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Dall'insegnante al muratore, quante storie di vita passano da Saluzzo Migrante

SALUZZO

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"Giorni d’estate, sono le 15, i telefoni squillano e il caldo entra nell’Infopoint, insieme a una ventina di giovani africani che fanno la fila sul marciapiede in corso Piemonte, aspettando di compilare un curriculum che li aiuti a trovare un lavoro. Poco prima dell’apertura, i nostri due operatori dietro le scrivanie ripassano le nuove procedure.

Da quest’anno, infatti, la nostra Caritas partecipa all’attivazione del Protocollo sperimentale per la "promozione del lavoro regolare in agricoltura, facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro stagionale e dare soluzione ai problemi di trasporto dei lavoratori" della Regione Piemonte, che prevede un tavolo tecnico di lavoro nel Saluzzese, diretto dal Centro per l’impiego.

Al tavolo, in queste prime settimane di confronto, è stata elaborata una scheda di iscrizione. È una domanda al Centro per l’impiego dove, per la prima volta, gli aspiranti braccianti potranno iscriversi a liste pubbliche di collocamento gestite in coordinamento con sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro. Alle persone che accedono al nostro Infopoint per il curriculum da quest’anno proponiamo di compilare anche questa nuova scheda. In poche ore una quindicina di loro entra nell’ombra dell’ufficio: una danza continua che ha come colonna sonora sempre le stesse domande e risposte simili. Simili le richieste, ma diverse le voci, l’accento, la lingua.

La maggior parte è arrivata a Saluzzo da poco, per la prima volta, gli occhi smarriti di chi non conosce la città e non sa cosa aspettarsi. “Fuori! Fuori!” ripetono quando chiediamo dove dormono: molti di loro sono accampati al Foro Boario, in attesa di un posto nel Pas che ha data priorità a coloro che avevano già un contratto di lavoro.

La loro stanchezza è palpabile nelle parole, nei gesti e nel lasciarsi cadere sulla sedia dell’Infopoint. Alle domande sulla loro vita prima di arrivare qui, la maggior parte risponde a monosillabi. "Ho lavorato qui, poi lì, ho fatto questo e quello, nel mio Paese ho smesso di studiare presto; scrivi che cerco un lavoro qualsiasi, basta che sia un lavoro" dice S. D., invece, ha voglia di parlare (o bisogno di qualcuno che lo ascolti). Lo abbiamo incontrato qualche sera prima, durante un presidio mobile notturno, mentre dormiva all’aperto nel viale del Foro Boario insieme a suo fratello. Era coricato su un cartone e lamentava un forte mal di denti, così appena finiamo di scrivere il suo curriculum gli chiediamo come sta. Spiega che il dolore è sparito, che il mattino dopo dovrebbe andare in ospedale a toglierlo. Sembra più sereno, ma non è scomparsa la sua paura di non riuscire a trovare un lavoro se fosse continuato il dolore ai denti. Gli auguriamo buona fortuna prima che esca e lui ricambia con un sorriso.

Giusto il tempo di sistemare il suo curriculum in archivio ed entra A., 25 anni, anche lui a Saluzzo per la prima volta. Alle spalle ha una decina di lavori durati un mese o due in giro per l’Italia: dagli hotel di Peschiera del Garda alla raccolta di pomodori a Foggia. Racconta di essere arrivato in Italia nel 2014, da solo, di avere qualche amico sparso per la penisola. Racconta con orgoglio: "In Gambia facevo l’insegnante. Insegnavo ai bambini matematica, inglese e scienze. Mi piaceva tanto". Poi una serie di problemi in famiglia e nel suo Paese l’hanno costretto a lasciare tutto. Prima di andarsene dall’Infopoint chiede se in città sia possibile frequentare la scuola perchè vorrebbe restare per studiare. Forse nei suoi pensieri c’è il sogno di tornare ad insegnare. Quando si alza, saluta con gratitudine, forse più per averlo ascoltato che per il curriculum compilato insieme.

Dopo arrivano M. e C., due cugini gambiani, arrivati insieme in Italia. Anche loro sono qui per la prima volta. "Come avete fatto a sapere che qui c’è lavoro?”"chiediamo: loro ridono come se ormai non fosse risaputo che Saluzzo è sulla bocca di chiunque cerchi un lavoro. M. prima ancora di sedersi chiede “Do you speak english?” e alla riposta affermativa alza gli occhi al cielo come per ringraziare qualcuno. Dal suo racconto capiamo che la notte precedente, la prima trascorsa sul viale del Foro Boario, non ha chiuso occhio e che la stanchezza gli impedisce di concentrarsi per riuscire a parlare in italiano.

Lasciamo che poggi più volte la testa sul tavolo mentre scriviamo insieme il suo curriculum. Ammette fieramente di essere "born and raised in Ebo Town" e precisa che nonostante sulla carta d’identità sia scritto M., il suo nome è A. M. era il nome di suo padre, rimasto in Gambia, con il quale dall’età di 11 faceva il muratore. “Ho fatto questo lavoro per tutta la vita, voglio fare questo anche qui. Mi piace”. Anche a lui auguriamo buona fortuna, sperando che questa notte riesca a dormire.

Suo cugino C. entra nell’Infopoint con il viso cupo, la sua preoccupazione assillante viene a galla quando gli chiediamo del permesso di soggiorno: aveva fatto domanda per il rinnovo e vuole parlare con qualcuno della sua situazione. Gli diamo appuntamento per il giorno successivo quando potrà parlare con qualcuno competente sul rinnovo dei documenti. Quando gli consegniamo l’orario dell’appuntamento si rasserena.

La cosa che ci colpisce di queste storie ascoltate all’Infopoint è l’età di questi aspiranti braccianti: sono quasi tutti coetanei degli operatori e dei volontari di Saluzzo Migrante, se non più giovani. Ogni volta che li sentiamo parlare della Libia, della scuola lasciata a 10 anni per lavorare, proviamo un misto di ammirazione e stupore, notando una distanza siderale tra le nostre vite ai due lati del Mediterraneo.

Nella maggior parte dei casi hanno lasciato la loro casa ancora minorenni con poco o nulla, se non la consapevolezza che se fossero arrivati in Italia avrebbero dovuto cercare di lavorare per le famiglie rimaste in Africa e che probabilmente sarebbero stati costretti ad accettare condizioni estreme, senza potersi lamentare. Chiudiamo la porta dell’Infopoint alle 19:30, dopo quattro ore e mezza e una quindicina di storie ascoltate, altrettanti curriculum e una quantità di domande dentro di noi che non sappiamo quantificare".

(Testo e foto tratti dal sito di Saluzzo Migrante)

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