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Alba dei miracoli: "I ricordi di noi bambini legati a quei treni favolosi verso Neive e Asti"

ALBA

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TERESIO ASOLA - Ad Alba, in provincia di Cuneo, ha ripreso a sbuffare di nuovo nella nebbia il treno a vapore che portava a Neive, paese dei miei nonni, e oltre, verso Asti, che per me era già estero. Regalo per questo una delle parti del romanzo L'Alba dei miracoli in cui si parla di quei treni favolosi che giganteggiavano, ruggendo e sputando vapore, tra Alba e Neive:
 
"(...) correvamo al cavalcaferrovia di corso Piave vicino alla caserma dove montava di turno il militare, sulla sinistra dell’ingresso carraio, e ci fermavamo a guardare l’«attenti» per ascoltare la battuta dei piedi sul legno al passaggio dei superiori o delle ragazze. A pochi passi dalla caserma, vicino alla pensione Ave, latrava il cane collie Bill a guardia del vecchio mulino Valente dei Boggione, persone per bene, e ci divertivamo a osservare il muso mansueto della bestia puntare la strada e attraversare da solo il semaforo pedonale con flemma britannica, all’apparire dell’«avanti». Ci andavamo quasi apposta, lì, per guardarlo.
 
Ma soprattutto, andavamo per i treni. Per quelli a vapore che sbuffavano verso Asti, più che per le littorine dirette a Torino. Al fischio del capostazione ci precipitavamo a guardare dal ponte della ferrovia in corso Piave o dall’altro di corso Italia e aspettavamo che la locomotiva ci inondasse di vapore grigiastro fino a farci scomparire in una nuvola odorosa di carbone e lubrificanti. E osservavamo il rifornimento d’acqua alle locomotive che avveniva dall’alto, attraverso un alto tubo.
 
I treni a vapore li sentivo sbuffare dalla cameretta, e spesso correvo alla finestra o uscivo di corsa da casa per andare in stazione a salutare il macchinista che ricambiava agitando la mano guantata. Intravedevo negli sbuffi di fumo i carbonai che con le pale alimentavano la caldaia. Scendevamo fra i binari per raccogliere del maciafer, i rosticci neri, scorie di carbone da mettere nel presepe a simulare le rocce, e una volta abbiamo posato una mia monetina da cinque lire sul binario per vedere come diventava: non l’abbiamo mai scoperto perché non l’abbiamo più vista. Guardai in cagnesco Alex, ideatore della trovata.
 
Il fumo del treno mi ricordava una storia vera, accaduta a Neive e raccontatami da bambino. Uno dei convogli che portavano uomini, donne e bambini verso i campi di concentramento, si fermò subito fuori dalla galleria di Neive. Qualche neivese provò ad avvicinarsi per passare loro un po’ d’acqua, fosse stata anche solo l’eva marsa, ferruginosa anche nell’odore, della fontanella della stazione. Ma il treno ripartì, lento. I prigionieri gettarono dei biglietti che volarono come farfalle bianche dall’unica finestrina di una spanna per due nel legno del vagone bestiame. I neivesi raccolsero i pezzi di carta. Nessuno sa che fine abbiano fatto quei messaggi, e ancor meno chi li scrisse. (...)".
 
Teresio Asola 
 
(Foto tratta dalla pagina Facebook "Città di Alba")

 

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