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Il calo delle nascite in Italia rischia di far danni, servono regole all'immigrazione

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Gli organi di informazione hanno ampiamente commentato i dati forniti dall'Istat: nel 2019 le nascite sono state 435 mila e i decessi 647 mila. Occorre considerare la notevole emigrazione di cittadini ed il numero degli immigrati in calo. Nel 1960 le nascite toccavano quasi il milione, garantendo un trend positivo. La speranza di vita è arrivata a 85,3 anni per le donne e 81 per gli uomini; un mese in più in rapporto all'anno precedente.

Meno nati e più longevi i viventi, significa una società in disarmo. Con i pensionati più numerosi dei giovani al lavoro occorre ritoccare ancora al rialzo l'età pensionabile, se vogliamo che i conti Inps tornino. Purtroppo molti giovani sono disoccupati e non corrispondono versamenti mutualistici ed antinfortunistici, non percependo stipendi. Se trovano qualche impiego saltuario od occasionale o a termine, non accantonano crediti pensionistici e non concorrono al pagamento delle pensioni già maturate. Vi è un numero sempre maggiore di coloro che lasciano l'attività grazie anche alla quota 100, provvedimento demagogico e carente di finanziamento se non a debito. Non è colpa del governo - piove, governo ladro! - se diminuiscono le nascite.

Fino al dopoguerra, ancora nel 1955-60 nelle nostre campagne quasi ogni famiglia metteva al mondo una dozzina o più di figli. Ne sopravvivevano, prima della guerra, il 50 per cento. Con i nuovi medicinali ed una migliore assistenza sanitaria, l'ecatombe neonatale quasi cessò. Nel contempo l'igiene salì di livello grazie alla sistemazione dei fabbricati rurali, gli acquedotti, le fognature. Allora, entrando in un cortile rurale, si vedevano bambini di ogni età correre e giocare con galline, conigli e cani, mentre le madri accudivano al bestiame, preparavano i pasti, raccoglievano foraggi o frutti. Ogni tanto, con l'avvento dei trattori favorito dal piano verde, qualche padre si accorgeva, disperato, di aver travolto uno dei figli che giocava sull'aia. I figli non erano un bene prezioso ed infungibile, come oggi; se ne mettevano al mondo senza alcuna prevenzione o controllo, in base a quella che era predicata e ritenuta essere la volontà divina.

Lo spopolamento delle campagne ha ridotto drasticamente la natalità, anche in considerazione che non si possono dividere le già piccole aziende in tante fette quanti sono i figli. Cosa peraltro da tempo immemorabile violata in Alto Adige in base alle norme del "maso chiuso" spettante integralmente al primogenito. Nelle città si è ben presto capito che non si potevano mettere al mondo più figli, se non li si poteva mantenere ed istruire. Vi è stata un'impennata soltanto negli anni Sessanta, peraltro riferita alle città. E' vero che in altri stati, come la Francia, dove le tasse si pagano, vi è una politica di favore per le nascite, non limitate all'infanzia.

Il record dell'assistenza e di "favor" per le nascite spetta alla Finlandia, grazie alla scarsa densità abitativa, alle risorse economiche, al senso civico ed ai generosi sussidi che consentono ai genitori di assistere ed educare i figli, estesi fino ai 17 anni. Cioè quasi fino alla maggiore età. Da noi la classe media, che ha subito, a partire dalla crisi fino ad oggi, una pesante riduzione delle entrate, non mette al mondo figli o si accontenta di uno, preziosissimo frutto, da accudire, proteggere, difendere, compiacere, seguire a vita. Molti giovani o non più tanto, sono finora vissuti di lavori precari, finanziati dai nonni, in quanto i loro genitori erano e sono appena in grado di provvedere ai bisogni essenziali.

In assenza di lavoro sicuro e di sufficienti guadagni, non ci si può sposare o convivere e meno che mai pensare di mettere al mondo figli. Chi se la cava già con fatica o deve appoggiarsi a genitori e nonni non mette su famiglia. Le esigenze dei figli sono sempre maggiori per la salute, l'istruzione, lo sport, il tempo libero, i viaggi, i telefonini, il vestiario.

Tuo figlio non può restare a casa mentre i compagni di scuola vanno in gita tre giorni a Firenze; non può non andare in piscina, a giocare a tennis o a calcio o basket o a sciare, senza idonea attrezzatura e dotazione di denaro per maestri, istruttori, accompagnatori. Per mettere al mondo degli “sfigati”, è meglio rinunciare alle gioie della paternità e maternità, pensano in molti. La nostra società è competitiva. I ragazzi si giudicano in modo spesso feroce, bullizzano chi è carente di qualche benefit comune per la maggioranza. I genitori spesso non possono evitare situazioni di disagio, di infelicità, che pregiudicano l'equilibrio psicofisico dei figli. Talvolta se ne accorgono in ritardo; talvolta rimettono alla scuola la tutela di questi aspetti, occupandosi del lavoro e delle mille incombenze che la burocrazia scaraventa su ognuno da mattina a sera.

Se non si regolamenterà l'immigrazione, come ha fatto la Germania, avremo notevoli danni dalla crisi delle nascite e la società cambierà radicalmente, in peggio, sotto ogni profilo.

Piercarlo Barale

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