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Judo, Nino Carnebianca con il "settimo dan" è per tutti gli allievi di Bra un maestro di vita

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Alto, fisico atletico, volto scavato ma interessante, andatura un po' dinoccolata, anche di spalle è inconfondibile il maestro Nino Carnebianca, judoka braidese 7°dan. Ma a tanta fisicità non ostentata, si accompagna una gestualità signorile, inconsueta negli atleti. Il maestro di judo Nino Carnebianca nasce a Laconi, in provincia di Nuoro, il 2 marzo 1943.

A soli 16 anni la prima medaglia: a San Marino vince il titolo di campione italiano di judo della sua categoria. A 18 anni si trasferisce a Torino per allenarsi con il suo maestro. Nel 1961 fa già parte della nazionale di judo. La sua carriera agonistica prosegue rapidamente, e la storia continua.

Nino è davanti a me piegato sulla sedia in tutta la sua lunghezza, incrocia le braccia, sorride, e in tono scherzoso: “Fiorella, cosa vuoi sapere?”, con ancora quel pizzico di seducente accento sardo.

Cosa significa 7°dan?

"Dan significa meriti acquisiti in due modalità: una agonisticamente, l'altra per meriti sportivi. Il 7°dan conferisce la carica di docente esaminatore durante gli esami accademici".

Quest'anno festeggi i 50 anni di attività. Ne hai da raccontare. Quando inizia il tuo insegnamento a Bra?

"A Bra nel 1971 inizio come titolare della palestra di judo in via Vittorio, l'unica privata, poi mi trasferisco in piazza Carlo Alberto, in seguito in via San Rocco, poi nel 2010 ho acquistato le mura della palestra all'interno del palazzetto dello sport in via Gabotto 120, a Bra, e ho fondato con mia moglie Mimma Faramia il Centro Judo Bra. E' un locale di 600 metri quadri, in cui la sala centrale è dedicata all'insegnamento del judo, nelle altre adiacenti al karate e lo yoga".

E nel frattempo com'è proseguita la tua carriera agonistica?

“Nel 1974 acquisisco il titolo di atleta internazionale conseguendo il diploma dell'Accademia europea di judo a Roma, che mi sceglie tra i più meritevoli per frequentare a Pordenone l'Accademia per la formazione di insegnanti tecnici, altamente qualificati. Un progetto per inserire l'accademia del judo nelle scuole, quindi tramandare lo spirito del judo e promuovere la dottrina di generazione in generazione. Proposto come disegno di legge dal generale Argo Leveghi e dal senatore Gustavo Montini, purtroppo, non venne poi approvato, causa vicende politiche. Scomparso il presidente Augusto Ceracchini, l'accademia svanì nell'80. Sono l'unico insegnante di judo diplomato all'accademia in provincia di Cuneo, ormai in Italia saremo solo più una settantina.

Ti capita che qualche allievo si ribelli ai tuoi comandi?

"Non accade, quando il maestro dice tutti fanno. Oltre allo studio della tecnica, dell'anatomia per la formazione fisica dell'allievo e della psicologia, l'accademia insegna il rigore e l'autorevolezza. Nella nostra scuola diamo un periodo di prova, il tempo per decidere se continuare. Spesso le mamme chiedono a mia moglie Mimma: 'Signora, vorrei tanto una foto a grandezza naturale del maestro da mettere in casa. Solo al maestro non dicono mai di no, e chiedono il permesso per fare qualsiasi cosa'. Sono rigoroso durante la lezione, ma fuori dal tatami mi interesso a loro, e incoraggio i piccolini carezzandoli sul capo. Mi vogliono bene come io ne voglio a loro".

Che significa la parola judo?

Judo vuole dire: via della dolcezza e della cedevolezza.

"Sul tatami lo scopo è di destabilizzare l'avversario usando i suoi movimenti e la sua forza attraverso alle tecniche di caduta immobilizzazione a terra, prese di strangolamenti, senza fare male, e leve sulle articolazioni. La pratica costante e regolare, guidata dai principi filosofici e dal rispetto dei suoi fondamenti, favorisce l'autonomia, la padronanza di sé, il rispetto degli altri e una migliore qualità di vita. Non per niente l'Unesco ha dichiarato lo sport del judo come migliore attività fisica per bambini e ragazzi da 4 ai 21 anni in quanto promuove un'educazione fisica completa. Grazie alla pratica del judo sono diventato quello che sono".

Quali sono i passaggi per creare un campione completo?

"Per fare un paragone: dalle elementari, si passa liceo, e poi all'università. Nella nostra palestra con 187 iscritti, molti per 29mila abitanti, si arriva fino al liceo, poi è necessario passare ad una palestra di una grande città che conti come minimo 600 iscritti. Un campione si forma solo dove si può confrontare con almeno 100 cinture nere".

Nel tuo Centro Judo, il liceo, hai creato campioni italiani?

"Sì, le braidesi Luisa Messa, Milena Caravelli, mio figlio Guido Carnebianca, Walter Rovera di Cuneo e molti altri. Attualmente sono molto soddisfatto e orgoglioso dei miei allievi che hanno conquistato ottimi posti ai campionati italiani: hanno lavorato sodo, con grande impegno e rigore".

Nino Carnebianca dalla prima moglie ha avuto i figli Fabio e Christian; dalle seconde nozze con la dott.ssa Mimma Faramia, ex co titolare della farmacia Fides in Bra, ora presidente della Centro Judo, è nato Guido. Christian, Fabio e Guido hanno seguito le orme del padre con importanti successi agonistici in arti marziali, ed ora lo affiancano con l'insegnamento al Centro Judo Bra.

Concludo con il commento dell'amico Luciano Luchini di Pordenone, suo ex compagno di accademia: "Nel judo il discorso morale, etico è importantissimo. L'amico maestro Carnebianca di questo ne ha fatto una bandiera. E' un signore: quindi nobile e umile, bisogna riconoscere i meriti a chi è più avanti. Lui è quello che è".

Fiorella Avalle Nemolis

Nelle foto: Nino Carnebianca con i figli e all'Accademia (al centro)

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