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Dopo i "disastri annunciati" di Conte tocca a Draghi governare sul serio e solo per il Paese

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - La settimana in corso vedrà la nascita del governo Draghi, con il capovolgimento dell’intera situazione politica. Capriole da trapezisti di molti personaggi, che finora avevano dichiarato volontà ben diverse da quelle attuali. La sola Meloni ha dimostrato coerenza con la posizione assunta, mantenuta motivatamente, pur con la disponibilità ad approvare provvedimenti utili per il Paese. Ha ricordato alcuni principi caratteristici della democrazia: dev’esserci un’opposizione adeguata, a controllo della maggioranza; si può concordare su provvedimenti che paiano adeguati, utili ed opportuni.

L’inversione a 360° di Salvini, svisceratamente plateale ed utilitaristica, non stupisce, considerato il personaggio. Parimenti l’annunciata disponibilità ad assumere un incarico ministeriale. Ministro non si nasce, si diventa. Occorrono particolari doti, capacità, preparazione. Non è sufficiente appartenere ad un partito di governo o aspirante tale. In ambedue i governi Conte abbiamo visto parecchi ministri incompetenti. Salvini, fino al Papeete, è stato ministro dell’Interno, con la sola preoccupazione alla propria propaganda. Ha sconvolto consolidate modalità seguite dai suoi predecessori, compreso Maroni, pure leghista, che trascorreva il mese di agosto al Viminale. Pronto a coordinare i tutori dell’ordine e ad interventi immediati, in caso di necessità. 

Salvini pare non abbia compreso che cosa si attende il Paese dal ministro dell’Interno. Ha usato l’incarico da trampolino gratuito per la continua, persistente, invadente, propaganda. Deve rispondere, in un paio di processi, per aver esagerato con la caccia ai migranti. È prossimo anche il processo per le accuse immotivate ed ingiuste contro la capitana Rakete, che aveva portato in salvo migranti: l’aveva definita "zecca tedesca". Disinvoltamente, si propone a Draghi come ministro. Speriamo non sia per l’interno.

Da sempre il titolare del Viminale è ritenuto il numero due dei governi. Veniva indicato nella persona del politico più esperto, competente in materia di gestione dell’ordine pubblico, con eccellenti conoscenze costituzionali, entrature internazionali necessarie per il coordinamento con gli altri stati europei e non solo. La Lega aveva precedenti di governo positivi sotto tale profilo. Con la svolta salviniana è diventata partito personale, cambiando anche la storica sede di via Bellerio a Milano per ragioni fiscali, cercando di evitare la restituzione dei milioni sottratti e occultati all’estero. Salvini ne ha fatta cosa sua e la rivendica, alla luce degli ampi consensi elettorali conseguiti.

Grazie alla sagacia di Giorgetti, diplomatico e preparato, da tempo estimatore di Draghi, i verdi si sono letteralmente buttati nelle braccia di Super Mario. Si è creata qualche perplessità nel popolo leghista. È saltato l’accordo della destra, in quanto Berlusconi ha subito optato per l’adesione al governo Draghi. Hanno così lasciato alla Meloni la rappresentanza dell’opposizione. I pentastellati avevano espresso alcuni ministri palesemente inadeguati - uno vale uno - nei governi Conte. La Azzolina verrà ricordata per i banchi a rotelle ormai rimossi, perché ora si scopre che potrebbero causare dolori alla schiena. Bonafede, alla giustizia, ha preparato un progetto criticato da giudici, avvocati e politici.

Con il governo Draghi il programma e l’attuazione saranno effettivo appannaggio del Presidente del Consiglio. Ai ministri verranno devolute le attività esecutive. Finirà così la lottizzazione di ministeri e sottosegretariati. Con i governi di coalizione le nomine sono state concordate dai partiti in base a criteri loro propri, prevalenti sulle esigenze del Paese. Non è stata considerata, se non raramente, la competenza, mentre il peso politico del prescelto è stato valutato in base al ben noto "manuale Cencelli". Conte - notaio di fatto e Presidente solo in apparenza - aveva proposto a Mattarella, in ambedue i governi, i prescelti dai partiti. Costoro hanno considerato le cariche governative loro assegnate come feudi personali o di partito, da gestire secondo iniziative proprie.

Ministeri e sottosegretariati sono stati, in quasi tutti i governi, attribuiti secondo le esigenze partitiche, per conseguire l’accordo di governo. Nessun riferimento alle esigenze del Paese, che si attende invece nomine non pletoriche, limitate alle effettive esigenze, con verifica della capacità, idoneità, esperienza, attitudine e disponibilità dei nominati.

Il Conte 1 è stato un disastro annunciato. Il Premier, indicato dai partiti come notaio, è stato spettatore delle incredibili prestazioni dei due vice, scoordinati ed autonomi. Il Conte 2 ha evidenziato maggiore autonomia nel Premier. Ma ministri, vice e sottosegretari procedevano autonomamente ed a vista. Il ciclone sollevato dal rottamatore Renzi è stato fatale. Ora tocca a Draghi governare sul serio e solo per il Paese.

Piercarlo Barale

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