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Il sindacato deve capire che con Draghi non è tempo di "concertazione" o di scioperi generali

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Il leader Cgil Landini vuole applicare, con il governo Draghi, il metodo della concertazione. Come se si trovasse ancora a trattare con i due governi Conte. Allora il premier non muoveva foglia che Landini non voglia (ho privilegiato la rima, sacrificando il congiuntivo). Draghi sente tutte le parti: rappresentanti di professionisti, commercianti, agricoltori, settori turistici, artigiani, industriali. Le decisioni sono assunte dal governo secondo il programma concordato. Si tratta delle riforme richieste dall’Europa. Si sentono separatamente i rappresentanti di tutte le categorie: non tutti assieme attorno ad un tavolo.

Landini è di fatto il leader della triplice, che aveva raggiunto, anni addietro, peso impressionante sulle decisioni governative ed anche legislative. Tale da condizionare governi e parlamenti. La Cgil veniva definita la cinghia di trasmissione, che convogliava i voti degli associati al Pci e ne patrocinava proposte e modalità di esecuzione. Le classi operaie divennero via via piccola borghesia: auto, alloggio, figli alle superiori e talvolta all’università. Potevano godere di un mese di vacanze, tredicesima - per i bancari anche quattordicesima - per trascorrere le ferie senza problemi economici. È risaputo che, quando non si lavora si spende di più. È allora che occorrono più quattrini.

I tre principali sindacati, dopo anni di disaccordi, sono tornati all’unità. Lottavano separati, ma colpivano quasi sempre uniti. Bersaglio solito: il padrone, quasi sempre industriale. Frequentemente venne identificato nel governo. Al quale è toccato provvedere a reperire nuovi posti di lavoro, salvare aziende decotte, ricapitalizzare banche dissanguate da liberalità sollecitate da partiti o tradite da dirigenti incapaci o azionisti di riferimento. Lo stato da anni paga i dipendenti Alitalia, che poco volano e sono in numero doppio del necessario, percependo altresì il doppio dei loro colleghi di aziende private efficienti. Questi privilegiati sono stati tenuti in servizio, non licenziati e probabilmente saranno prepensionati in quasi seimila. Tanti saranno gli esuberi con la nuova Alitalia in corso di costituzione. La stessa cosa sta succedendo con l’Ilva di Taranto. 

Causa Covid, i licenziamenti anche per aziende decotte, tenute in vita artificialmente con contributi pubblici, cassa integrazione infinita, decontribuzioni, sono bloccati e costantemente differiti. Secondo Landini, il governo dovrebbe rimettersi alle valutazioni sindacali, accettando programmi predisposti dalla triplice. Si pretenderebbe una sorta di assenso preventivo. La concertazione è termine di derivazione latina: significa lottare assieme, fare ogni sforzo per riuscire nell’intento concordato. Etimologicamente deriva da cum-certare. Nulla a che vedere con il concerto, che andremo nuovamente a sentire nel dopo Covid. Quest’ultimo, dai romani, veniva chiamato symphonia: vocabolo di origine greca. Significa suonare insieme.

Pare certo che Draghi non aspiri - e certamente non sopporti - di essere indirizzato in modo vigoroso dai sindacati uniti ed in particolare dal loro alfiere. Il quale ipotizza - imitando il personaggio manzoniano, del quale si diceva non fosse aduso minacciare invano - addirittura lo sciopero generale. Tutte le categorie dovrebbero incrociare le braccia per un’intera giornata di protesta: il settore trasporti, la sanità pubblica e privata, i dipendenti pubblici e privati, le banche, le scuole di ogni ordine e grado, dipendenti di negozio, di artigiani, delle industrie, polizie di ogni specializzazione, dalle carceri alle questure, marittimi nei porti o in mare. È l'atomica che Landini ha preannunciato. 

Nell’Italia repubblicana lo sciopero generale è stato poche volte minacciato, non attuato. Su un fronte geograficamente e politicamente del tutto diverso, ricordiamo che il leader nord coreano Kim ha spesso annunciato di voler sganciare qualche ordigno realizzato in house, posizionandoli su missili pure casalinghi. La destinazione annunciata è il Giappone, divenuto storico alleato degli Usa dopo averne sperimentata la potenza terrificante. Ma il bellicoso leader ha da poco esteso la minaccia anche nei confronti delle città californiane. Lo potrebbe fare. Gli Usa, giustamente preoccupati, utilizzano, con l’imprevedibile Kim, carota e bastone, all’insegna del detto romano: si vis pacem, para bellum (devi stare armato e dimostrare una reazione catastrofica per chi ti minaccia). Pare questo il migliore antidoto per evitare attacchi insensati, ma pur sempre possibili.

Torniamo in casa nostra. Le pretese di Landini, di questi tempi, con mezza classe operaia e tutte le attività indebolite dalle conseguenze della pandemia e dalla crisi globale risalente al 2008 ed ancora persistente, paiono del tutto fuori luogo. Sbloccando i licenziamenti - che non è possibile continuare a tenere ingessati - vi saranno alla fine più disoccupati. Le grandi opere e la quasi sicura ripresa produttiva potranno migliorare le condizioni generali e di tutte le categorie, con riassunzioni e nuove assunzioni. Occorrerà lasciar fallire le imprese già decotte e cessare le produzioni non più competitive. Le riforme consentiranno di generare un’economia giovane, dinamica, produttiva. È quello che l’Europa ci chiede e noi stessi dobbiamo saper creare.

Non esiste una bieca posizione dell’Europa matrigna, ma la sollecitazione fiduciosa dell’Unione europea che i nostri padri saggi hanno saputo concordare con altri europei altrettanto saggi. Se lo sciopero generale annunciato verrà indetto ed effettivamente realizzato, non ci sarà la calata di braghe del governo e tantomeno del premier. La bomba scoppierà in mano a Landini ed agli altri due capi-sindacato. Pare opportuna una diplomatica retromarcia della triplice, perché non si vede come intere categorie, compresi i garantiti che con la pandemia non hanno avuto danni e quelli che addirittura si sono avvantaggiati a seguito del Covid, possano avere il coraggio di incrociare le braccia.

Il dictat appare antistorico. Non si può vivere in perenne cassa integrazione, scaraventando - come sempre - i debiti sui giovani in gran parte disoccupati. Neppure su quelli che verranno al mondo con il perfido regalo dello zainetto dei cinquantamila euro di debito pubblico come benvenuto nel nostro Paese. Purtroppo, non pare essere Paese per giovani.

Piercarlo Barale

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