MONTAGNA
GUIDO OLIVERO - Primo, fratello di Secondo, abitava in una casa sulla collina non distante da un paese di trecento abitanti. Aveva anche quattro sorelle molto più grandi di lui. In quel paese sperduto in mezzo alle pinete le strade non erano molto comode. In inverno, quando nevicava era un disastro. Lo spartineve apriva non tutte le strade e quando c'era molta neve, Giovanni ch'era incaricato dal Comune, teneva la mula al caldo nella stalla e lui se ne stava li vicino a guardare la neve che cadeva dal finestrino della stalla che dava sulla via principale del paese. A chi si lamentava che non aveva passato lo spartineve lui gli faceva una smorfia e gli urlava che il lavoro andava fatto bene e che con tutta quella neve era impossibile fare un bel lavoro e poi comunque la bestia avrebbe preso il raffreddore e quindi poi dopo sarebbe stato un bel problema. Con la mula malata tutto il paese sarebbe rimasto bloccato per settimane e settimane e quindi quando nevicava l'unica cosa da fare per gli umani era stare al caldo e questo valeva anche per le bestie da tiro e non solo.
In quell'anno di neve ne aveva già messa giù molta anche a novembre. Anche i pini ne avevano patito e alcuni erano caduti come i soldati nella neve nella prima guerra mondiale. Anche il fratello del padre di Primo ci aveva lasciato le piume combattendo per conquistare quattro pietre in cima ad una montagna innevata. Il padre di Primo non se n'era mai fatto una ragione e però a che serviva continuare a rodersi il fegato tanto suo fratello era morto e lo Stato gli aveva anche riconosciuto una medaglia di ferro al merito che ora serviva a tener fermo il lungo tavolo di legno nella cucina.
A parte queste brutte storie, in casa Primo stava bene. Aveva una famiglia grande e tutti gli volevano bene o meglio tutti si volevano bene. Un bene che si manifestava sempre in ogni periodo dell'anno anche se vivere su quella collina e campare con quella poca terra che si possedeva non era facile. Suo padre, sua madre e le sorelle più grandi stavano tutti giorni di bel tempo in campagna a coltivare patate e segala e a fare il fieno per l'inverno per sfamare le tre vacche, dieci conigli quattro galline e le sei pecore che erano il loro sostentamento. In autunno con le giornate più corte passavano molto tempo a far legna per il lungo, freddo e nevoso inverno.
Nonostante questa dura vita quando si sedevano tutti quanti attorno al lungo tavolo era sempre una festa anche se sulla tavola il più delle volte c'era ben poco da mangiare. L'unico giorno in cui c'era qualcosa in più sulla tavola era quello del Natale. C'era comunque sempre la solita polenta ma anzichè con il latte in quel dì la mamma faceva il coniglio al civet che suo padre ammazzava il giorno prima. Per suo padre uccidere un coniglio era un sacrificio non da poco ma per il Natale era un obbligo. Dopo averlo stordito con un pugno gli infilava il coltello nel collo e con una scodella gli raccoglieva il sangue che serviva a sua moglie, mischiato con la farina e il vino brusco dell'utin, a fare l'intingolo per condire la polenta nel giorno della grande festa natalizia.
Tutti gli anni poi passava il bambin Gesù e lasciava sempre qualche dolcino a Primo ed ai suoi fratelli e qualcosa anche alle sorelle seppur più grandicelle. Il bambin Gesù però passava solo quando c'era poca neve o quando Giovanni apriva la strada con lo spartineve. Se nevicava tanto, come in quell'anno, lui non apriva la strada per non far raffreddare la mula e si era certi che il bambin Gesù non sarebbe passato e come tutti gli anni quando c'era tanta neve la mattina di Natale il morale sarebbe finito sotto le scarpe per qualche ora ma presto dinnanzi alla polenta fumante con la casseruola piena di coniglio al civet sarebbe tornata l'allegria di sempre e in coro avrebbero cantato la solita canzoncina:
Buon Natale mare e pare,
grazie bambin Gesù per i dolcini che hai portato,
grazie anche se non li hai portati perchè là fuori c'è tanta neve e
tu così piccino avresti avuto freddo ai piedini,
ma siam proprio contenti che come tutti gli anni mangiamo un
buon pranzetto grazie anche al povero coniglietto,
Felice Natale a tutti e speriamo che sia così per tutti i bimbi del
mondo, che siano bianchi, neri o gialli.
Guido Olivero