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"I fondi Eu non dovranno diventare una cassa integrazione straordinaria per tutto il Paese"

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Il timore di licenziamenti in arrivo, anche senza preavvisi o consueti periodi di cassa integrazione consentiti dalla legge o stabiliti da accordi ministeriali, turba l’intero mondo del lavoro. Il blocco finora mantenuto non può essere indefinito. Le industrie devono camminare con le proprie gambe, non vivere di sovvenzioni statali al termine del lungo periodo dovuto al Covid. Lo Stato imprenditore ha fallito troppe volte, trasformando l’industria in assistenza perenne a sfondo elettorale. I tredici miliardi sprecati per l’Alitalia, pozzo senza fondo, non hanno giovato agli elettori e men che meno allo Stato erogante. Sono stati un privilegio di cui hanno goduto quasi dodici mila dipendenti, pagati più del doppio della concorrenza. Primarie compagnie aeree con la bandiera nazionale, orgoglio di paesi importanti, sono state liquidate per gli eccessivi debiti contratti, valutata l’impossibilità di restituirli se non con altri, più gravosi per i contribuenti. I voli economici, così come i viaggi economici con gli autobus a destinazioni nazionali e internazionali, le linee ferroviarie ad alta velocità, sostitutive dell’aereo per i viaggi brevi, hanno dissolto il panorama esistente 20 anni fa. Più che la difesa dell’orgoglio nazionale, sono stati gli interessi elettorali dei partiti al governo a protrarre la folle continuazione dei voli Alitalia in passivo irreversibile. Non è stata quindi la preoccupazione di assicurare voli a prezzi contenuti agli italiani - erano tra i più cari - a provocare uno spreco in atto da tempo immemorabile, vanamente contestato dall’Europa e da tutti gli esperti economici. I sette mila esuberi sono sempre stati la palla al piede di Alitalia, perché nessun governo ha voluto scontrarsi con i sindacati e nessun sindacato ha operato nell’effettivo interesse del Paese. Mai si è puntato sulla riqualificazione degli esuberi, con l’erogazione di un sostegno economico in attesa di nuove mansioni per diverse attività. Magari finirà, come sempre, all’italiana, con 7500 prepensionamenti, non certo con la pensione sociale o di cittadinanza, ma con assegni rapportati a quelli - obiettivamente eccessivi e fuori mercato - che gli aerei di Stato assicuravano ai privilegiati dipendenti.

La storia dell’Ilva di Taranto è analoga, anche se assai diversa. Il problema dell’inquinamento passato, attuale e probabilmente futuro, ha giocato finora nel senso di impedire o difficoltare modifiche radicali, ma economicamente sostenibili. Grillo avrebbe risolto il problema eliminando l’acciaieria, bonificando il sito e costruendo parchi e giardini con dodici mila addetti e nessun esubero. Come sempre avrebbe pagato lo Stato Pantalone. I Pentastellati si sarebbero acquisiti i voti dell’intera Puglia. Ovviamente, tale piano, sotto il profilo economico, era irrealizzabile, una boutade del comico. Con l’idrogeno e l’elettricità si potrà effettivamente evitare l’inquinamento. Provvisoriamente occorrerà usare il metano del tanto vituperato Tap da parte grillina, che totalmente ecologico non è. I fondi europei potranno risolvere definitivamente il problema, guardando contemporaneamente alla conservazione di una produzione industriale competitiva, all’assenza di inquinamento ed alla conservazione - certamente non totale - dei posti di lavoro. Non si potrà produrre acciaio in perdita in confronto al mercato globale, né mantenere in attività tutti gli attuali dipendenti. Il piano europeo non può consentire spese per mantenere sine die esuberi in rapporto a quanto previsto dal piano industriale. Le attività produttive non possono - se divenute obsolete o non più attuali per cessata o diminuita richiesta - restare ingessate su modelli e consumi variati e diminuiti. Se le lavatrici o i cuscinetti a sfere o le autovetture si possono produrre, a pari qualità, altrove, le società ed in particolare le multinazionali, non esitano a licenziare tutti e trasferirsi. Pochi sono i simboli di produzioni vanto del made in Italy, come le auto Ferrari, la Nutella, le poltrone Frau, il Cashmere di Cucinelli, il caffè Lavazza e tante altre nicchie qualitative. Sono gestite in modo ineccepibile, con la guida di capitani di industria o azionisti che si giocano il nome con le produzioni.

