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Da come sarà il processo a Catania vedremo se il capo della Lega ha davvero deciso di cambiare strategia

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Sarebbe in atto un radicale cambiamento della Lega salviniana. È affidato al vice, il bocconiano Giorgetti, a lungo rimasto inascoltato, pur essendo il numero due del Carroccio. Le linee economiche erano tracciate dai due parlamentari ed economisti Borghi e Bagnai, anti euro, anti Europa, propugnatori di una politica economica autarchica, con un auspicato ritorno alla lira. Dopo il Papeete, le sconfitte elettorali in Emilia e Toscana e quella referendaria, la figuraccia recentissima rimediata in Europa con l’astensione pro Aljaksandr Lukašėnka, la storica base leghista, soprattutto industriali, commercianti, artigiani e professionisti del nord -rumoreggia-, minacciando l’abbandono. Il leader ha deciso di affidarsi a Giorgetti, che finora ha saputo sopportare ed “ubbidir tacendo” - ma non sempre - le teorie dei due economisti in carica, rampanti ma fuori contesto storico e politico.

Il leader sta anche attuando una metamorfosi: da condottiero -in realtà non proprio sempre vincente- a capo di un futuro -sperato- governo di centro destra. Addio quindi alla Lega di lotta e di governo, come è apparsa nel Conte 1. Addio anche alla Lega di sola lotta e di opposizione, come attualmente nel Conte 2, poiché ha soltanto raccolto disillusioni e sconfitte. Constatato che la destra -Berlusconi non pervenuto non solo causa covid- appare numericamente alla pari con il gruppo di potere alla guida del governo, si potrebbe fare un pensierino su Palazzo Chigi. Per coltivare tale aspirazione occorre però che la Lega possa apparire anzitutto nei panni del proprio leader, seria, credibile ed affidabile. Occorre cancellare l’immagine di un accanito piazzista, quotidianamente lanciato dalla “bestia” -l’insieme di collaboratori retribuiti che comunicano e amplificano ogni comportamento salviniano, dall’alba al tramonto, non esclusa qualche nottata e li trasferisce sui mezzi di informazione-.

Ha cominciato con imprese pacchiane contro rom ed immigrati, cercando anche in modo figurato e diretto l’assalto al potere, l’acquisizione di una popolarità prevalentemente nella pancia del Paese. Si è fatto beffe della moderazione, usando anche rosari e santini, minacciando ruspe sui campi rom, strizzando l’occhio alla Russia putiniana ed al gruppo di Visegrad. Lotta all’Europa matrigna, che prende contributi dall’Italia ma nulla restituisce, dando ad intendere che all’ombra del Cremlino ci si trovi assai meglio. Ha assicurato perciò di trovarsi bene nel paese dominato a vita da Putin. Per un rapporto corretto con l’Europa occorre che i 29 deputati europei del Carroccio ricevano tempestive istruzioni sulle posizioni da assumere nelle votazioni alle quali partecipano e che la Lega esca dal gruppo consiliare populista ed antieuropeo.

Salvini ed i suoi collaboratori, dando credito a Giorgetti, devono porre in atto un’inversione ad U della politica, sia in sede nazionale che europea. Molti comportamenti del capitano, finora tenuti e pubblicizzati, imitano l’immagine del Capo, fisicamente forte ed integro, mai malato, macho, determinato, dominatore nel partito e nella gestione del potere.

Nei confronti del Covid ha mantenuto un atteggiamento tutto suo, diversificandosi dalla collettività, ubbidiente alle disposizioni emanate da medici e amministratori. Ha strizzato l’occhio alle curve degli stadi, ai titolari delle discoteche. Come se fosse un combattente invincibile, inossidabile, implacabile nel contestare il potere costituito e anche i divieti dettati dalla prudenza. A fronte delle annunciate modifiche -collegialità della gestione, svolta europeista ed antifascista, giorgettiana sotto il profilo economico- appare stonato quanto riferito da alcuni organi di informazione circa l’atteggiamento di Salvini nei confronti del processo che lo vedrà a giudizio per sequestro di persone a Catania il 3 ottobre prossimo. Pare abbia convocato gli amministratori leghisti di Senato e Camera, regioni leghiste e forse anche Comuni, invitandoli a presenziare all’udienza. Tutti con maglietta bianca con la scritta: processate anche me.

Ricordo analoga iniziativa berlusconiana, quando i parlamentari forzisti “occuparono” lo scalone di accesso al tribunale di Milano a sostegno del loro leader, a giudizio in uno dei numerosissimi processi, che ha sempre cercato di evitare, protrarre, concludere con prescrizioni. Fu un’iniziativa ridicola, come l’aver fatto passare inl Parlamento la solenne "panzana" della nipote di Mubarak. Amministratori leghisti in maglietta a Catania: se non è una fake news, si tradurrà in un sicuro boomerang ai fini della nuova impostazione annunciata per la Lega, senza peraltro alcun rilievo sotto il profilo della decisione del tribunale.

Piercarlo Barale

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