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Diventare mamma a 19 anni: "Io e Sara eravamo due bambine e crescevamo insieme"

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Essere mamma è una questione un po' complicata, specie se lo diventi a diciannove anni. Come tutti i bambini, ho sempre desiderato diventare grande in fretta, sognando la mia libertà, per non dipendere da nessuno e soprattutto per non ubbidire ai genitori.

Non ho dovuto aspettare molto, professionista nel portarmi avanti, in soli tre anni ho bruciato le tappe. A 17 anni fidanzata, a 18 sposa, a 19 mamma. Se pensate chi me l'abbia fatto fare, la risposta è persino banale: l'amore. Così, ancora non avevo afferrato il ruolo di moglie, che mi ritrovai già in quello di mamma.

Un passaggio alla granditudine un tantino veloce, a conferma del mio tratto distintivo: l'esagerazione. A cominciare con scelta per il passeggino. Nell'immenso parcheggio di carrozzine sobrie che offriva il negozio Bona, in via Principi di Piemonte a Bra, a farmi sobbalzare di gioia fu un appariscente "Peg", marca prestigiosa di un bel giallo senape. Altro che il classico colore blu. Spiccava anche in altezza, dotata di ruote imponenti, mi avrebbe consentito di sfrecciare veloce, spericolata mamma con la piccola Sara, per le vie della città. Altroché passeggiate lungo i viali! Questo era il contorno.

Ma quando mi ritrovai quella creatura tra le braccia, che profumava di buono, capii che avrei dovuto imparare in fretta il ruolo di mamma. Sara collaborava al mio apprendimento, era comprensiva, mangiava e dormiva, dormiva e mangiava. Così approfittavo degli intervalli per avere suggerimenti concreti sulle questioni pratiche, nonna Gina era il mio pronto soccorso. Finché allattavo il problema del pasto era risolto, ma il momento dello svezzamento fu un periodo assai complicato quando Sara manifestava il suo dissenso alla nuove esperienze sensoriali per il passaggio dal latte materno alle pappe. Non faceva tanto caso al galateo, come un idrante, restituiva beatamente il cibo sui miei abiti e, ancora peggio, quella insidiosa pastina si infilava negli anfratti più nascosti del seggiolone. Quando Marzio rientrava per pranzo il menù somministrato alla piccola non era più un mistero, bastava guardarsi attorno.

Comunque, tolto qualche piccolo intoppo, riuscivo a cavarmela perché Sara credo avesse intuito che eravamo due bambine e che si cresceva insieme. La gioia di vederla crescere si alternava a tanti dubbi, come potevo darle sicurezza quando mi sentivo smarrita per un suo pianto? Mi straziava sentirla piangere di dolore per la crescita dei primi dentini, non sapevo come placarla, solo mia sorella maggiore Giuliana riusciva. Forse percepiva la zia come più affidabile? Va a sapere. Insomma i miei sensi di inadeguatezza erano piuttosto assillanti, a rassicurarmi fu Iolanda, la mamma di Marzio. Bastarono poche parole semplici ma magiche, da quel momento mi sentii mamma patentata: è l'amore la cosa essenziale. Tutto il resto non conta. Gli anni passarono veloci, dalle elementari, alla medie, al liceo artistico e poi all'Accademia Albertina di Torino. E poi e poi. Adesso da circa vent'anni abita e lavora negli Usa. Con l'oceano tra noi, il distacco c'è stato, ma sempre mamma rimango, anzi, adesso sono più figlia che mamma, Sara già da piccina è sempre stata molto protettiva nei miei confronti. Proprio un amore di figlia.

Fiorella Avalle Nemolis

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