Con l’avvento di Marchionne, salvatore della Fiat, la finanza ha sostituito l’impresa. I fondi pensioni, privati e pubblici ed anche quelli “cattivi” a caccia di occasioni, hanno sostituito nei consigli di amministrazione azionisti anonimi - il cosiddetto parco buoi - o famiglie non più molto interessate alla conservazione. Le dimensioni sovrannazionali, il mercato globale, appaiono per ora inevitabili. Hanno creato presupposti che impediscono o limitano grandemente gestioni attente alle esigenze umane e sociali dei dipendenti o dei consumatori. I fondi pensione dei ferrovieri britannici o dei commercianti francesi o di altre realtà anche oltreoceano che hanno investito nei fondi che garantiscono agli associati e partecipanti utili sicuri, possibilmente in aumento, non gestiscono il denaro loro affidato secondo principi e criteri sociologici o etici. Vogliono il massimo utile, ferma la sicurezza per gli investimenti effettuati. I blocchi delle autostrade o dell’alta velocità ferroviaria e le proteste nell’intera penisola non inteneriscono il cuore - di cui non sono provviste - le multinazionali o i fondi di investimento privati o pubblici. La finanza si è collocata saldamente - per rimanerci - nelle stanze dei bottoni delle imprese di ogni livello. Hanno occupato consigli di amministrazione, direzioni operative, con l’attuazione di piani industriali, chiudendo o trasferendo interi stabilimenti, ove occorra. Spesso scatta la rilocalizzazione, privilegiando i maggiori utili previsti sulla tradizionalità e l’avvicendamento del personale originario. Si è perso lo spirito di fabbrica, l’affetto per il marchio, non vi sono più sostituzioni dei padri pensionati con i figli nuovi assunti, né turismo sociale, né sport o cultura in fabbrica.

Fondi e finanza sostituiranno, senza alcuna remora, quanti più addetti con robot, impiegati con computer, lavoro dipendente con prestazioni di operatori autonomi o con appalti. È disumano essere licenziato da un computer, che ha scritto la mail su input dell’ufficio personale. Burgo a Verzuolo partecipava ai matrimoni dei dipendenti, Adriano Olivetti si preoccupava dell’aspetto educativo e sociale altrettanto come della preparazione tecnica, affiancata a quella culturale. Ora un algoritmo ti assumerà, dopo aver corretto le crocette apposte alle schede di esame. Sarai sempre meno valutato per le capacità umane. Se sarai costantemente utile all’impresa, resterai, come numero da retribuire a fine mese con accredito sul conto da parte del computer aziendale. Se la tua figura professionale risulterà superflua, l’algoritmo ti licenzierà, con tutti gli altri che seguiranno la tua sorte.

Se del caso, l’intera fabbrica sarà abbandonata, macchinari compresi, divenuti obsoleti e con costi di trasferimento nella nuova sede ritenuti non sostenibili. Paiono inutili le occupazioni, le dimostrazioni che danneggiano la collettività incolpevole. Tutto ciò è irrilevante per la proprietà, se ha già deciso di andarsene. Certamente si è fatta i suoi calcoli e porterà al termine il suo disegno. Nulla può fare lo Stato, perché con la globalità è stato messo fuori gioco. Avvengono trasferimenti nella stessa Ue a nostro danno, magari in Polonia, Romania, nei Paesi slavi, in Irlanda, anche in Cina. Se non è quello di nicchia, il risultato è identico a quanto prodotto da noi. Stupiscono - come sta avvenendo - trasferimenti spesso in contrasto con la situazione di profitto in atto. Pare un non-senso. I dipendenti licenziati in blocco non lo sopportano. È insito in noi il desiderio di un lavoro per sempre, come finora è avvenuto per il pubblico impiego e fino a poco fa nelle banche o nelle imprese simbolo. Negli Usa non ci si affeziona alle aziende, si cambia lavoro e magari stato dopo qualche anno, alla ricerca di miglioramenti salariali o di vita. Sarà molto difficile, anche ad uno capace e tosto come Draghi, cercare di ovviare a questa situazione con un utilizzo dei fondi europei, che non dovranno diventare una cassa integrazione straordinaria a tempo indeterminato per tutto il Paese. Con l’indebitamento sulle spalle dei giovani, già gravati di quasi cinquanta mila euro ciascuno, al momento della nascita.

Piercarlo Barale

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