costantemente, con la massima riservatezza, il rispetto degli impegni presi nell’atto notarile verbalizzato il giorno stesso del rientro. Per tre volte l’urna fu prossima al ritorno in Italia, ma ogni volta, per questioni diverse, il suo trasporto fu impedito. Il contenitore in rame con la metà delle ceneri di mio zio Bartolomeo e la certificazione comprovante il suo contenuto inizialmente furono consegnati alla vedova di Nicola Sacco, presso la quale rimasero per tre anni. Furono quindi trasferiti presso la casa di Alfonsina Brini, che in modo molto prudente e rispettoso riuscì a custodirli per ben trentasei anni – subendo anche un danneggiamento per furto –, sino a quando, poco prima di morire, li consegnò ad Aldino Felicani, nella cui tipografia di Boston rimasero per altri dodici anni, sino alla definitiva destinazione avvenuta nel 1979 alla Boston Public Library dove sono tuttora conservati.

Lo scrivente, nella sua qualità di famigliare ed erede diretto di Bartolomeo Vanzetti, si rivolge rispettosamente alle autorità statunitensi depositarie dei preziosi resti affinché predispongano la naturale destinazione dell’urna al luogo ove la medesima dovrebbe trovarsi, cioè al cimitero di Villafalletto, affinché possa essere depositata nel rispetto del destino umano, finalmente in pace con sé stessa e con il mondo, a fianco dell’altra urna contenente la metà delle ceneri, già presente nel luogo dei morti del paese, vicino ai propri familiari, sin dall’ottobre 1927".

Luigi Botta di Savigliano (Cuneo), autore di "Le carte di Vanzetti", è tra i più autorevoli studiosi al mondo del caso di Sacco e Vanzetti (nel tempo, sull’argomento, a lui si devono: «Sacco e Vanzetti: giustiziata la verità», «La marcia del dolore», «”Figli non tornate!” (1915-1918», «Sacco e Vanzetti: la fine di un breve sogno americano», «Sacco & Vanzetti. Cronologia e strumenti di ricerca», «1927-2017 Sacco e Vanzetti» e «Bartolomeo Vanzetti. Una vita proletaria - Retroscena del processo di Plymouth», oltre a numerosi saggi su periodici e riviste e tanti articoli sui giornali, italiani e statunitensi). Sta lavorando alla pubblicazione fedele e ragionata dell’epistolario familiare di Bartolomeo Vanzetti (circa duecento lettere, la metà delle quali inedite).

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