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Dina, pedagogista di Bra che nei suoi giardini ha trovato la "strada maestra"

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Dina, pedagogista e formatrice, che ha imparato più dalla cura del suo giardino che dai libri di pedagogia.

Conosco Dina Biolatti da sempre, ma solo di “vista”. Un saluto e via, niente di più. Ma un pomeriggio di giugno la vedo spuntare tra gli alberi dei Giardini della Rocca. Abito dritto, scivolato lungo alle caviglie, a righe bianche e nere. Un delizioso cappellino a cloche tinta ecru con un fiore rosso applicato.

Sotto la falda leggermente abbassata, la riconosco. Dal sorriso lucente. Anzi, la riscopro, mentre cammina nel prato leggiadra, per mano a Bruno, che lei chiama dolcemente il suo “sposo”. Ed ecco la folgorazione: questa è la vera Dina, nel suo ambiente naturale: il giardino.

Due parole e sento che in lei c'è un mondo da scoprire. Anzi, un giardino fiorito dell'anima. Come promesso sono in visita a casa sua. In strada Marie c'è la sua casetta nel bosco. E' come entrare in una fiaba. Un mondo fiorito, semplice, come quello dei bimbi: senza ombre, innocente e accogliente.

Dina qui ha deciso di restare: un nido amatissimo, sognato, disegnato nella mente e realizzato in piena armonia con la natura. Ma chi è Dina veramente? Dopo un lungo percorso di ricerca e consapevolezza ha trovato la sua strada: da maestra è diventata pedagogista e formatrice.

“Raccontami del tuo percorso per arrivare al traguardo di pedagogista e formatrice...”

"Diplomata maestra a 18 anni, ho insegnato alle scuole elementari. Non avendo figli miei, per dieci anni ho aderito alla scuola “tempo pieno”. Tanto impegno, lezioni anche al pomeriggio, i primi laboratori e la mensa. Poi è arrivato il momento della svolta: volevo davvero continuare su questa strada? Mi sono approcciata all'analisi transazionale. Così, a 35 anni, mi sono rimessa in gioco: ho iniziato a frequentare l'università, lavorando e studiando per 10 anni. Scelsi la branca di psicoterapia, con al mio attivo 200 ore di analisi e 400 di formazione. Ma a metà del percorso, per una variazione di legge, fui obbligata a fare una scelta e optai per pedagogia: in sostanza mi orientai sulla prevenzione della patologia”.

“Cos'ha portato questo cambiamento di rotta?”

“E' tornato a mio vantaggio. Con l'esperienza di 22 anni di insegnamento alle scuole elementari, sono rientrata nella scuola, ma, stavolta in veste di formatrice corpo insegnante e pedagogista. Quindi, nella ricerca di me ho fatto tre passaggi: insegnamento alla scuola elementare, psicologia e pedagogia. E grazie a questa esperienza, sposo in pieno il pensiero del professore con il quale ho dato la tesi: e cioè che la psichiatria va bene che studi gli ammalati, ma la psicologia dovrebbe studiare i sani. Ossia, studiare le persone autorealizzate per insegnare alle persone ad auto realizzarsi.”

Mentre Dina discorre, dalla vetrata del soggiorno si mostra verdeggiante e vanitoso il bel bosco incantato. C'è un gran movimento di piante e di fiori di ogni specie. Un disegno armonioso di forme e colori, scaturito dalla mente creativa di Dina. “Un passaggio importante nella tua ricerca?”

“Dopo la laurea, col massimo dei voti, mi vien da riflettere sul tema di ricerca della mia tesi: “Il flusso di coscienza, l'attività di picco.”

“Che significa?”

“Sono le attività che le persone in momenti di grande benessere svolgono in modo così intenso da non avvertire il tempo che passa. Tanto da dimenticarsi persino di nutrirsi. I primi soggetti esaminati sono stati gli artisti, o atleti di sport estremi. Quindi, quando la persona sta facendo quello che effettivamente è, diventa un tutt'uno. Così, per tanto tempo mi chiesi quale fosse la mia attività di picco. Finché la trovai. Fu quando mi iscrissi a una scuola di disegno. Tra persone creative come me, mi davo la possibilità di spaziare con la mente. E proprio attraverso il disegno ho raggiunto la profondità più bella di me. Mi sono fatta felice. Era l'armonia delle cose che mi faceva stare bene. E proprio al culmine del mio benessere, all'età di 57 anni, mi è venuto incontro Bruno. Ma l'età non conta. E' stato ed è un amore grande. Ci siamo innamorati. E sposati”.

"Come hai tramutato la parola, tuo punto di forza, in scritto con la stesura del tuo libro 'Ho imparato di più dal mio giardino. Riflessioni di una pedagogista'"?

“Tutto è nato dall'insistenza della mia amica Dolores, affermata psicoterapeuta, nel richiedere un mio contributo per seminario di Lavarone, in Trentino. Dopo molti rifiuti, decisi di intervenire al seminario, a condizione di cambiarne il titolo con il mio: “Ho imparato di più dal mio giardino che dai libri di pedagogia.”

Con mia sorpresa, acconsentì. Il libro fu una conseguenza scritta. Me lo mostra e ne leggo la prefazione: “Ci sono molte analogie tra la cura del giardino e la cura delle persone. Richiedono entrambe la conoscenza e la preparazione del terreno per potere seminare e il possesso di doti importanti: la pazienza, l'attenzione, la capacità di ascolto, la cura e il sostegno. Entrambe ci insegnano l'umiltà, la costanza e la gratitudine: dobbiamo chinarci per vedere, impegnarci senza la certezza del risultato, ricordare che molto dobbiamo alla terra e al cielo.”

Dopo una pausa per il tè, mi accompagna nel suo giardino, anzi nei suoi giardini, dentro il bosco. E me li mostra con orgoglio, perché è lei stessa a prendersene cura. Zappa, semina, progetta e disegna il suo bosco. I calli nelle mani ne testimoniano il duro lavoro, la fatica.

Mi spiega: “Il giardino è fatto di tanti giardini. Perché è un disegno continuo. Progetto e posso sognare ciò che voglio. Sono figlia di gente che lavora con le mani. Devo avere sempre le mani nella terra, nella pasta. Tutto ciò che ho imparato viene da lontano. Dall'asilo, dalla scuola di una volta, dove si lavorava con la sabbia, dove si punteggiava, quindi la manualità fine, si ricamava, si faceva teatro”.

Dina si entusiasma, come fanno i bambini, ed io più che ammirare il giardino, il suo orgoglio, osservo e ammiro lei, che è un giardino fiorito con mille specie e mille colori. L'armonia del benessere aleggia intorno ad ogni cosa, come un profumo penetrante che tutto avvolge.

Fiorella Avalle Nemolis

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