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CUNEO/ Riforma prescrizione, ecco perché gli avvocati penalisti sono in sciopero

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PIERCARLO BARALE - Gli avvocati penalisti si astengono da ogni attività processuale per tutta la settimana. Protestano contro la prossima entrata in vigore della riforma della prescrizione, cioè l'estinzione dei reati per il decorso di un termine prefissato, anche se sono in corso i processi. L'istituto aveva subito frequenti modifiche, particolarmente durante il ventennio berlusconiano. Tutte tendenti a vanificare il risultato dell'azione penale, favorendo i responsabili di reati, dal momento che l'ispiratore principale era interessato a sfuggire ai processi intentati nei suoi confronti. Si dichiarava perseguitato ed obbligò i suoi parlamentari, per protesta, ad occupare lo scalone di accesso al Tribunale di Milano, dove era in corso uno dei tanti processi nei suoi confronti. Cosa mai vista, così come il telegramma esibito dal difensore al medesimo tribunale, annunciante la modifica legislativa approvata la sera precedente a vantaggio del suo illustre cliente. A tale epoca risalgono non solo leggi ad personam, cioè pro Berlusconi, ma anche contro personam, quale quella emanata nei confronti del magistrato Caselli, al fine di impedirgli di assumere un importante incarico, del quale avrebbe potuto osservare qualche conseguenza negativa.

Provvedimenti in totale contrasto con il principio, insegnato fin dal primo anno agli studenti di giurisprudenza: la legge deve essere generale ed astratta. Cioè deve riguardare tutti, non una singola persona, e deve avere come presupposto l'interesse collettivo e generale. Non certo l'imputato Berlusconi, tratto a giudizio e con il processo alle ultime udienze. Non certo il dott. Caselli, notoriamente in attesa di ricevere l'incarico, importante, impedito per la modifica all'età di servizio; fino a tale momento diversa. Vigente lo scorso governo, dopo lunghissime discussioni preparatorie, consultazione da parte dell'allora ed ancor ora ministro Bonafede, grillino, con tutte le categorie interessate, il Parlamento ha approvato un'importante modifica alla prescrizione, che entrerà in vigore all'inizio del prossimo anno. Dovrebbe essere preceduta dalla modifica del processo penale, che però, ad oggi, è tutta da definire. Ciò non toglie che anche senza la modifica del processo, la sospensione possa essere attivata. Dopo il processo di primo grado, indipendentemente dall'esito, positivo o negativo per l'imputato, non vi sarà più limite temporale perché abbiano ad essere celebrati in secondo ed in terzo grado i successivi giudizi.

Finora, invece, vi sono termini perentori per la celebrazione dei processi di appello e di cessazione, esaurito il primo grado. I condannati in primo grado, anche se con patteggiamento, continuano nell'iter giudiziale, fidando nella quasi certa prescrizione, talvolta abilmente raggiunta con espedienti processuali. Come - si è visto poco tempo fa - la malattia improvvisa di entrambi i difensori in coincidenza con il processo di terzo grado, del cliente al fine di conseguire la prescrizione. Risultato vanificato dalla Cassazione: cliente in galera e difensori immediatamente guariti. I penalisti non condividono la modifica, sostenendo che, senza un limite per la celebrazione dei processi si rimane in eterno in posizione di sub iudice, sia in caso di assoluzione impugnata dalla procura, sia di condanna impugnata dai difensori. Sostengono che, con la durata eccessiva dei processi, di fatto, la posizione dei loro assistiti non potrà mai essere definita, anche fra dieci o vent'anni. Ciò contrasta con i principi della libertà personale, della finalità della pena che chiede certezza, adeguatezza, per consentire la partecipazione alla vita sociale senza pesi illimitati ed incerti nel tempo. Per contro la collettività esige che i presunti responsabili di reati, soprattutto se gravi o gravissimi, vengano subito processati; che le condanne in primo grado siano da considerare esecutive; mentre l'attuale presunzione di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio contenuta nella Costituzione, non consente di ottenere giustizia rapida. Dopo l'avvenuta riforma del processo penale sulla falsariga di quello anglosassone, con la sentenza di primo grado esecutiva, l'appello è raro ed i ricorsi in cassazione sono da misurare in poche centinaia ogni anno, avremmo dovuto riformare la Costituzione e incentivare i patteggiamenti, conferire esecutività alla sentenza di primo grado. Invece, è tutto come prima.

Piercarlo Barale

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