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Gli sfrattati e la legge dei più forti

CUNEO

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ROCCO OLITA - Firenze, maggio 1968. “Ci ripetono continuamente ‘ma che fareste voi?’, ci dicono, ‘voi comunisti se foste al governo?’. Io rispondo: prima di tutto, non manderemmo la polizia contro gli operai, non manderemmo la polizia contro la gioventù studentesca”. Le parole sono di Pietro Ingrao, quello che è morto meno di un mese fa, quello che è stato commemorato alla Camera, quello a cui il giornale che per anni ha diretto ha dedicato diverse pagine di testimonianza.

E oggi? Oggi chi si dice erede di quella tradizione è al governo. E però la polizia contro gli operai la manda, e pure contro la gioventù studentesca. Da un po’ di tempo, anche contro i poveri senza casa che occupano, senza averne titolo, certo, edifici di qualcun altro lasciati vuoti a segnare la mortale follia della speculazione infinita nella finitudine dello spazio e dei luoghi.

Li abitano, quei posti, li rendono vivi, denunciando col loro respiro l’assurdo paradosso economico che vuole case vuote e gente in strada. Tutto ciò, per il governo che si fa braccio del potere, non è sopportabile, perché sporca il racconto di cieli azzurri e soli splendidi. Così, invece di far la lotta alla povertà, dichiara guerra ai poveri.

A loro è impedito di accedere alle utenze minime e indispensabili, se la disperazione li porta ad avere come tetto un palazzo abbandonato, e per segnare il loro essere “altro” in questa società, gli si impedisce di elevare quel luogo a “residenza”, di modo da limitare l’accesso a tutta una serie di diritti conseguenti. Li si rende cittadini in minore, alieni e alienati dal corpo sociale di riferimento. Nei fatti, si fa della cittadinanza un affare di censo (non difformemente dal principio ribadito nella prima votazione sulla legge per lo ius soli, che lo collega al permesso di soggiorno di lunga durata, a sua volta legato alle disponibilità economiche del richiedente).

E chissà cosa direbbe il vecchio comunista che voleva la luna di quelli che gli han reso omaggio a parole. Forse non era del tutto sbagliato il cinico commento del collettivo satirico Spinoza: “Per risparmiare tempo, la salma di Pietro Ingrao verrà sepolta già rivoltata”. Se pensiamo, dopotutto, alla circostanza che ha visto quell’Unità di cui aveva diretto l’edizione romana fin dai tempi della clandestinità, oggi voce monotona del governo, affidare il ricordo dell’ingrasmo a un tale che a giugno si chiedeva per quale motivo la polizia non riempisse di botte gli insegnanti che manifestavano creando disagi al traffico, molte cose si chiariscono da sole. Purtroppo.

Rocco Olita

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