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Cuneo piccola Svizzera: salvaguardiamo la sua dimensione umana

CUNEO

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CLAUDIO RAO - 'Sono stato a Ginevra e l'ho trovata più sporca di Cuneo' affermava un agente immobiliare nel 2007 quando cercavo alloggio a Cuneo di rientro da Bruxelles. A me, che in Svizzera c'ero vissuto sette anni, la frase rimase impressa e, devo dire, risultò credibile percorrendo giorno dopo giorno, quasi sempre a piedi, le strade della nostra piccola capitale pedemontana.

La gentilezza e la cordialità dei suoi abitanti mi fecero sentire subito adottato sicché, come solgo dire, ancorché di Torino, mi sento cuneese nel cuore. Le auto si fermano per favorire il passaggio dei pedoni sulle strisce e, anche se i pedoni non ringraziano con il grazioso gesto della mano che facevamo a Losanna, siamo ben lontani dalla mia Torino e dalla stessa Nizza!

La gente si guarda in volto, contrariamente alle vie di Torino (dove, anzi, preferisce prudentemente evitarsi), ma anche di Bruxelles, di Nizza e della stessa Ginevra. La cortesia poi, è la marca di una signorilità tutta piemontese che mia mamma diceva di aver conosciuto solo nella Torino dell'anteguerra.

Insomma, le qualità della nostra amata e per questo criticata (chi si ama, non si vorrebbe sempre migliore?!) Cuneo sono tante e forse sfuggono a che vi è nato e ci vive. Una dimensione umana che poche città hanno saputo salvaguardare nel logorìo della vita moderna. E non credo sia solo una mia impressione.

Molte cose difettano a Cuneo, certo. Ma quante dipenderebbero solo da noi e da qualche modifica nei nostri comportamenti e nelle nostre abitudini personali e familiari? Per le altre il nostro giornale online dal quale non mi stanco di esaltare la mia città adottiva, sta solertemente lavorando per sensibilizzare l'opinione pubblica (voi!) che a volte sembra così restìa al cambiamento. E per scuotere i politici, gli amministratori locali, dal loro torpore!

Ora che a Ginevra ci vivo per lavoro posso affermare che è un po' azzardato paragonarla a Cuneo. Ginevra con i suoi 199.245 abitanti in 15,93 kilometri quadrati e le sue 22 organizzazioni internazionali e le più di 250 non governative. E Cuneo con i suoi 56.099 abitanti in 119,67 chilometri quadrati. Non la trovo né più sporca né meno gradevole.

Ho l'impressione di trovarmi in una città ben più grande di quella che probabilmente scoprirò in seguito. Come a Torino, alle fermate dei tram e degli autobus sono messi a disposizione giornali con le notizie, il meteo e perfino l'oroscopo che gli utenti possono leggere nei loro spostamenti per andare al lavoro o a pranzo e per tornare a casa la sera.

Una di queste è “20 minutes”, un'altra è “GHI”. Proprio in quest'ultima, GHI (sottotitolato: “Le journal malin des génévois”) ho trovato un articolo che mi ha interpellato non poco. Tratta di un problema ormai all'ordine del giorno: i migranti. Ognuno di noi, sostiene il giornalista autore dell'articolo (Pascal Décaillet) alludendo ai paesi europei - che siano o meno membri dell'UE -, deve trovare un equilibrio tra generosità, rispetto della tradizione dell'asilo politico e le proprie capacità (o meno) di fronteggiare un flusso immigratorio senza precedenti.

Come anche i giornali francesi, qui si ragiona in termini politici e sociologici, non sulla base di un pietismo a sfondo più o meno vagamente religioso né su un rifiuto rigido, miope e viscerale. Non come in Italia. In fondo è la stessa differenza che c'è tra essere sportivi (riconoscendo i meriti dell'avversario e i proprî limiti) e tifosi (per i quali la vittoria della squadra avversaria è solo fortuna o, peggio, frutto di un cattivo arbitraggio).

Altra cosa è la politica, quella vera. Quella che cerca un equilibrio tra la chiusura delle frontiere e la trasformazione in fortino del proprio Stato, quale che sia, e  quella della carità senza limiti che vorrebbe accogliere tutti, senza distinzioni, in una società multiculturale e multietnica. E ovviamente l'articolo esalta la Svizzera che dal 1848 avrebbe cercato un equilibrio tra queste due esigenze.

Se vogliamo conservare ciò che Cuneo è stata per me e favorire l'integrazione di tutti, ciascuno con il proprio bagaglio linguistico, culturale, etico dobbiamo uscire da questa logica binaria del cuore o dei visceri. E ragionare in termini politici. Una riflessione di cittadinanza aperta, attiva, disincantata, matura, responsabile e capace di riflettere per pianificare il proprio futuro e quello delle prossime generazioni.

La Svizzera non è un paese dittatoriale, in mano a populisti né a vocazione neofascista. Eppure per chi come me, europeo e privilegiato - diciamolo pure - a servizio del Consolato generale d'Italia, viene a stabilirsi anche provvisoriamente sul proprio suolo, chiede la registrazione presso l'ufficio di polizia degli stranieri (dati personali, stato civile, nome e cognome dei genitori, foto e perfino la religione!).

E per le mie figlie che sono entrambe nate in Svizzera, nessuna possibilità di ottenerne la nazionalità se non attraverso un esame, alla fine della scolarità obbligatoria. Esame di storia, geografia e civiltà elvetica. Naturalmente nella lingua del Cantone, ovvero dello Stato dove viene richiesta la naturalizzazione. Insomma di che sentirsi poi, realmente adottati e parte della comunità di accoglienza.

Cuneo, piccola Svizzera allora? Non credo che quello svizzero sia un esempio da seguire alla lettera. Ma è un esempio. Uno dei tanti in cui i cittadini scelgono di integrare chi lo desidera in maniera completa ed efficace.

Efficace perché, percorrendo le vie di Ginevra, come già quelle di Losanna, Montreux, Nyon ed altre cittadine della Svizzera Romanda, ovvero di lingua francese, vi si scorgono persone di tutte le razze (pardon, etnie, ma la nostra Costituzione non parla di eguaglianza di tutte le razze?!), di tutti i colori e di tutte le religioni che si recano serenamente al lavoro, salgono e scendono dal tram con una cortesìa e un rispetto reciproco da lasciare ammirati.

Giovani rumorosi e caotici com'è giusto che scendono dall'autobus per favorire la salita degli altri passeggeri per risalire subito dopo. Le persone più giovani tendono a cedere il posto alle più anziane, etc.

Anche a Cuneo la dimensione umana non difetta. Ma il salvaguardarla a fronte a queste realtà epocali che sommergono tutto il vecchio continente in un contesto già triste e decadente dipende anche da noi. 

Claudio Rao

 

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